George Eastman era un ragazzo di 24 anni di Rochester, nello Stato di New York, e stava pianificando la sua vacanza a Santo Domingo. Volendo documentare il suo viaggio comprò un set fotografico. Nella seconda metà dell’Ottocento realizzare una foto voleva dire portarsi dietro una fotocamera grande come un forno, un armamentario di lastre bagnate e un treppiede pesantissimo. A questo si aggiungeva anche una tenda per stendere al buio l’emulsione fotografica su delle lastre di vetro e per svilupparle prima dell’asciugatura. C’erano poi prodotti chimici, serbatoi di vetro, un pesante portapiatti e una brocca d’acqua. Eastman stesso descrisse quell’equipaggiamento come un “carico di cavalli da soma”.
Nasce così la storia del colosso della fotografia che nel secondo trimestre dell’anno corrente ha riportato una perdita netta di 26 milioni di dollari, pari a 0,36 dollari per azione, contro l’utile di 26 milioni dell’anno precedente. I ricavi si sono fermati a 263 milioni di dollari, in calo dell’1% su base annua. Il margine lordo è sceso del 12%, l’Ebitda operativo è crollato del 25% a 9 milioni. Ancora più allarmante, la liquidità disponibile si è ridotta a 155 milioni, rispetto ai 201 milioni di fine 2024.
L’avvento del digitale
Eastman non partì per Santo Domingo. Si dedicò anima e corpo a sviluppare un processo più semplice per fare foto. Di giorno impiegato in banca, di notte sveglio a sperimentare soluzioni innovative per il suo progetto. Dopo tre anni la scoperta della formula vincente: nel 1880 aveva brevettato la sua prima macchina innovativa dotata di una piastra secca e capace di preparare lastre in serie. Nel 1888 registrò un marchio dal suono facile e memorabile: “Kodak”. Il nome non vuol dire niente, è semplicemente di impatto e facile da ricordare. Con esso brevettò la prima macchina fotografica a pellicola in bobina e un motto diventato simbolo di un’epoca: “tu premi il bottone, noi facciamo il resto”.
La Brownie
Stella del marchio è la fotocamera Brownie nata all’inizio del secolo. Era una fotocamera a cassetta in cartoncino con una semplice lente, veniva venduta a un dollaro e rese la fotografia un fenomeno di massa e l’azienda la prima del settore. Negli anni Settanta, Kodak controllava fino al 90% del mercato statunitense delle pellicole. Tre decenni più tardi ormai le foto si scattano in digitale e prevalentemente con lo smartphone. È la fine di Kodak, che nel 2012 dichiara bancarotta.

Dalla ristrutturazione del 2013, l’azienda ha cercato di reinventarsi nella stampa industriale, nei materiali avanzati, nella chimica specialistica e perfino nella produzione farmaceutica. Nel documento depositato alla SEC, la direzione ha inserito una valutazione che evidenzia dubbi sulla capacità dell’azienda di continuare a operare. La Borsa ha reagito con un tonfo: in poche ore il titolo ha perso circa un quarto del proprio valore, cancellando i guadagni accumulati nel 2025.
“Nel secondo trimestre, Kodak ha continuato a fare progressi rispetto al nostro piano a lungo termine nonostante le sfide di un ambiente commerciale incerto”, ha dichiarato Jim Continenza, Presidente esecutivo e ceo di Kodak. Ha evidenziato il business Advanced Materials & Chemicals della società, sottolineando che il suo stabilimento di produzione farmaceutica è ora registrato presso la Fda.
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