L’istituzione del brevetto e il nostro Paese sono legati da un filo indissolubile. È una matassa che si dipana nel tempo e risale al XV secolo, quando Venezia custodiva tutti i segreti dell’arte del vetro. In un’epoca in cui si costruivano cattedrali con vetrate e rosoni in tutta Europa, il giro d’affari di questa manifattura era di primo piano e, finché le tecniche di lavorazione restavano appannaggio dei maestri dell’isola di Murano, nessuno poteva sfilare il primato alla Serenissima. Con il tempo però, gli Stati e le città vicine iniziarono a offrire lavoro ai vetrai veneziani, per poter imparare da loro i metodi più aggiornati. Da qui la necessità di proteggere le invenzioni e le idee, per evitare di essere copiati in tutto il mondo e perdere la supremazia sul mercato. Il 19 marzo 1474, il Senato della Repubblica di Venezia approvò quindi la prima legislazione brevettuale, che conferiva agli inventori il diritto di esclusiva sulla propria idea, ovvero il diritto di escludere chiunque altro dalla riproduzione o dall’utilizzo dell’invenzione. Contestualmente venne istituito anche il primo Ufficio brevetti del mondo, dove 135 anni più tardi si recò, tra gli altri, Galileo Galilei per registrare il proprio brevetto sul telescopio.
L’idea insomma ebbe successo e, nel corso dei secoli, venne adottata da un numero crescente di Paesi in tutto il mondo. L’Italia ha fatto onore al suo ruolo di terra natale del brevetto: il primo motore a combustione interna è stato inventato da Eugenio Barsanti e Felice Matteucci e il telegrafo senza fili da Guglielmo Marconi. Altri brevetti nostrani, che fanno ormai parte della vita di tutti i giorni, sono la caffettiera moka di Alfonso Bialetti, la Vespa di Piaggio creata da Corradino d’Ascanio e, più di recente, il mocio Vileda di Sergio Cervellin. Si deve poi aggiungere il filone dell’informatica, con il primo personal computer presentato da Olivetti nel 1965 e il primo microprocessore ideato da Federico Faggin nel 1971.
Preoccupazioni poco fondate
Di recente però qualcuno si è preoccupato dell’andamento della domanda di brevetti in Italia e, in particolare, di ciò che accade a Milano: «Negli ultimi due anni abbiamo visto una caduta dei brevetti depositati nell’area metropolitana di Milano», ha detto Luca Stanzione, il segretario generale della Cgil milanese, intervistato da Italpress la scorsa settimana. «Vuol dire che la città considerata capitale dell’invenzione sta perdendo questo primato a favore di altri settori».
I dati degli ultimi due anni però non riflettono una crisi sostanziale. Nel 2023 infatti, le aziende e gli investitori italiani hanno depositato in totale 5.053 domande di brevetto: il numero più alto di sempre, in crescita del 3,8% rispetto all’anno precedente (un aumento superiore rispetto alla media europea). È poi importante rilevare che, secondo il report World Intellectual Property Indicators, le domande nel nostro Paese sono cresciute del 38% in dieci anni. Nel 2024 invece si è assistito a un calo del 4,5%, che però deve essere letto all’interno di un contesto più ampio: «Si tratta di un dato di assestamento che segue una crescita equivalente nell’anno precedente», spiega a Moneta Francesco Zaccà, consigliere principale operazioni presso l’ufficio Europeo dei Brevetti (Epo). «L’Italia si conferma comunque quinta nell’Unione Europea (dopo Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia) e undicesima nel mondo per numero di domande di brevetto europeo». Per quanto riguarda Milano, è difficile raccogliere dei dati significativi sulle domande di una singola città, perché quando una società presenta una domanda, viene registrata la località della filiale in cui si trova l’ufficio brevetti dell’azienda e non la provenienza dell’inventore. Per quanto riguarda le regioni però, possiamo affermare che la Lombardia non è in sofferenza, anzi, insieme a Emilia-Romagna e Veneto è ai primi posti in Italia. Insieme le tre regioni rappresentano oltre il 60% di tutte le domande presentate da aziende e inventori italiani all’Epo. «La Lombardia, con 1.468 domande di brevetto, è prima in Italia in un contesto in cui nord e nord-est trainano il Paese», continua Zaccà. Il 2024 ha visto in forte crescita anche Liguria, Piemonte, Toscana e Trentino-Alto Adige.
Le aziende e i settori più creativi
Nel 2024, a livello di singole aziende, è stata la bolognese Coesia, attiva nelle soluzioni industriali e di packaging, a presentare più domande di brevetto europeo (sono state 167). Fanno seguito due giganti del settore automotive: Ferrari (136) e Iveco Group (55). Il colosso della difesa Leonardo è poi entrato tra i primi nomi di questa classifica, a parità con Pirelli (entrambe con 49 domande) al quarto posto. Quinto e sesto posto sono invece di Brembo (con 39 domande) e Chiesi Farmaceutici (con 33). Il podio delle imprese rispecchia il livello di attività dei settori italiani: nel 2024 infatti è stato il comparto trasporti a registrare il maggior numero di domande (449) con una crescita dell’8,2%. Seguono poi l’ambito definito dell’handling, ovvero dell’imballaggio e stoccaggio delle merci, le “altre macchine speciali” (ovvero gli utensili per diverse industrie e stampa 3D) e le tecnologie mediche. In proporzione, è cresciuto molto anche l’ambito motori, pompe e turbine.
Un business da miliardi di dollari
Particolare rilevanza assume il sistema della concessione in licenza dei brevetti, attraverso cui i proprietari permettono a terzi (beneficiari della licenza) di impiegare e commercializzare le proprie innovazioni mediante pagamenti fissi o percentuali sui ricavi. Questo settore è destinato a crescere : le valutazioni indicano che nel 2023 ha toccato 2,4 miliardi di dollari a livello globale. Le prospettive sono di incremento annuo del 7,77% fino al 2032, quando si prevede di arrivare a 4,4 miliardi. Questo sviluppo è dovuto al beneficio di tutti gli attori coinvolti: i detentori ottengono canoni che monetizzano le scoperte, reinvestibili in ulteriori ricerche, mentre i licenziatari acquisiscono tecnologie sofisticate altrimenti costose da creare. Questo scambio alimenta un ecosistema vivace dove conoscenze e soluzioni si diffondono, accelerando lo sviluppo economico e favorendo la diversificazione aziendale.
Per migliorare serve la ricerca
Il panorama italiano si presenta dinamico, ma considerando i risultati degli altri Stati dell’Epo, c’è margine di miglioramento: «Il modo migliore per crescere nell’ambito dei brevetti è fare ricerca», spiega Zaccà. «Ci sono state varie domande da parte di realtà universitarie tra cui l’Ospedale San Raffaele e il Politecnico di Milano. È però necessario un ambiente industriale che aiuti a portare sul mercato le idee e il giusto supporto anche a livello finanziario». Il rischio altrimenti è che gli inventori registrino le proprie proposte all’estero, dove l’ecosistema favorisce questo percorso. Le idee, da sole, non bastano: ci vuole il coraggio di investire per farle crescere.
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