I dazi Usa potrebbero trasformarsi in un’opportunità di crescita dell’export italiano. L’impatto massimo di 37 miliardi di euro sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, in caso di conferma definitiva dei dazi doganali al 30% ipotizzati dall’amministrazione Trump, può essere in qualche misura ammortizzato. Come ha più volte dichiarato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, occorre difendere il nostro surplus commerciale. Per recuperare la differenza, ha detto «dobbiamo comunque crescere, quindi io penso ai mercati del Golfo, all’India, all’Asean nonché ad accelerare quanto prima il voto europeo sul Trattato Mercosur». Un riequilibrio, almeno parziale, dei ricavi non è impossibile. Occorre, però, adottare una strategia diversificata su queste direttrici che rappresentano i bacini più promettenti per le esportazioni made in Italy.
Mercosur e ASEAN
L’area Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Venezuela) si configura come uno dei pilastri di questa tattica. Attualmente l’Italia è il secondo esportatore europeo nell’area dopo la Germania, sfiorando i 7,5 miliardi di euro. Allo stesso tempo, il Mercosur è fornitore chiave per l’Italia in settori strategici, dal food alle materie prime non energetiche, per oltre 6 miliardi di euro di import, inclusi i 200 milioni per le sole carni bovine surgelate. Secondo il Centro studi di Confindustria, «grazie ad un accordo con il Mercosur andremmo a ridurre di circa un terzo la perdita derivante dai dazi di Trump con un impatto che potrebbe arrivare a circa 12 miliardi in tempi rapidi», ha spiegato il direttore Alessandro Fontana. Naturalmente bisognerà correggere l’asimmetria delle condizioni di produzione, visti i criteri differenti tra continente e continente. In ogni caso, i benefici non saranno significativi solo per l’export, «ma ci permetterà anche di avere più facilmente accesso alle materie prime critiche».
Brasile e Argentina sono centrali anche per la sicurezza industriale europea. Il Brasile, ad esempio, processa l’88% del niobio mondiale e soddisfa l’82% del fabbisogno della Ue. Inoltre, fornisce il 16% del tantalio, il 12% della bauxite, il 13% della grafite naturale, il 9% del silicio metallico, l’8% del manganese e il 7% del vanadio. L’Argentina, dal canto suo, lavora l’11% del litio mondiale, coprendo il 6% del fabbisogno Ue.
Un secondo fronte è quello del Sud-Est asiatico, in particolare l’area Asean Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam, Brunei, Cambogia, Laos, Myanmar). Oggi l’interscambio commerciale Italia-Asean vale oltre 20 miliardi di dollari, di cui 9,7 miliardi sono rappresentati dall’export italiano. L’import Asean verso l’Italia ammonta a circa 12 miliardi.
Negli ultimi sei anni, le relazioni economiche hanno registrato una crescita del 38%, superiore persino a quella di Regno Unito, Germania e Francia. L’High Level Dialogue on Asean Italy Economic Relations, svoltosi a Manila nel 2024, ha mostrato che gli strumenti di cooperazione – accordi commerciali, investimenti, joint venture e programmi tecnici – hanno favorito una crescita robusta in settori chiave: metallurgico, motociclistico, automotive, cosmetica, alimentare. Gli investimenti diretti italiani nell’area valgono oggi 7,7 miliardi di euro, contro gli 800 milioni provenienti dall’Asean verso l’Italia.
«I risultati concreti raggiunti negli ultimi anni sono ragguardevoli», ha rilevato Lorenzo Tavazzi, senior partner di The European House Ambrosetti. L’elenco delle ricadute positive per il nostro sistema imprenditoriale è lungo: apertura di stabilimenti in Vietnam, Thailandia e Indonesia nel metallurgico, motocicli e pneumatici; crescita dell’export Made in Italy verso Singapore, Malesia, Thailandia e Vietnam; programmi di formazione e accesso al mercato in espansione. L’Asean, inoltre, presenta margini di crescita ulteriori su energia pulita, tecnologie green, digitalizzazione e aerospazio.
Emirati e Arabia Saudita
Un ulteriore capitolo riguarda il rafforzamento delle relazioni con il Golfo, in particolare Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Gli Emirati rappresentano già oggi un mercato maturo per l’Italia con 6,6 miliardi di export nel 2023 e un surplus commerciale di 4,5 miliardi. I settori trainanti sono la moda (837,7 milioni, +32,67%), macchinari (1,1 miliardi, +18,45%), applicazioni elettriche (518,7 milioni, +24,7%), food & beverage (452,6 milioni, +8,1%) e gioielleria (1,1 miliardi, -9,85%). L’Arabia Saudita, invece, ha conosciuto una crescita più recente ma altrettanto significativa. Nel 2024 l’export italiano ha raggiunto 6,2 miliardi di euro, con un incremento del 27,9% rispetto all’anno precedente. Si tratta di una partnership destinata a rafforzarsi su più livelli: difesa, energia, lusso, infrastrutture e sport. Le sinergie si moltiplicano anche nella difesa con accordi per le tecnologie radar avanzate e nel settore dell’energia con la collaborazione tra Eni e Saudi Aramco su petrolio, gas naturale e rinnovabili. Nel lusso e nell’intrattenimento, il fondo sovrano saudita (PIF) è entrato in brand italiani come Rocco Forte Hotels e Azimut Benetti, mentre il Neom Investment Fund ha acquisito il 6% di Technogym.
IL CASO India
Infine, l’India rappresenta un ulteriore tassello. L’export italiano verso Nuova Delhi ha superato nel 2024 i 5,2 miliardi di euro, con settori chiave come macchinari (2,3 miliardi), chimica (592 milioni), farmaceutico (433 milioni), metallurgia (219 milioni), apparecchiature elettriche (424 milioni) e automotive. La crescita, più contenuta rispetto ad altri mercati (+1% nel 2024), poggia però su basi solide che potrebbero essere ulteriormente rafforzate grazie agli accordi bilaterali già in essere, puntando a intercettare la transizione industriale e tecnologica del Paese.
Un modello multipolare
Secondo alcune stime, il potenziale di incremento dell’export italiano verso il Mercosur potrebbe collocarsi tra i 4,5 e i 7 miliardi, mentre per l’area Asean si ipotizza una crescita strutturale compresa tra i 3 e i 5 miliardi. Sul fronte del Golfo, il rafforzamento delle relazioni con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti potrebbe tradursi in un aumento delle esportazioni tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Anche l’India, infine, pur con una dinamica più graduale, potrebbe garantire un ulteriore incremento compreso tra 1 e 2 miliardi. Una manovra che, se ben eseguita, potrebbe contenere la perdita a circa la metà dei 35 miliardi previsti a causa dei dazi di Trump.
© Riproduzione riservata