Rinnovabili, energie per la transizione e per la decarbonizzazione, waste to energy. Sono questi i principali ambiti d’azione del mondo che attirano in Italia investitori esteri di peso e i loro capitali, in particolare fondi di investimento che, con un impegno di medio lungo periodo, allocano grandi capitali sfruttando la crescita del settore. Complice la strategia satellitare dell’Eni che negli ultimi anni ha aperto il capitale delle sue controllate (“satelliti”), molti grandi fondi hanno guardato al mercato italiano, considerato una nuova frontiera.
Da Kkr, regina indiscussa, a Blackrock, Eip e Asterion. D’altra parte, il private equity è specializzato nella costruzione di strutture societarie in settori emergenti ed è stato un grande sostenitore nell’industria delle energie rinnovabili che si è sviluppata negli ultimi dieci anni. In contesto, nell’ultimo biennio è stato caratterizzato da un Italia a crescita stabile con riforme strutturali che hanno permesso al settore delle energie rinnovabili di espandersi ulteriormente. In soldoni, l’Italia è sempre più attrattiva per gli investimenti globali. Una fotografia che emerge anche dal Business Insights from Italy, lettera agli investitori internazionali curata dal ministero degli Esteri e dalla The European House – Ambrosetti diffusa da ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La pubblicazione mette in evidenza come nel primo trimestre 2025 il Pil sia cresciuto dello 0,3% sul trimestre precedente e dello 0,7% sull’anno e come il miglioramento dei conti pubblici abbia riportato gli investitori esteri verso il mercato del debito italiano.
In grande risalto anche l’entrata in vigore della nuova legge quadro sulle energie rinnovabili che semplifica le autorizzazioni, velocizza la tempistica e individua aree idonee e zone di accelerazione. Con un investimento da oltre 16 miliardi di euro il Paese spinge per centrare gli obiettivi fissati dall’Ue di aumentare la produzione da fonti rinnovabili a 159 gigawatt entro il 2030. Uno studio sul Green Tech rivela il boom del comparto cresciuto del 63% dal 2020 che vede 571.000 imprese coinvolte e oltre 3,1 milioni di occupati.
L’Italia è il quarto produttore Ue di tecnologie per le rinnovabili. È qui che i fondi, in particolare quelli americani, trovano terreno fertile per acquisire quote di capitale. Sulla galassia Eni si sono posizionati al momento Kkr, Ares ed Eip (in Plenitude, Enilive e CCS Holding). Il fondo americano Kkr ha partecipazioni in Italia pari a oltre 35 miliardi di enterprise value. L’ultimo colpo è l’acquisto del 25% di Enilive, la società del gruppo petrolifero attiva nella cosiddetta mobilità verde, per un controvalore di 2,9 miliardi di euro, segue a ruota l’altra grande operazione (non energy) messa a punto dal fondo: l’acquisto della rete di Telecom Italia per un valore di 18,8 miliardi.
L’energia piace molto al fondo nato nel 1976 da Jerome Kohlberg, Henry Kravis e George Roberts, dai quali ha preso il nome. Con sede a New York, si è quotato in Borsa nel 2010 e oggi conta venti uffici in sedici paesi con quasi 1700 dipendenti. Gestisce asset dal valore totale di oltre 400 miliardi di dollari, concentrandosi in particolare sulle infrastrutture, sull’energia e sull’immobiliare. Nel mondo dell’energy italiano il suo impegno non si esaurisce qui. Eni ha avviato le trattative con Gip per la cessione di una partecipazione del 49,9 per cento di Eni Ccus Holding, la divisione che si occupa delle tecnologie per lo stoccaggio della Co2. E Gip è la piattaforma di investimento infrastrutturale leader a livello mondiale acquisita da Kkr per 12,5 miliardi di dollari nel 2024. In Italia, infine, Kkr ha il 100% di Contour Global. La società punta sul solare con 71 impianti fotovoltaici in Italia, e ha appena acquisito una serie di progetti di Battery Energy Storage System e guarda con interesse alle aste Macse: le prime aste per l’acquisizione di nuova capacità di stoccaggio.
«L’Italia rappresenta un mercato chiave per la nostra crescita in Europa. Puntiamo su tecnologie come il battery storage e il fotovoltaico avanzato, sostenuti da meccanismi regolatori come MACSE e FER-X. La nostra strategia industriale riflette una visione condivisa con i nostri azionisti: creare valore in modo sostenibile contribuendo alla sicurezza e competitività del sistema energetico italiano, attraverso investimenti nel settore delle rinnovabili e soluzioni commerciali innovative per grandi clienti industriali», commenta a Moneta il ceo Antonio Cammisecra.
Un altro attore protagonista è il fondo americano Blackrock, il più grande asset manager al mondo che ha il 4,93% di Saipem e quasi il 2% di Enel. Blackrock è azionista anche di Italgas (3,7%) Terna (5%), Prysmian (5%), e Tenaris (1,8%). In Plenitude hanno messo un bel “piedone” Ares (20%) ed Eip (10%). Recentemente Tyrone Cooney, dirigente di Ares con responsabilità sull’Europa meridionale, aveva dichiarato che l’Italia rappresenta “la nuova frontiera” per i fondi di credito privato. Gli asset creditizi di Ares ammontano a 359 miliardi di dollari. Eip dal canto suo, è un fondo svizzero specializzato sui megatrend dell’industria energetica. Nel mondo delle utility, infine, due fondi hanno fatto capolino in casa Acea e in casa Sorgenia. Equitix ha il 60% di Acea Sun Capital, la joint venture solare dell’utility capitolina. Quanto a Sorgenia, il 73,7% è saldamente in mano al fondo italiano F21 ma il fondo spagnolo Asterion ha il 27,6%.
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