Prezzi che volano e pubblicità che aumenta per Amazon Prime, l’abbonamento di Amazon che include anche la piattaforma di streaming Prime Video. Sono passati tre anni da quando il colosso di Jeff Bezos ha introdotto nel nostro Paese un aumento delle tariffe di Prime Video, portando il costo mensile da 3,99 euro a 4,99 euro e quello annuale da 36 a 49,90 euro (per gli studenti e per i giovani dai 18 ai 22 anni costa la metà). Già nel 2018 aveva visto un rincaro da 19,99 a 36 euro.
Ma c’è di più, l’azienda ha recentemente aumentato le interruzioni pubblicitarie sulla piattaforma. Al debutto, il colosso aveva introdotto un numero limitato di inserzioni pubblicitarie, stimabile in circa due o tre minuti per ogni ora di visione. Nel corso del 2025 il numero è aumentato fino a quattro-sei minuti all’ora, quindi più che raddoppiato.
La decisione del gruppo era già stata annunciata nell’autunno del 2024: la società aveva indicato agli investitori che, per gli abbonati che non avessero scelto l’opzione premium del servizio – quella che consente di rimuovere gli annunci al prezzo aggiuntivo di 1,99 euro al mese – sarebbero state introdotte più interruzioni pubblicitarie.
L’aumento dei costi non pare però corrispondere a un incremento della qualità. Anzi, sulla piattaforma moltissimi film sono a pagamento o a noleggio. «Ho notato che molti contenuti che prima erano free adesso diventati a pagamento», scrive un utente sul forum dedicato all’assistenza clienti di Amazon.
La piattaforma, intanto, si assicura tutti i vantaggi di un modello ibrido: una parte dei ricavi arriva dagli abbonamenti, una parte da chi sceglie di pagare il prezzo mensile della versione senza pubblicità e una parte ulteriore dalla pubblicità stessa. «Ma perché pago il abbonamento se quasi tutti gli film sono a pagamento?», lamenta un cliente Prime in un post del 2023.
Da ricordare che, nonostante gli aumenti di prezzo e di pubblicità e gli oltre 200 milioni di iscritti a Prime in 25 paesi del mondo, qualche giorno fa Amazon ha annunciato il licenziamento di 14mila posti di lavoro, stando a quanto dichiarato da Beth Galetti, responsabile delle risorse umane e della tecnologia. I media americani parlavano di un taglio di 30mila posti.
La combinazione tra aumento dei prezzi, crescita della pubblicità e presenza di contenuti a pagamento separato ha alimentato un diffuso malcontento tra gli utenti. Sui forum e sui social dedicati al servizio si moltiplicano le segnalazioni di clienti che lamentano la perdita di valore percepito dell’abbonamento, costretti a pagare supplementi per evitare gli spot o per accedere a film non inclusi nel pacchetto base. «La mia vuole essere una critica nei confronti di Amazon in quanto, a mio modesto parere, ci sono troppi titoli a noleggio e a pagamento in Prime. A chi è abbonato dovreste permettere una visione molto più ampia», scrive un altro cliente.
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