Fondamentale e preziosa, ma tanto fragile: l’acqua che rende fertile e rigogliosa l’Italia oggi rischia di non bastare più. L’elemento vitale che sostiene la nostra agricoltura, infatti, è anche uno dei beni più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici, allo sfruttamento intensivo e all’inefficienza di infrastrutture talvolta obsolete. Per questo va preservato con una gestione sostenibile che metta al centro innovazione, efficienza e tutela dell’ambiente, come sottolineato dall’Osservatorio costituito da Acea e Intesa Sanpaolo, che ha dedicato il più recente rapporto (intitolato La sfida dell’acqua nell’agricoltura del terzo millennio) proprio all’impiego delle risorse idriche nel settore primario. L’acqua è difatti il cuore pulsante del nostro sistema agroalimentare: un comparto che, con 76 miliardi di euro di valore aggiunto e oltre 1,4 milioni di occupati, rappresenta uno dei pilastri dell’economia nazionale. Eppure questa risorsa, che alimenta i campi, sostiene la biodiversità e garantisce la qualità dei prodotti italiani, è oggi sotto pressione come mai prima d’ora.
L’agricoltura – sottolinea al riguardo il report – è il principale utilizzatore di acqua nel nostro Paese, dal momento che assorbe circa il 60% dei consumi complessivi. Il 20% della superficie agricola utile è irrigata, ma la crescente irregolarità delle precipitazioni e la diminuzione delle risorse disponibili rendono urgente una gestione più efficiente e consapevole. Tra il 2006 e il 2021, l’indicatore sull’efficienza dei consumi irrigui in Italia ha registrato una flessione, mentre in altri Paesi europei – come Francia e Spagna – è aumentato sensibilmente. Il divario si spiega anche con la lentezza nell’adozione di tecnologie moderne e nella conversione verso sistemi irrigui a minor consumo idrico. A pesare, in generale, è anche la vetustà degli impianti di distribuzione idrica, le cui perdite si aggirano attorno al 40% dei volumi trasportati. La crescente pressione sulle risorse naturali e la necessità di un equilibrio più maturo tra sviluppo e sostenibilità ambientale richiedono dunque un nuovo approccio alla gestione dell’acqua. Della sensibilizzazione a questo obiettivo si fa carico lo stesso Osservatorio sul settore idrico, frutto dell’accordo in essere fra Acea, guidata dal ceo Fabrizio Palermo, e Intesa Sanpaolo, guidata dal ceo Carlo Messina, che ha messo a disposizione 20 miliardi di euro per supportare l’evoluzione delle infrastrutture idriche del Paese e la gestione sostenibile dell’acqua nei processi produttivi delle aziende.
«L’accordo, caso unico a livello internazionale, dimostra come la collaborazione con le istituzioni finanziarie sia strategica per rendere possibile la transizione idrica. Nuovi modelli di finanziamento sono essenziali per mobilitare i capitali necessari a colmare il gap globale nelle infrastrutture idriche, che stimiamo collocarsi nelle centinaia di miliardi di euro all’anno, e generare impatti concreti sull’economia e sulla competitività delle imprese», ha sottolineato Marco Pastorello, Chief transformation officer del Gruppo Acea. Da parte sua Anna Roscio, Executive director Sales & marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, ha spiegato la duplice forza della partnership strategica: «Abbiamo voluto creare delle soluzioni “chiavi in mano” per le imprese, in particolare per quelle del settore agricolo e manifatturiero. La banca fornisce le risorse finanziarie per investire nell’efficientamento dei processi produttivi sotto l’aspetto dei consumi di acqua e Acea, dal canto suo, fornisce la consulenza, la tecnologia e il supporto tecnico alle imprese che hanno necessità di migliorare i loro processi».
Nel proprio focus sul settore, l’Osservatorio sul settore idrico ha anche evidenziato il ruolo fondamentale del capitale umano. Al riguardo, la formazione di figure professionali in grado di interpretare il nuovo paradigma produttivo rappresenta un passaggio indispensabile per promuovere una gestione integrata dell’acqua, che tenga insieme redditività e sostenibilità. Per questo Acea e Intesa Sanpaolo hanno unito ulteriormente le forze per promuovere l’erogazione di un master in water management che avrà inizio nel 2026. L’obiettivo è formare i professionisti del futuro (i water manager, appunto) in grado di affrontare le sfide legate alla transizione ecologica, alla digitalizzazione dei servizi idrici e alla gestione efficiente delle infrastrutture. Acea, nello specifico, metterà a disposizione le sue professionalità e le sue competenze per una gestione dell’acqua più efficiente e più sostenibile all’interno delle filiere produttive, alla luce della consolidata esperienza e del primato acquisito nell’intero ciclo idrico: il gruppo, che è primo operatore idrico in Italia e secondo in Europa, solo nel nostro Paese serve oltre 11 milioni di abitanti in otto regioni, gestendo 90mila chilometri di rete idrica e 1.400 impianti di depurazione.
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