C’è un dato che spiega più di tutto perché siamo ancora una Repubblica colabrodo: la quantità che viene dispersa in un anno nelle reti idriche comunali è pari al fabbisogno necessario a oltre 43 milioni di persone, in pratica il 75% della popolazione totale italiana. Facciamo dunque acqua: perdiamo 3,4 miliardi di metri cubi, bruciando così il 41,8% di quella che viene prelevata, secondo l’ultimo monitoraggio Arera e Istat relativo al 2023. E la prospettiva, se possibile, è pure peggiore. Eppure il problema potrebbe essere in parte risolto con un pizzico di intelligenza artificiale.
La tecnologia oggi offre una soluzione, ma il vero punto di partenza è come si possa rimediare alla frammentazione della distribuzione, divisa su tutto il territorio in 2.391 gestori di approvvigionamento per uso civile – nel 1998 erano più di 7mila – ovvero 1.997 in economia (i comuni, insomma) e 394 specializzati. Con il fatto che nei centri in cui il servizio viene erogato alla vecchia maniera si va sempre un po’ al risparmio, certamente nelle bollette (la gestione privata ha un costo) ma ancor di più nella cura di una rete sempre più soggetta a necessità di ristrutturazione che le casse degli enti locali non possono permettersi: è qui che il privato fa risparmiare. «Il progetto che stiamo portando avanti in alcuni comuni, come per esempio a Roma – spiega Francisco Spadafora, head of Digital Products & Asset-based Business di Ntt Data Italia – trova più sponda laddove ci sono società che hanno possibilità di implementarlo. Così nel sud Italia abbiamo ancora qualche difficoltà a siglare partnership».
Il caso Giappone
I dati Istat, d’altronde, parlano chiaro. I distretti idrografici con le perdite totali in distribuzione più ingenti sono la Sardegna (con il 52,8%), seguita dalla Sicilia (51,6%) e dall’Appennino meridionale (50,4%). Come regione la maglia nera spetta alla Basilicata con il 65,5%, a ruota figurano l’Abruzzo (62,5%) e la Puglia, dove ogni giorno di tutta l’acqua prelevata finiscono in rete solo 274 litri a persona contro i 576 della Valle d’Aosta. La città più efficiente da questo punto di vista è Como (perdite al 9,2%), giusto al confine con la civiltà idrica. Ntt Data, azienda giapponese che ha aperto diverse sedi in Italia proprio al sud, opera al fianco dei gestori del servizio idrico grazie al software Syntphony Water Management, strumento che può aiutare a raggiungere gli obbiettivi nazionali ed europei della Direttiva Quadro sulle Acque e della Strategia per la Resilienza Idrica. Spadafora, italo argentino che vive a Cosenza, racconta come a Roma per esempio sia già stato realizzato un recupero delle perdite intorno al 35%: «Lo spreco di acqua pubblica è un danno anche dal punto di vista economico, pensiamo solo ai danni al sottosuolo e alle strade, tutto quanto poi comporta una manutenzione straordinaria a causa delle infiltrazioni. La nostra piattaforma che grazie all’AI è capace di intervenire in diverse direzioni, in primo luogo con il monitoraggio. Il problema in Italia è che la rete idrica in tantissimi comuni non è neppure mappata: ci sono carte tramandate da generazioni e in pratica non si sa nemmeno da dove passino i tubi. Lo si scopre solo a danno fatto».
L’esempio virtuoso di Roma, dimostra appunto come sia possibile correre ai ripari: oggi gli impianti di 6 milioni di persone sono controllati da un software per più di 40.000 km di rete che copre 2.000 distretti. Un progetto che ovviamente va oltre al mero compito di monitoraggio: «Una volta che si sa come è fatta realmente la rete idrica – racconta ancora Spadafora – a quel punto viene inserita la sensoristica, così da quantificare i flussi che entrano ed escono e quindi iniziare a fare le proiezioni della pressione che subiscono le tubazioni, delle eventuali anomalie e di come cambia la situazione nelle varie ore della giornata. Un lavoro di analisi in tempo reale, ma anche predittivo. Il che porta per esempio a fare studi nei casi in cui si vogliano costruire nuovi quartieri: basta il distretto esistente per gestire gli insediamenti aggiuntivi? Oppure: se collego altri 20 condomini devo aggiornare le infrastrutture? Domande che trovano risposte immediate».
Quantità e qualità
Comunque, non è solo un problema di quantità. Innanzitutto non perdere acqua crea un circolo virtuoso dal punto di vista della sostenibilità, e in questo l’Italia è migliore in Europa solo rispetto ai Paesi dell’Est. E poi anche la qualità lascia a desiderare, visto che secondo l’Istat solo il 20,7% viene potabilizzata prima di arrivare al rubinetto. La buona notizia è che oltre quello di Roma, il progetto Syntphony è già attivo da poco in un comune importante del Nord Italia, «e ce ne sono altri due in partenza».
Al Sud, invece, il panorama è ancora sconfortante. «Qualcosa si sta muovendo – aggiunge Spadafora – grazie al Pnnr siamo in contatto con diverse amministrazioni. Però è più facile agire nelle grandi città ed infatti siamo presenti con sedi anche a Bari, Napoli, Salerno. I piccoli comuni difficilmente si possono permette investimenti di questo tipo, a meno che non si siano formati gruppi di gestione. Le soluzioni tecnologiche hanno un costo tecnico: non si tratta solo di adottare un software, ma vuol dire anche mappare il sottosuolo e inserire l’hardware necessario. Sebbene adesso possiamo controllare pure i punti di uscita delle case grazie ai contatori smart. Ma sono ancora tanti, direi troppi quelli manuali».
Tappare le falle al nostro Titanic idrico è quindi una sfida importante: ci vuole sì innovazione, ma pure coordinamento, omogenizzazione di dati ancora troppo eterogenei e investimenti, perché l’infrastruttura dell’acqua, secondo Ntt Data, «è almeno 10 anni indietro rispetto a quella elettrica. Eppure l’impianto normativo c’è, solo che siamo molto indietro nel recepimento», conclude Spadafora. Come dire: il tappo esiste, ed è pure intelligente.
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