In un mondo in cui la corsa agli ostacoli e la cultura del sacrificio (o meglio della sofferenza) è diventata – chissà per quale masochista motivazione – il mantra per essere socialmente “sani” e “conformi” alle sfide del nostro tempo, forse una cosa l’abbiamo finalmente capita: «conoscere se stessi», affrontando le nostre paure e ansie, non è sinonimo di debolezza e di incapacità, ma di forza, di coraggio e di riconoscenza.
Un atto necessario d’amore che abbiamo riconosciuto forzatamente in uno dei momenti più duri e complessi dell’era moderna: la pandemia da Covid-19. Periodo che, in virtù della sua nefasta portata, ci ha costretto a conoscerci di più – talvolta anche “ad affrontarci” -, ad abbandonare gli stigmi sociali e a prenderci quindi cura della nostra salute mentale (celebrata peraltro proprio nel mese di maggio).
Sono nati così nuovi strumenti di sostegno, come le piattaforme online, sono aumentate le richieste e le attenzioni, anche a livello governativo (ne è un esempio l’introduzione del “bonus psicologo”), e, un po’ come un grande iceberg, è emerso l’impatto e l’importanza di un settore fondamentale per la nostra società: quello della psicologia. Nell’ultimo bilancio, infatti, l’Enpap (ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi) ha registrato un’impennata sostanziale del proprio patrimonio, volato a oltre 2,6 miliardi di euro (nel 2013 erano 800 milioni), una crescita rilevante del fatturato annuale complessivo delle psicologhe e degli psicologi liberi professionisti: da 740 milioni del 2012 a 2,15 miliardi, e dei redditi, aumentati di oltre il 50%. Positivo anche l’impatto sociale: con il gap di genere che si è addirittura dimezzato: dal 40 al 20 per cento.
Psicologi online: la spinta delle piattaforme online
Un ruolo fondamentale in questa partita lo stanno giocando le diverse piattaforme di sostegno psicologico online, diventate nel corso degli anni dei veri centri medici digitali. Ne sono un esempio Unobravo, Serenis, Psicologo4U, Intherapy e Mymentis, per citarne alcune. Piattaforme che in virtù del proprio business sono riuscite a “democratizzare” il sostegno psicologico: costi più accessibili – aspetto che ancora oggi rappresenta un ostacolo per il 51% degli italiani, secondo i dati del la prima edizione dell’Unobravo MINDex -, e creazione di un indotto occupazionale rilevante per tutto il settore
Danila De Stefano (Unobravo) e Daniele Francescon (Serenis)
«Unobravo è nata nel 2019 da un’esperienza personale: la difficoltà di accedere a un supporto psicologico culturalmente e linguisticamente affine durante un periodo di lavoro a Londra», dice Danila De Stefano, fondatrice e ceo della società, che lo scorso anno ha concluso un altro round di finanziamento da 17 milioni di euro e che oggi conta oltre 7mila professionisti attivi, più di 300mila pazienti serviti e di 5 milioni di sedute effettuate e un fatturato superiore a 80 milioni di euro.
«Abbiamo battuto le barriere geografiche e culturali, contribuendo a normalizzare la terapia e ad avvicinare migliaia di persone al benessere mentale». Un aspetto fondamentale considerato che la pandemia ha comportato secondo il MINDex un aumento «fino al 50% delle richieste per il 66% degli psicologi». L’importanza dell’impatto occupazionale è inoltre dimostrata da una ricerca dell’Università Cattolica, secondo la quale l’81% delle professioniste del team clinico afferma che senza Unobravo non avrebbe la stessa capacità di raggiungere pazienti.
Guardando quindi al futuro, l’idea della società è chiara: «Promuovere trasparenza, coinvolgimento e un supporto costante per entrambe le parti. Sul piano internazionale, puntiamo a una crescita attenta e ponderata, che bilanci l’eccellenza clinica con le specifiche esigenze dei mercati locali», dice De Stefano che guarda all’Ia «non come sostituto del terapeuta, ma come strumento per migliorare accessibilità e personalizzazione».
Visione che trova riscontro anche nelle parole a Moneta di Daniele Francescon, cofondatore e general manager di Serenis. «L’obiettivo è migliorare l’esperienza: offrendo per esempio strumenti per prendere appunti durante la seduta o per tenere un diario automatizzato del percorso. Un supporto in sintesi, non un’alternativa alla relazione umana, che resta centrale».
Nata alla fine del 2021 e forte anche della chiusura di due round di finanziamento del valore totale di circa 6,5 milioni di euro, Serenis negli anni ha esteso il suo business e la sua crescita. «Siamo fieri di aver ridotto il divario geografico, d’età e di genere, rendendo il lavoro più accessibile e compatibile con situazioni di vita e logistiche diverse». Aoggi infatti ha aiutato circa 140mila pazienti (persone che hanno concluso un percorso con la società), effettua circa un milione di sedute ogni anno e coinvolge oltre 2.200 professionisti (di cui 2.000 psicoterapeuti), per lo più possessori di partiva Iva, così che possano «definire in autonomia il proprio carico di lavoro e collaborare senza vincoli di esclusiva» e oltre 250 aziende grazie al servizio Business.
D’altronde, secondo le ricerche condotte dalla società, oltre il 60% degli italiani manifesta un malessere psicologico, con una grande incidenza del lavoro. «Nella maggior parte dei casi il problema non è solo lavorativo: è che al lavoro ci portiamo tutto il nostro vissuto. Le aziende sono quindi in una posizione privilegiata per supportare il benessere psicologico delle persone».
Con l’obiettivo di chiudere il 2025 con un fatturato compreso tra 40 e 50 milioni di euro (nel 2024 era di 25 e nel 2023 di 12 milioni), Serenis ha anche introdotto la nutrizione, la psichiatria e la parte “fisica”(dando così la possibilità ai pazienti di incontrare i terapeuti in studio), e punta per il futuro a «continuare a crescere, magari con un altro round nei prossimi mesi e confermarsi come punto di riferimento per la cura digitale», chiosa Francescon.
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