Dopo la promozione di Standard & Poor’s dello scorso 11 aprile, anche Moody’s e Fitch potrebbero presto alzare il rating sul debito sovrano italiano. Sarebbe un evento storico considerato che – prima di S&P – l’ultima promozione risaliva al 2002 ed era stata effettuata proprio dalle due agenzie in procinto di rivedere in meglio la nostra valutazione. Si tratterebbe inoltre di un riconoscimento del lavoro del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, capace di consolidare la reputazione del Paese sui mercati e rafforzare la fiducia degli investitori internazionali.
Secondo un’analisi pubblicata dal settimanale Milano Finanza, Fitch (19 settembre) e Moody’s (21 novembre) potrebbero riservarci sorprese positive. Per Moody’s il passaggio sarebbe cruciale: oggi assegna all’Italia un giudizio Baa3, l’ultimo gradino dell’investment grade, appena sopra la soglia “junk”.
Un eventuale miglioramento a Baa2 significherebbe ben più di un upgrade tecnico: equivarrebbe a eliminare, almeno per alcuni anni, il rischio che i grandi fondi internazionali siano costretti a liquidare i Btp per vincoli regolamentari. «L’agenzia che potrebbe procedere con un upgrade è Moody’s, sia perché è l’unica che tiene Roma sul livello più basso dell’investment grade sia perché sarà l’ultima a esprimersi a fine novembre. Avrà quindi a disposizione anche le ultime notizie sul fronte della Legge di Bilancio», ha spiegato Alberto Villa, responsabile equity research di Intermonte.
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Fitch, dal canto suo, ha già segnalato margini di miglioramento e potrebbe portare il rating a BBB+, allineandosi così a S&P. Paolo Geuna, credit sales strategist di Banca Akros, ha osservato che «anche gli outlook positivi da parte di Fitch e Dbrs lasciano aperta la porta a un miglioramento del rating. Potenzialmente lo spread Btp-Bund potrebbe rivedere i minimi di agosto, come primo obiettivo a 77,6 punti base, livello del 2010».
Il ruolo decisivo di Giorgetti
Se l’Italia si trova oggi in una posizione così favorevole, il merito va in gran parte attribuito alla linea di rigore seguita dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha adottato politiche di bilancio prudenti, capaci di rassicurare i mercati e gli investitori internazionali. La disciplina fiscale e la stabilità politica hanno permesso di trasformare il debito tricolore in un asset sempre più appetibile, soprattutto in un momento in cui altri grandi emittenti europei, come la Francia, vivono turbolenze.
I numeri parlano chiaro: solo dall’ultima asta di Btp a 7 e 30 anni il Tesoro ha incassato 18 miliardi di euro, con una domanda record di 217 miliardi. Gli investitori esteri hanno fatto la parte del leone, aggiudicandosi oltre il 70% dei titoli. Piazza Affari figura tra le migliori borse d’Europa e lo spread Btp-Bund è sceso ai minimi dal 2015, liberando – secondo i calcoli di Unimpresa – un tesoretto di 13 miliardi.
L’Italia torna protagonista
Per Luigi De Bellis, responsabile research team di Equita, «questo scenario riflette una combinazione di fattori: disciplina fiscale, stabilità politica e più fiducia da parte degli investitori internazionali». Il 2026 sarà un anno chiave, con l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% del Pil e uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo. Ma già nei prossimi mesi il giudizio delle agenzie di rating potrebbe sancire il ritorno dell’Italia tra i Paesi solidi e affidabili.
Dopo anni di difficoltà e incertezze, l’Italia potrebbe vivere un vero cambio di passo: un upgrade da parte di Moody’s e Fitch non sarebbe solo un segnale positivo per i mercati, ma anche la conferma che la strategia prudente voluta da Giorgetti ha restituito al Paese la centralità finanziaria che merita.
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