Crimine sempre più evoluto, digitale e senza confini. Clienti sempre più connessi, tra home banking e pagamenti digitali. In questo scenario, per le banche italiane non è più sufficiente affidarsi a vecchi strumenti e competenze tradizionali: servono tecnologie avanzate e, soprattutto, professionisti capaci di governarle. È il messaggio – chiaro e perentorio – lanciato da Bankitalia.
L’istituto centrale, attraverso un’indagine su un campione rappresentativo di banche operanti in Italia, evidenzia come la mole di dati da gestire nei processi antiriciclaggio sia in continua crescita. Non si tratta solo di identificare un cliente: oggi bisogna profilare i comportamenti, monitorare le transazioni in tempo reale, aggiornare costantemente i profili di rischio. E tutto questo – sottolinea Bankitalia – ha bisogno delle più sofisticate tecnologie.
Digitalizzazione sì, ma a metà
Secondo l’indagine, tutte le banche coinvolte utilizzano ormai strumenti digitali di base come SPID, CIE, firme elettroniche e riconoscimento biometrico. Ma quando si guarda più in alto – verso l’uso di Big Data, advanced analytics o intelligenza artificiale – il panorama si fa ancora molto più sfumato.
Queste tecnologie, che potrebbero rivoluzionare i sistemi di controllo e prevenzione, sono ancora adottate in modo limitato. Eppure proprio loro potrebbero garantire maggiore efficacia nei controlli automatizzati, migliorare la qualità dei dati, velocizzare la verifica dei clienti e rendere più tempestivo il rilevamento di operazioni sospette.
Perché le minacce stanno evolvendo. I gruppi criminali operano in modo transnazionale, approfittano di ogni falla digitale e possono aggirare con facilità sistemi obsoleti. Il massiccio uso del digitale porta con sé rischi crescenti: cyberattacchi, incidenti operativi, frodi seriali, e – peggio – il pericolo di un indebolimento dei presidi antiriciclaggio.
Servono strumenti innovativi e cervelli tech
L’adozione consapevole di strumenti innovativi può davvero fare la differenza. Nei processi di identificazione dei clienti, ad esempio, le tecnologie digitali snelliscono i tempi, rendendo più fluida l’accoglienza. Nei controlli antiriciclaggio, l’automazione riduce l’errore umano, aumenta l’accuratezza dei dati e rafforza la capacità delle banche di intercettare anomalie.
E non solo: grazie a big data e analytics, gli istituti possono aggiornare dinamicamente i profili di rischio, adattandosi in tempo reale al comportamento dei clienti.
Ma non solo. Il messaggio di Bankitalia è chiaro: serve una cultura tecnologica diffusa, a tutti i livelli dell’organizzazione bancaria. Non basta esternalizzare i servizi IT – una pratica ormai comune – se poi viene a mancare il rigore nel monitoraggio quotidiano.
Occorre dotarsi di competenze specialistiche interne, capaci di interpretare e governare le nuove tecnologie, assicurando che i flussi informativi siano chiari e continui, soprattutto verso i vertici aziendali e le funzioni di controllo.
Insomma, la battaglia contro le truffe e ancora peggio il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo passa (anche) per i circuiti dell’intelligenza artificiale. Ma senza persone capaci di usarla con criterio e competenza, anche la migliore tecnologia rischia di diventare un’arma spuntata.
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