Nel nuovo scenario tecnologico e geopolitico globale, lo spazio rappresenta la frontiera che misura la sovranità delle nazioni. Gli Stati Uniti e la Cina avanzano con visioni strategiche e investimenti colossali, mentre l’Europa – ancora frenata da una governance lenta e frammentata – rischia di restare indietro. In questo contesto spicca Hélène Huby. Ex dirigente di Airbus, oggi è ceo e co-fondatrice di The Exploration Company, una delle realtà più dinamiche della nuova space economy europea. Francese, formatasi all’École Normale Supérieure e all’Ena, Huby ha lasciato una carriera di successo nel settore aerospaziale per intraprendere un’avventura con un obiettivo chiaro: costruire un’economia spaziale europea autonoma e competitiva.
«Ho deciso di fondare The Exploration Company», racconta, «perché volevo contribuire direttamente alla trasformazione del settore spaziale europeo. Il mercato si muove a una velocità impressionante e, come è accaduto in altri ambiti dell’economia, le startup stanno diventando il motore dell’innovazione. Negli Stati Uniti, le nuove imprese hanno rivoluzionato il modo in cui si accede allo spazio: hanno dimostrato che è possibile combinare capitale privato, rapidità e risultati. In Europa, invece, abbiamo spesso confuso la cooperazione con la lentezza. Se vogliamo restare rilevanti, dobbiamo imparare a unire la velocità e l’ambizione americane ai nostri valori di unità nella diversità».
Fondata nel 2021, The Exploration Company ha già raccolto oltre 230 milioni di euro – il 95% da investitori europei – e firmato contratti per 750 milioni di dollari con stazioni spaziali commerciali americane. Al centro del progetto c’è Nyx, la prima capsula privata europea riutilizzabile, progettata per trasportare carichi e, in futuro, astronauti. Il suo sviluppo non segue la logica dei programmi pubblici, spesso rallentati da interminabili negoziazioni tra Stati e ritorni industriali: la società è partita da capitale privato, riducendo tempi e costi.
«Ogni anno l’Europa spende circa mezzo miliardo di euro per far volare i propri astronauti su capsule americane», spiega Huby. «Alla fine del decennio, quando le stazioni internazionali saranno sostituite da piattaforme private statunitensi, continueremo a inviare quei soldi oltreoceano se non avremo una nostra capacità autonoma di volo. Nyx è nata per cambiare questo paradigma: trattenere valore in Europa e aprire un mercato nuovo, competitivo e sostenibile».
L’Italia gioca un ruolo centrale nel piano industriale di Huby. A Torino è stato aperto un centro di eccellenza con 35 ingegneri e un investimento di 15 milioni di euro, con l’obiettivo di far crescere il team fino a 150 persone entro il 2028. Tec collabora già con Avio, Cira, Politecnico di Torino e Università La Sapienza. L’azienda lavora allo sviluppo del motore Storm, pensato per garantire l’indipendenza europea nei lanci, e a nuovi servizi orbitali – rifornimento, attracco, rimozione dei detriti – che rafforzano la capacità autonoma dell’Europa nello spazio.
La visione di Huby parla un linguaggio che oggi risuona nei palazzi della politica italiana: autonomia tecnologica, concorrenza leale, partenariati pubblico-privato e valorizzazione del manifatturiero nazionale. «Il modello che abbiamo costruito», osserva, «si basa su un principio semplice: ogni euro pubblico deve andare all’azienda che offre il miglior risultato al minor costo, che si tratti di una grande impresa o di una startup. Non chiediamo privilegi, ma pari condizioni. Perché la concorrenza è la vera garanzia di efficienza e di rispetto per i contribuenti».
Nelle parole della ceo, lo spazio non è solo scienza o ricerca, ma infrastruttura critica per sicurezza, difesa e crescita economica. «Le tecnologie spaziali sono a duplice uso: ciò che serve all’economia civile è indispensabile anche per la difesa. Comunicazioni, osservazione della Terra, navigazione, monitoraggio ambientale: tutto passa dallo spazio. Dipendere da fornitori esterni significa esporre la nostra sicurezza e la nostra sovranità. Ecco perché l’Europa deve dotarsi di capacità autonome, non per chiudersi, ma per cooperare su un piano di parità con gli altri grandi attori globali».
Il messaggio è tanto pragmatico quanto politico. The Exploration Company rappresenta un esempio concreto della «nuova politica industriale europea», che punta su innovazione, capitale privato e competenze. Una visione condivisa anche dal governo italiano, impegnato a rilanciare le filiere strategiche e costruire un ecosistema tecnologico integrato.
«In fondo», conclude Huby, «lo spazio misura la capacità di una nazione di scegliere il proprio destino. Non stiamo solo costruendo capsule, ma il futuro industriale dell’Europa. E se sapremo unire ambizione e risultati, l’Europa non si limiterà più a guardare le stelle: potrà davvero raggiungerle». Se ne è discuterà all’evento “Il Futuro dello Spazio Commerciale Europeo” di lunedì 3 a Palazzo Farnese: davanti all’ambasciatore francese in Italia Martin Briens il tema saranno le strategie europee e la sovranità tecnologica con la Huby e l’ex Nasa (oggi a SpaceX) Kathy Lueders. Lo spazio è sempre più territorio delle donne.
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