Mentre Francia e Germania segnano una contrazione dell’export dello 0,9% nel primo semestre 2025, l’Italia registra un +2,1%, portando il valore delle esportazioni a 322,6 miliardi di euro. In un contesto globale dominato da dazi, barriere commerciali e crescente instabilità geopolitica, il sistema produttivo italiano si dimostra più reattivo e flessibile rispetto ai partner storici europei.
Il dato, diffuso in occasione del Forum del Commercio Internazionale 2025 tenutosi oggi a Milano, rafforza il peso dell’export italiano sul Pil, ormai vicino a un terzo, e conferma il primato degli Stati Uniti come principale mercato extra-Ue, con l’11,6% del totale.
“L’Italia dimostra una resilienza superiore in uno scenario di forte competizione globale,” ha dichiarato Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy. “Ma la frammentazione geopolitica potrebbe far perdere fino a 3.000 miliardi di dollari al commercio mondiale entro il 2035. Servono visione strategica e investimenti mirati in internazionalizzazione”.
La guerra dei dazi cambia le regole del gioco
L’amministrazione Trump ha innalzato le aliquote medie dei dazi al 17,9%, il livello più alto dal 1934, portando le entrate doganali a 29,6 miliardi di dollari al mese. Un’impostazione che si riflette a livello globale: le barriere commerciali introdotte nel 2024 sono aumentate di 3,5 volte rispetto all’epoca pre-Covid, e nei primi dieci mesi del 2025 ne sono già state registrate 2.235.
“I dazi non sono più strumenti economici, ma armi geopolitiche – ha sottolineato Sara Armella, managing partner dello Studio Legale Armella & Associati e direttrice scientifica del Forum – Per le imprese italiane, la diversificazione dei mercati e la conoscenza doganale diventano fattori critici di sopravvivenza”.
Secondo l’Agenzia Ice, il costo complessivo dei dazi per le imprese italiane potrebbe toccare i 10,6 miliardi di euro, con un impatto stimato sul Pil tra -0,2% e -1,4%. Un peso che molte aziende cercano di assorbire pur di non perdere competitività all’estero, a discapito dei margini.
“Molte imprese scelgono di non trasferire i rincari sui clienti finali, ma questo riduce la redditività e mette sotto pressione l’intero sistema produttivo”, ha aggiunto Armella.
Nuove rotte e accordi strategici
Durante l’evento è stato presentato il White Paper di ARcom Formazione, “Geoeconomia e guerra dei dazi: sfide e opportunità per le imprese”, che individua le nuove direttrici di crescita per l’export italiano. Attualmente, solo il 13% delle esportazioni nazionali viaggia su rotte “non tradizionali”, ma il potenziale inespresso si stima in oltre 85 miliardi di euro.
L’Unione europea può contare su 45 accordi di libero scambio con 79 paesi extra-Ue, che valgono il 46% del commercio estero europeo. Tra i mercati più promettenti: Mercosur, India e Sud-Est asiatico.
La tenuta dell’export non potrà reggersi solo sui mercati consolidati: sarà decisiva la capacità di intercettare nuove rotte, rafforzare la diplomazia economica e adattare le strategie aziendali ai cambiamenti in corso.
Leggi anche:
1. Stangata Usa sulla pasta, dazi al 107%
2. Dazi, in dogana è caos sui macchinari
© Riproduzione riservata