Un tempo erano poco più che contenitori funzionali, indispensabili per portare con sé il necessario. Oggi, invece, le borse raccontano chi siamo. Sono simboli di stile, oggetti del desiderio, talvolta vere opere d’arte. E, sempre più spesso, rappresentano un investimento: una nuova frontiera del collezionismo di lusso che sta conquistando investitori e appassionati. A definire questa evoluzione è il passaggio da semplice accessorio a manifesto identitario, fino ad arrivare allo status di bene rifugio, in grado di competere con asset tradizionali.
Negli ultimi anni, infatti, le borse di alta gamma hanno dimostrato una resilienza che pochi altri prodotti del settore moda possono vantare. Sostenute da brand exclusivity, materiali pregiati e una tradizione artigianale che resiste al tempo, si sono affermate come una categoria solida nel panorama degli alternative asset. Non si tratta solo di eleganza o status: è la combinazione tra rarità, unicità delle edizioni limitate, lunghe liste d’attesa e un mercato globale in piena espansione a trasformarle in veri beni da collezione. I numeri parlano chiaro: mentre nel settembre 2023 gli indici Smi e Stoxx 50 scendevano rispettivamente a 98,95 e 94,9, il cosiddetto “handbag index” continuava a crescere, toccando 102,31, per poi raggiungere 107,47 a giugno 2024.
Patrimoni glamour
Il mercato mondiale delle borse di lusso, valutato 35,83 miliardi di dollari nel 2025, supererà i 60 miliardi nel 2034 con un tasso di crescita medio annuo del 5,98%. E l’intero mercato delle borse – che arriverà quasi a 96 miliardi nel 2030 – conferma una direzione chiara: la borsa non è più un accessorio, ma un patrimonio tangibile. A guidare la crescita sono anche l’escalation della brand awareness (ovvero, la notorietà del marchio), la forza dei social media e la fascinazione delle nuove generazioni per prodotti capaci di unire stile e valore a lungo termine.
Eppure, la storia del binomio “borsa e investimento” ha radici precise. È il 1987 quando il concetto inizia davvero a prendere forma, quando Bernard Arnault, insieme ai vertici di Moët Hennessy e Louis Vuitton, dà vita a Lvmh. Con quel passaggio, la borsa firmata diventa un asset culturale e finanziario, un simbolo del lusso contemporaneo capace di unire heritage, artigianato e strategia economica.
Ma la verità è che le borse sono state feticci ben prima di diventare “asset class”. Chanel lo aveva capito nel 1955, quando Gabrielle presentò la 2.55, una borsa rivoluzionaria per portamento, materiali e linea, che sarebbe diventata l’emblema di un’eleganza senza tempo. Dal primo modello in lana trapuntata alla versione più desiderata in pelle nera con interno bordeaux – il colore delle divise del convento dove Chanel era cresciuta – la 2.55 è oggi un pezzo da collezione che attraversa i decenni senza mai perdere fascino.
Hermès, dal canto suo, ha trasformato l’attesa in desiderio. Le sue Kelly e Birkin non sono semplici borse: sono icone culturali legate a figure come Grace Kelly e Jane Birkin, e raccontano un lusso che non si può acquistare con la sola disponibilità economica. Per ottenerne una nuova serve una relazione diretta con la maison, acquisti pregressi e pazienza. A volte anche dieci anni. Complice una domanda fino a cinque volte superiore alla produzione possibile, la scarsità è diventata parte integrante del mito. E ogni borsa, interamente prodotta a mano, è un pezzo unico che giustifica valutazioni di mercato che partono da 10mila euro e possono crescere in modo spettacolare nel tempo. Fino ad arrivare, come successo nell’ultima asta newyorkese di Christie’s a 215.900 dollari, per una rara Rainy Days Faubourg Birkin 20 con hardware Permabrass del 2024, o 165.100 dollari per una rara Nuit Faubourg Birkin 20 con hardware in palladio del 2020.
Il fenomeno, però, non riguarda solo Hermès. D’altronde, molte delle IT bags più riconoscibili di sempre – la Jackie di Gucci, la Speedy di Louis Vuitton, la Alexa di Mulberry, la Baguette di Fendi – hanno saputo attraversare epoche e stili proprio perché nate per durare. Spesso diventano immortali grazie a un volto, una scena, una frase entrata nella cultura pop. Da Jane Birkin che lamenta in aereo la mancanza di una borsa pratica a Carrie Bradshaw che grida «This is not a bag, it’s a Baguette!», basta poco per trasformare un accessorio in leggenda. Guardando alla più recente asta di settembre organizzata da Bonhams, per esempio, una borsa Louis Vuitton, collezione Autunno/Inverno 2024 From Paris to Virginia, modello Speedy P9 Bandoulière 25 in pelle di vitello color ametista, è stata venduta per 7.680 euro, a fronte di una stima iniziale di 2.500-3.500 euro. Nella stessa asta, un modello del 2021 On My Side Shearling Monogram Tufftage Cabas, disegnata da Nicolas Ghesquière, è stata venduta per 5.120 euro contro una stima di 1.500-3.000 euro.
Anti-Fast fashion
E così, quando un oggetto diventa leggenda, diventa collezionabile. È questo il punto forse più affascinante: il collezionismo di borse unisce la passione per la moda, l’amore per la storia e un approccio quasi museale all’oggetto. Parliamo di accessori che non solo rappresentano epoche, stili, manifatture, ma che sono stati pensati per durare una vita. In un mondo dominato dal fast fashion, che aggredisce il mercato con ondate di merce scadente a basso costo, questa longevità è parte del loro valore culturale, oltre che economico. Le maison, intanto, alimentano la domanda con nuove strategie: materiali sostenibili, campagne con star globali – come Jennie e Dua Lipa nella campagna Chanel del 2025 – collaborazioni artistiche e personalizzazioni online. Il mercato cresce ovunque, ma è l’Europa a guidare la classifica, forte di una tradizione artigianale secolare e di capitali del lusso come Parigi e Milano. Nord America e Asia-Pacifico, però, corrono veloci, spinti dall’aumento del potere d’acquisto e dalla crescente attenzione dei giovani alle icone del fashion.
Il futuro? È già in movimento. Tra boutique sempre più esperienziali, aste record e consumatori che vedono nelle borse un asset capace di proteggere il valore nel tempo, le IT-bag sono destinate a diventare i “quadri” contemporanei: oggetti da osservare, custodire, tramandare. In fondo, una borsa non è mai solo una borsa. È memoria, desiderio, identità. Ed è forse proprio per questo che, oggi, è anche un investimento. Un investimento che non si conserva in cassaforte, ma si porta con sé.
Leggi anche:
© Riproduzione riservata