Monito di Bankitalia sulle spese per la Difesa in manovra. Il capo del dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, Andrea Brandolini, in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) 2025, si è soffermato sugli effetti del rafforzamento delle spese per la difesa nazionale. In particolare, ha evidenziato che il Dpfp giudica realistico un graduale aumento della spesa per la difesa, in linea con gli impegni assunti in sede Nato, fino a 0,5 punti di Pil in più entro il 2028. Brandolini ha però avvertito che, “in assenza di misure correttive ulteriori rispetto alla manovra, una maggiore spesa per la difesa rispetto a quella incorporata nel tendenziale condurrebbe a una dinamica della spesa netta più sostenuta rispetto a quanto programmato”.
Nel caso in cui tale incremento avvenisse in un momento in cui l’Italia non fosse più in una procedura per deficit eccessivo, si potrebbe rendere necessario “ricorrere all’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per le spese in difesa”, secondo quanto delineato dalla Commissione europea lo scorso marzo.
Secondo le stime della Nato di fine agosto, la spesa per la difesa dell’Italia dovrebbe raggiungere il 2% del Pil nel 2025, in aumento rispetto all’1,5% del 2024. L’Italia è inoltre tra i Paesi che hanno manifestato interesse ad accedere alle risorse del Security Action for Europe (Safe), lo strumento europeo che finanzia – tramite prestiti – programmi congiunti in materia di difesa, infrastrutture a doppio uso civile-militare, cyber-security e filiere strategiche. La Commissione europea ha provvisoriamente allocato 14,9 dei 150 miliardi disponibili al nostro Paese, che dovrà presentare i progetti entro il 30 novembre.
Crescita debole e incertezza elevata
Sul fronte macroeconomico, Brandolini ha confermato le stime di crescita modesta per l’economia italiana. “Le informazioni più recenti confermano in sostanza le nostre proiezioni di giugno che indicavano una crescita modesta sia quest’anno sia nei prossimi, dovuta principalmente alla debolezza della domanda estera e al persistere di un’elevata incertezza”, ha detto. Le previsioni della Banca d’Italia e del Dpfp indicano una crescita dello 0,5% nel 2025 e dello 0,7% nei due anni successivi. “Si tratta di prospettive soggette a numerosi elementi di incertezza – ha aggiunto – riconducibili all’instabile contesto internazionale. Un ulteriore inasprimento delle tensioni commerciali e geopolitiche, soprattutto se accompagnato da una maggiore volatilità dei mercati finanziari, potrebbe incidere in misura particolarmente negativa sul prodotto”.
“Il quadro macroeconomico internazionale resta contraddistinto da grande instabilità. Nel nostro Paese le condizioni economiche delle imprese e delle famiglie sono nel complesso solide, ma non mancano fattori di vulnerabilità. In queste circostanze, l’economia italiana si mantiene su un percorso di crescita moderata, stimata per il 2025 nell’ordine di circa mezzo punto percentuale. Nel prossimo triennio si prevede che l’aumento del Pil resti inferiore all’1% all’anno”, ha aggiunto Brandolini.
Finanza pubblica: risanamento in corso ma rischi elevati
Sul versante dei conti pubblici, Brandolini ha ribadito che “il processo di risanamento dei conti procede, ma non è esente da rischi”, soprattutto “alla luce dei molti fattori di instabilità del quadro internazionale”.
Un improvviso aumento dei premi per il rischio sovrano nelle economie avanzate, ha avvertito, “potrebbe avere ripercussioni negative sulle condizioni di finanziamento e sull’attività economica”.
Le tensioni geopolitiche, ha ricordato, hanno spinto l’Italia e gli altri membri della Nato a sottoscrivere impegni internazionali che comportano un significativo aumento delle spese per la difesa. Tuttavia, “il sentiero programmatico delineato includerebbe solo in parte l’aumento che sarebbe coerente con tali accordi”.
Proprio per questo motivo Brandolini ha sollecitato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a far sì che le coperture delle misure in manovra siano certe. “Sarebbe inoltre opportuno limitare gli incrementi di spesa o le riduzioni di entrate di natura temporanea: hanno effetti solo transitori sulla domanda, aumentano il livello del debito e risultano spesso difficili da rimuovere”, ha osservato.
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