In un’era segnata da instabilità geopolitica, nuove barriere commerciali e una rapida accelerazione tecnologica, la creazione di valore per le aziende trascende la mera performance finanziaria, configurandosi come una complessa sfida strategica a 360 gradi. In tale contesto l’Asia si fa largo nella nuova classifica delle aziende Value Creators 2025 di Boston Consulting Group (BCG)
Nella classifica interattiva di BCG con le aziende che si posizionano tra le Top 50 Large-Cap Value Creators nel periodo 2020–2024, al primo posto vede confermarsi Nvidia, con un rendimento medio annuo (TSR) dell’87% e una capitalizzazione di mercato di oltre 3.280 miliardi di dollari. L’azienda ha cavalcato in modo eccezionale la crescente domanda di potenza computazionale legata all’intelligenza artificiale. Tesla si posiziona al secondo posto, con un TSR del 70,6%, seguita da Arista Networks (54,0%), Broadcom (53,2%) e BYD, prima rappresentante cinese, con un TSR del 49,1%.
La top ten include anche player di spicco nei settori software, farmaceutico e finanziario come CrowdStrike, Eli Lilly, KKR, Palo Alto Networks e Hitachi, evidenziando una notevole diversificazione settoriale tra i principali creatori di valore.
I dati aggiornati al primo trimestre del 2025 segnalano alcune inversioni di tendenza per alcune società, a partire da Tesla (-35,8%), Arista Networks (-29,9%) e Broadcom (-27,6%) che hanno subito significative correzioni di mercato in un contesto macroeconomico globale caratterizzato da rallentamenti, tensioni geopolitiche e instabilità finanziaria. Nonostante questa volatilità congiunturale, 38 delle 50 aziende large cap presenti nella classifica quinquennale manterrebbero la loro posizione di leadership anche considerando le performance fino a marzo 2025, indicando una robustezza strutturale intrinseca.
Dominio dell’Asia, solo tre europee tra le prime 100
L’Asia-Pacifico si afferma come la regione trainante, conquistando 68 delle prime 100 posizioni globali delle aziende a maggiore creazione di valore, un incremento significativo rispetto all’anno precedente, pur rappresentando solo il 40% del campione analizzato. Protagonista indiscussa è l’India, con 29 aziende tra le prime cento e ben 72 posizionamenti nelle top ten settoriali.
Le società statunitensi occupano 28 posizioni nella top 100, in calo rispetto alle 38 dell’anno precedente, pur costituendo il 38% del database. L’Europa, invece, mostra una flessione significativa, con sole tre aziende nella top 100, in diminuzione rispetto alle nove del 2024 (su quasi un quinto della base analizzata). In 19 dei 35 settori considerati, non figura alcuna impresa europea tra le prime dieci. Le uniche eccezioni si riscontrano in comparti con solide radici storiche nel continente: farmaceutica (con quattro aziende nella top ten), banche, media e pubblicità, e il tradizionale settore della moda e del lusso. Tuttavia, si tratta più di casi isolati che di una strategia continentale coesa, suggerendo la necessità per l’Europa di rilanciare con decisione innovazione, scala e competitività per colmare il divario crescente.
L’Italia, pur non annoverando aziende nella top 100 globale, evidenzia alcune eccellenze nei ranking settoriali. Il comparto fashion & luxury, fiore all’occhiello del Made in Italy, si conferma robusto in termini di TSR e vitalità. Tuttavia, la mancanza di scala rappresenta un limite significativo, con poche aziende italiane capaci di competere per capitalizzazione, ambizione e internazionalizzazione con i grandi player globali, penalizzando la visibilità del Paese nei contesti più avanzati.
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