Il balletto dei dazi che per tutto il week-end ha tenuto in ostaggio l’oro e le sue quotazioni è finito. Niente dazi sul bene rifugio per eccellenza. Dopo la confusione della scorsa settimana circa l’applicazione di un dazio d’importazione sui lingotti dalla Svizzera, il presidente Usa ha escluso ogni balzello commerciale permettendo all’oro nero di recuperare sui mercati dopo aver perso oltre il 2,5 per cento. Dopo l’impennata di venerdì ai nuovi massimi storici, l’oro era tornato sotto 3.350 dollari all’oncia. La settimana scorsa l’Ufficio doganale e di protezione delle frontiere degli Stati Uniti aveva ipotizzato un dazio d’importazione per i lingotti standard da un chilo e 100 once.
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Una decisione che aveva provocato un’immediata rivoluzione nei flussi di metalli preziosi, spingendo diverse centrali svizzere a sospendere le spedizioni verso gli Usa. La confusione era stata generata su un mercato che pensava di essere stato esentato dalla stretta dei dazi voluti da Donald Trump, con l’oro che solitamente non viene sottoposto alle tariffe di importazione, visto l’importante ruolo che occupa nel sistema finanziario globale.
Ma ora Trump ha rassicurato che non ci saranno dazi sul metallo prezioso, confermando le indicazioni di aprile scorso quando la Casa Bianca aveva assicurato che l’oro sarebbe stato risparmiato dalla scure dei dazi. L’introduzione dei dazi sull’oro rischiava di avere ampie conseguenze sul flusso di lingotti nel mondo. Il mercato globale utilizza infatti i future negoziati sul Comex per coprire le proprie posizioni e questo presuppone che i lingotti possano essere facilmente importati nei suoi magazzini negli Stati Uniti per regolare i contratti. I dazi avrebbero reso questo processo più costoso e, considerato il ruolo chiave della Svizzera nel settore, la transazione avrebbe avuto un aumento dei costi piuttosto deciso. Da qui l’ipotesi di usare Londra per le operazioni con l’oro, una scelta che avrebbe minacciato lo status di New York come mercato principale per i future sull’oro.
I prezzi ora guardano soprattutto all’inflazione. In particolare quella Usa, dove il trend inflattivo sarà alla base della prossima scelta della Federal Reserve sul taglio dei tassi. Nelle prossime ore dagli Usa è poi atteso il cruciale indice dei prezzi al consumo di luglio, con un aumento stimata al 2,8% su base annua e sullo 0,2% rispetto a giugno. E così oggi, dopo aver perso ieri l’1,7% sulla notizia che non ci sarebbero stati dazi, il contratto spot sul metallo prezioso rialza la testa guardando all’inflazione Usa e passa di mano in avvio di giornata a 3.352,32 dollari l’oncia in rialzo dello 0,30%.
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