Dopo tredici anni di rincorsa, l’Italia torna in Serie A. Non quella del pallone, ma quella più silenziosa – e più decisiva – dei mercati internazionali, dove le classifiche si scrivono in lettere maiuscole e ogni “A” vale miliardi in minori interessi sul debito.
Morningstar Dbrs ha promosso il rating sovrano dell’Italia da BBB (high) ad A (low), con prospettive stabili. Un passaggio che riporta il Paese nella fascia di maggiore affidabilità, dove siedono le economie solide e prevedibili. L’agenzia, una delle quattro riconosciute a livello europeo, ha motivato la scelta con una formula chiara: “La riduzione delle vulnerabilità del sistema bancario, il miglioramento del settore esterno e il consolidamento fiscale che aiuterà a stabilizzare il debito nel medio termine”. Tradotto dal linguaggio tecnico: i conti tornano e la politica non traballa.
Stabilità politica e credibilità economica: il fattore Meloni-Giorgetti
È forse questo l’aspetto più rilevante del giudizio di Dbrs. Non si tratta solo di numeri, ma di fiducia nella capacità del governo di mantenere la rotta. Nelle sue motivazioni, l’agenzia sottolinea che “la stabilità e il track record dell’esecutivo rafforzano la credibilità del piano di consolidamento fiscale”. In altre parole: Meloni e Giorgetti convincono i mercati.
In un Paese storicamente allergico alla continuità, il governo di centrodestra ha saputo trasmettere un’immagine di prevedibilità e coerenza, qualità che gli investitori apprezzano più dei proclami.
Le finanze pubbliche sono state gestite con prudenza, il deficit è sceso al 3,4% del Pil nel 2024 (dal 7,2% del 2023), e l’Italia ha registrato il primo avanzo primario dal 2019. Risultati che hanno pesato sul giudizio almeno quanto la tenuta delle banche e la resilienza del tessuto produttivo.
Dalla Serie B alla promozione: la lunga storia dei downgrade
Per capire il valore simbolico di questo upgrade, bisogna tornare indietro. Nel 2012, in piena crisi dell’eurozona, Standard & Poor’s tolse la “A” all’Italia, seguita a ruota da Moody’s e Fitch. La fiducia dei mercati si sgretolò, lo spread si impennò, e Roma finì nel girone dei Paesi “a rischio”. Nel 2017 anche Dbrs, ultima a resistere, declassò il rating da A (low) a BBB (high): la retrocessione era completa.
I recenti upgrade di S&P ad aprile e di Fitch a settembre hanno riportato l’Italia nell’alta classifica della Serie B con un «BBB+», un giudizio buono ma che alcuni osservatori hanno ritenuto ingeneroso considerato che la Francia in una situazione ben peggiore mantiene la sua «singola A». Ora, finalmente, si può parlare di un ritorno in Serie A conquistato con il gioco di squadra fatto di politiche fiscali prudenti, banche più solide, riforme del Pnrr e una leadership politica che ha restituito coerenza alle decisioni economiche.
Un’economia più solida, anche in un mondo incerto
Dbrs riconosce che la crescita italiana resta moderata – +0,7% nel 2024, attesa +0,5% nel 2025 – ma sottolinea come il Paese abbia dimostrato una sorprendente resilienza. Il mercato del lavoro è robusto, i consumi riprendono grazie al recupero del potere d’acquisto e gli investimenti legati al Pnrr continuano a sostenere la domanda interna.
Sul fronte esterno, nonostante le tensioni commerciali con gli Stati Uniti e l’apprezzamento dell’euro, l’Italia mantiene una posizione di credito netto verso il resto del mondo, un segno di equilibrio strutturale che, dieci anni fa, sarebbe sembrato impensabile.
I conti (finalmente) sotto controllo
L’agenzia riconosce il percorso di consolidamento fiscale credibile: il deficit tornerà al 3% nel 2025 e dovrebbe scendere al 2,3% entro il 2028, con un avanzo primario vicino al 2%. La gestione delle spese, in particolare dopo la chiusura del costoso Superbonus, è tornata sotto controllo. E anche il debito, pur elevato (134,9% del Pil), è stabilizzato e su un percorso discendente nel medio termine. La fiducia dei mercati si misura anche dallo spread in calo e dai rendimenti dei Btp più bassi, segno che gli investitori internazionali hanno rialzato la bandiera italiana nei loro portafogli.
La sfida del futuro: difendere la promozione
La promozione in “A” è un traguardo, ma anche un punto di partenza. L’Italia resta esposta a sfide strutturali – crescita potenziale bassa, demografia sfavorevole, pressione della spesa pensionistica – ma oggi parte da una base solida.
La sfida, ora, sarà trasformare questa fiducia in crescita: continuare con la prudenza e portare avanti le riforme del Pnrr, decisive – ricorda Dbrs – per mantenere il ritmo degli investimenti anche quando i fondi europei saranno esauriti.
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