Bruxelles litiga sul nucleare made in Europe. E in particolare sull’Alleanza industriale europea nata per sviluppare i piccoli reattori modulari (Smr) che di europeo ha forse ben poco. Westinghouse, GE Hitachi Nuclear Energy, Last Energy e NuScale fanno infatti parte dei progetti selezionati per l’Alleanza, lanciata nel febbraio 2024 dalla Commissione, insieme al costruttore britannico Rolls-Royce. In totale, cinque imprese extra-Ue su nove selezionate. Le altre, queste sì europee, sono Newcleo (italiana), Nuward (Edf), Thorizon (franco olandese), e Calogena (franco-finlandese).
Una presenza troppo promiscua contro la quale l’eurodeputato pro-nucleare Christophe Grudler si è mobilitato con forza negli ultimi mesi cercando, insieme agli eurodeputati Tsvetelina Penkova (Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici, S&D), Matej Tonin (Partito Popolare Europeo, PPE) e Ilia Lazarov (PPE), di fare pressione sull’esecutivo di Bruxelles perché i fondi eventuali non vadano a società extra Unione.
In una lettera inviata a inizio gennaio, i quattro eurodeputati chiedono a Ursula von der Leyen, al vicepresidente Stéphane Séjourné e al commissario all’energia Dan Jørgensen di selezionare candidati la cui catena di approvvigionamento e la cui proprietà intellettuale siano esclusivamente europee, escludendo di fatto i progetti Made in Usa.
Ma la Commissione non sembra disposta a cedere. E nella lettera di risposta, la presidente von der Leyen mantiene una posizione molto ambigua sull’argomento. La presidente scrive infatti che «per garantire una futura riserva di progetti con una componente maggiormente europea, la Commissione accoglie con favore gli sforzi accresciuti del Parlamento europeo e degli Stati membri per sostenere l’Alleanza e l’industria Smr dell’Unione europea», senza però esprimersi sulla partecipazione americana al programma.
La presenza di aziende non europee nell’Alleanza divide anche l’ufficio stesso dell’alleanza, che dovrebbe riunirsi mercoledì 28 maggio. Alcuni membri propendono per una procedura di rivalutazione dei nove progetti selezionati, con l’obiettivo di escludere le imprese britanniche e americane.
Chi vincerà? Probabilmente la logica della geopolitica. Se infatti l’atteggiamento della presidente von der Leyen appare contraddittorio, anche alla luce delle dichiarazioni anti-americane nate con la diatriba sui dazi, è anche vero che l’Europa ha le mani legate sulla trattativa commerciale e l’appello di Christine Lagarde (Bce) a «dimostrare un desiderio comune europeo di liberarci dalle dipendenze energetiche, militari e industriali» non è altro che pura retorica.
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