Ma Ursula von der Leyen ci è o ci fa? Nelle scorse ore, intervenendo al Nordic Council Summit a Stoccolma, la presidente della Commissione europea ha affermato: “Sappiamo cosa ostacola la competitività nell’Ue: la mancanza di accesso al capitale per le imprese in espansione, la burocrazia, i tempi lunghi per i permessi, un mercato unico ancora frammentato e costi energetici troppo elevati“. Accidenti, a sentirla parlare, l’esponente politica tedesca sembra saperne una più del diavolo. Idee chiare, puntuali, piglio deciso. Pane al pane, vino al vino.
Peccato solo che gli annosi problemi denunciati da Von der Leyen siano stati alimentati o addirittura ingigantiti proprio dalle politiche promosse dalla Commissione europea di cui Ursula è la massima rappresentante. “Stiamo lavorando duramente su tutti questi aspetti per semplificare, chiarire e accelerare. La nostra stella polare è il rapporto Draghi, e insieme stiamo preparando un futuro basato sulle tecnologie pulite“, ha aggiunto la rappresentante delle istituzioni Ue, rimpolpando la lunga lista di buoni propositi sul futuro della governance europea.
Intanto, però, i fatti pesano più delle parole. Si stima che tra il 2019 e il 2024, ovvero durante la prima legislatura a guida Von der Leyen, l’Ue avrebbe introdotto circa 13mila nuovi regolamenti, a fronte dei soli 5mila degli Stati Uniti. E ancora oggi, secondo un sondaggio della European Investment Bank, il 66% delle imprese ritiene che l’iper-regolamentazione Ue rappresenti un ostacolo per gli investimenti a lungo termine. Da qui il grande paradosso: da una parte l’Europa targata Von der Leyen chiede che competitività e clima vadano di pari passo, dall’altra Bruxelles grava sulla crescita delle imprese e delle start up con diktat assurdi introdotti proprio nel nome della sostenibilità.
Accorgersi ora che il Vecchio Continente abbia perso terreno sul fronte competitivo è come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Basti pensare a quanto è accaduto nel settore dell’automotive, letteralmente affossato dalla folle e ideologica corsa al green: in quattro anni, la crisi del settore ha bruciato quasi 90mila posti di lavoro in europa e l’emorragia non sembra arrestarsi. Ora Von der Leyen e l’Ue provano la retromarcia con una possibile revisione delle vecchie regole green. Il timore è che sia sempre troppo tardi.
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