La solita vecchia tesi spacciata per verità assoluta. Il solito richiamo pavloviano al quale la sinistra non riesce proprio a resistere. Ogni qual volta si ipotizza un innalzamento del tetto al contante, i progressisti si stracciano le vesti parlando di “favore diretto agli evasori” e di “incentivo all’economia in nero”. Spoiler: checché ne dicano, non è davvero così. Stavolta a lamentarsi platealmente è stato Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde, replicando a un emendamento di Fratelli d’Italia alla legge di bilancio 2026 che propone di innalzare il limite per i pagamenti in contanti a 10mila euro.
“Come tre anni fa, la destra torna a colpire nello stesso punto: invece di tutelare il lavoro e i lavoratori, alza il tetto al contante e apre nuovi spazi al sommerso”, ha affermato Bonelli. Portare la soglia a 10mila euro – ha attaccato il deputato di Avs – “non ha nulla a che vedere con la modernizzazione del Paese: è un favore diretto agli evasori, un incentivo all’economia in nero, un passo indietro nella lotta all’illegalità”. L’esponente dell’ultrasinistra ha quindi parlato di “provvedimento che facilita il riciclaggio e che diventa, di fatto, un regalo alle mafie“. Ma la strenua propaganda di certa politica contro il contante è piena di lacune, di generalizzazioni anacronistiche e di fallacie logiche peraltro facili da confutare.
La prima verità non detta dalla sinistra è che, al giorno d’oggi, le mafie non si muovono più con i bigliettoni in tasca, magari nascosti in una valigetta come si vede in qualche vecchio film. I grandi flussi di riciclaggio e di denaro sporco, infatti, passano in larga parte attraverso società fittizie, conti esteri, triangolazioni internazionali, scatole cinesi e strutture offshore complesse. Per non destare attenzioni, la malavita cerca di agire sottotraccia, insinuandosi nelle crepe dei più diffusi e moderni sistemi di pagamento. Proprio su Moneta, attraverso una serie di inchieste sui più recenti fenomeni illeciti, vi abbiamo raccontato come oggi le mafie riciclino denaro attraverso le criptovalute, l’intelligenza artificiale e addirittura i videogiochi online. Altro che banconote.
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Seconda verità sottaciuta: l’evasione dei grandi numeri – quella da decine o centinaia di milioni – non si realizza passando per il registratore di cassa o dallo scontrino in nero, peraltro facilmente sgamabile. Si realizza piuttosto attraverso società fittizie, false fatturazioni, frodi Iva e giochetti fiscali al limite della legalità (e spesso deliberatamente oltre). Insomma: la grande evasione non dipende dal contante, come invece vorrebbe far credere la sinistra con il proprio approccio oltremodo sospettoso nei confronti di commercianti, partite Iva e piccoli imprenditori, visti come potenziali evasori.
E ancora, va ricordato che molti Paesi convivono con un contante praticamente libero e non mostrano fiumi di evasione. In Germania, Austria, Paesi Bassi, Irlanda, Finlandia, Malta non esistono limiti particolarmente vincolanti all’utilizzo del contante. E non risulta che questi Paesi siano noti per un proliferare delle mafie proprio a motivo di tale approccio. Se il contante fosse davvero il motore del nero, quei Paesi sarebbero già in mano ai clan e avrebbero tassi d’evasione molto elevati, dal momento che – secondo quando sostengono i detrattori del cash – l’occasione farebbe l’uomo ladro. Invece convivono da anni con un uso libero e ovviamente legale delle banconote.
Al contrario, la stretta al contante che la sinistra continua a ritenere la panacea di tutti i mali penalizza soprattutto anziani, famiglie, piccoli commercianti, artigiani, le partite Iva. Secondo Bonelli, l’innalzamento del tetto al contante punterebbe a “proteggere chi evade e chi ricicla invece di proteggere chi lavora”: un assunto sbagliato, considerando che si fonda su preconcetti del tutto opinabili. Uno Stato moderno ed efficiente, infatti, difende chi lavora non imponendo divieti ma evitando di soffocare i cittadini con le tasse e la burocrazia, due fattori che peraltro spingono molti a cercare inopportune vie di fuga dall’eccesso di pressione fiscale.
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