Da Salerno alla City di Londra. È questo il viaggio – lungo vent’anni, fatto di intuizioni, coraggio e un metodo “scientifico” – che ha portato Angelo Mastrolia, classe 1964, a costruire NewPrinces, un gruppo alimentare da 7 miliardi di ricavi proforma destinato a diventare uno dei protagonisti globali del food. A metà ottobre, quando nella City scatterà la campanella per l’Ipo di Princes, la controllata britannica del gruppo, il percorso di Mastrolia toccherà una nuova vetta: 500 milioni di sterline raccolti e una capitalizzazione stimata in 2 miliardi. Un traguardo che lui stesso definisce «il simbolo di una traiettoria chiara, costruita con pazienza e coerenza». Non che Milano finora non gli abbia dato soddisfazioni: NewPrinces, quotata sullo Star, capitalizza oltre 1 miliardo e in un anno ha raddoppiato di valore. Proprio per dare un segnale al mercato, due anni fa Mastrolia ha acquistato per 60 milioni di sterline il Royal Liver Building di Liverpool, sede storica di Princes: un grattacielo neoclassico del 1911, alto 98 metri, sormontato da due creature mitologiche, metà cormorano metà aquila, che dominano lo skyline della città. «Quel palazzo – ha detto – è il nostro trampolino verso il mondo».
Le origini e il metodo
La storia di Mastrolia parte da lontano. Originario di Campagna, in provincia di Salerno, la sua famiglia possedeva l’azienda Piana del Sele Latteria. Ed è in quel contesto che, dopo il diploma da geometra e la laurea in giurisprudenza a Salerno, ha iniziato la sua carriera. Poi si è allargato ad altri settori: leasing, investimenti immobiliari e industriali, arredi per imbarcazioni di lusso. Fino al ritorno all’agroalimentare. Nel 2008, con la sua società svizzera Tmt Finance, ha rilevato da Parmalat la Newlat, ceduta da Enrico Bondi per obblighi Antitrust a un euro e con una “dote” di 8 milioni destinata al rilancio del polo del latte di Reggio Emilia. «Mi sono rimboccato le maniche e ho fatto crescere la società soprattutto attraverso acquisizioni di brand rinomati come lo storico stabilimento Buitoni di San Sepolcro», ha raccontato Mastrolia. Un rimpianto, però, gli è rimasto: la cessione di Parmalat ai francesi di Lactalis. «Eravamo una decina di imprenditori e fummo chiamati da Enrico Bondi e da alcune banche per provare a mettere insieme una cordata, ma non fu possibile. Quello è stato uno di quei momenti in cui il sistema Paese non ha funzionato», ha rimarcato.
Chi lo conosce bene afferma che Mastrolia ha applicato al settore food la stessa strategia con cui Leonardo Del Vecchio costruì l’impero Luxottica: almeno un’acquisizione l’anno, una disciplina ferrea e l’idea che crescere sia l’unico modo per non restare schiacciati. «Siamo un gruppo industriale con oltre 30 marchi esportati in 60 Paesi», ha spiegato sottolineando che «il progetto ha mantenuto sempre la stessa direzione: crescere per acquisizioni tra fabbriche e brand dell’alimentare».
Dalle operazioni Polenghi e Giglio fino all’acquisizione di Princes dal gruppo Mitsubishi fino allo stabilimento cuneese di Cinzano (per rafforzare la presa nel beverage) e al recente ritorno in Italia di Plasmon e Nipiol da KraftHeinz con un deal da 120 milioni, Mastrolia ha messo a segno 25 acquisizioni in vent’anni. Sempre con una regola: muoversi velocemente e parlare con controparti industriali solide.
La svolta Carrefour
Nel 2025 è arrivata la mossa più audace: l’acquisizione di Carrefour Italia per un miliardo di euro (con equity simbolico a un euro e l’accollo del debito), che ha portato a [/TESTO-BASE]NewPrinces 3,7 miliardi di ricavi aggiuntivi e una rete di oltre mille punti vendita. «È una tappa fondamentale nella traiettoria di crescita del nostro gruppo», ha commentato orgoglioso aggiungendo che «non è solo un investimento industriale, è una strategia per integrare industria e distribuzione».
Il piano di rilancio è ambizioso: 437 milioni di investimenti per rinnovare i punti vendita e riportare in auge il marchio GS. Il deal proietta il gruppo al secondo posto in Italia nel food per ricavi e al primo per numero di occupati: 13mila dipendenti diretti nel Paese e 18mila nel mondo. Un passaggio epocale per un gruppo cresciuto acquisizione dopo acquisizione recuperando di volta in volta efficienza e marginalità delle società target.
Tre volte In Borsa
La quotazione londinese sarà la terza del gruppo, dopo quella del 2019 a Milano e quella della Centrale del Latte d’Italia. «La Borsa è una grande opportunità: ci obbliga alla massima trasparenza e ci dà gli strumenti per crescere. Gli investitori italiani all’inizio erano scettici, ma oggi i mercati internazionali ci seguono con attenzione», ha ribadito spesso Mastrolia.
La raccolta di ottobre, tutta in aumento di capitale, servirà a dare ossigeno alle prossime mosse. Perché Mastrolia non intende fermarsi. «Guarderemo alla diversificazione: logistica e packaging sono due settori su cui stiamo già ragionando; spendiamo 300 milioni all’anno solo per gli imballaggi, è naturale voler internalizzare», ha spiegato. E ottobre, con la campanella della Borsa di Londra, segnerà l’inizio di un nuovo capitolo: quello di una multinazionale del food e del retail pronta a sfidare i colossi mondiali.
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