Un’aliquota ridotta al 12,5% – invece del 26% ordinario – per chi, entro il 30 giugno 2026, scelga di rivalutare l’oro da investimento detenuto sotto forma di lingotti, placchette o monete. È questa, secondo una proposta parlamentare, una delle ipotesi al vaglio per introdurre una “tassa sull’oro” nella prossima manovra. In base alle stime, con un’adesione pari al 10% dei detentori di oro fisico, il gettito aggiuntivo per l’erario oscillerebbe tra 1,67 e 2,08 miliardi di euro. L’obiettivo della misura sarebbe “favorire l’emersione e la circolazione dell’oro da investimento, assicurando al contempo un incremento delle entrate fiscali”.
Sono due in realtà le nuove imposte fanno capolino nella bozza della Finanziaria: quella sull’oro e quella sui pacchi di piccole dimensioni provenienti dai Paesi extra‑Ue, come quelli spediti da Shein, Temu o AliExpress. La seconda misura sarebbe favorita dalle nuove regole europee: l’Consiglio dell’Unione Europea dovrebbe infatti approvare l’eliminazione della soglia dei dazi doganali che oggi consente l’ingresso a costo zero di migliaia di pacchi con valore inferiore ai 150 euro, tipici dell’e‑commerce cinese.
L’ondata di spedizioni a basso valore ha alimentato accuse di concorrenza sleale da parte della Cina e sollevato preoccupazioni ambientali, poiché molte aziende extra‑Ue frazionano gli invii per eludere i dazi. Secondo la Commissione europea, fino al 65% dei piccoli pacchi che entrano nel mercato unico sarebbero attualmente sottovalutati proprio per evitare dazi e controlli. Sul tavolo c’è dunque l’ipotesi di un’eco‑tassa da 2 euro per i pacchi sotto i due chili, che garantirebbe nuove risorse per la manovra. In più, il regolamento europeo di riforma doganale prevede che, abolita la soglia dei 150 euro, si potrebbero generare entrate aggiuntive dell’ordine di circa 1 miliardo di euro l’anno a livello comunitario.
© Riproduzione riservata