I colossi del lusso accendono il risiko del cashmere in Italia. Una sfida a distanza in particolare per le due rivali storiche francesi, Hermès e Lvmh, che dopo essersi contese per tutto il 2025 il primato di capitalizzazione ora giocano una partita, sul filo di cashmere, mettendo le mani sui pezzi pregiati della produzione nostrana.
Lvmh possiede dal luglio 2013 l’80% di Loro Piana e qualche giorno fa la «nemica» Hermès ha messo le mani sul 15% di Lanificio Colombo, suo storico fornitore. Un affondo, quello delle maison francesi, che parte dall’esigenza di assicurarsi prodotti d’eccellenza per fare la differenza in un mercato sempre più esigente e continua nel solco della necessità di avere un maggiore controllo sui propri fornitori.
Per l’Italia, che ha una tradizione produttiva storica nel cashmere, si tratta di un interesse che va oltre le avance: nel mirino ci sono le aziende del territorio, il cuore produttivo del settore. Per l’esattezza 2000 imprese, tra grandi e piccole, concentrate in due distretti per un fatturato che nel 2024 ha toccato i 30 miliardi di euro, in flessione dell’8,6% sul 2023. Oltre a Loro Piana e Lanificio Colombo sono tanti i nomi più o meno noti. A partire da Brunello Cucinelli, che non è però contendibile (come ha chiarito il fondatore annunciando un trust per il futuro dell’azienda), fino a Fratelli Piacenza, Ermenegildo Zegna, Lamberto Losani, Gardena spa, Della Ciana, Malo (da marzo controllata da un fondo Usa) e MaisonCashmere.
Ci sono due aree geografiche riconosciute per questo settore produttivo: la zona piemontese del biellese e il distretto tessile umbro. L’Umbria ospita circa 500 aziende specializzate nella lavorazione del cashmere, principalmente nei dintorni di Perugia. Questa concentrazione ha portato a definire l’area come il distretto del cashmere, riconosciuto a livello internazionale per l’eccellenza, e rappresenta circa il 40% della produzione italiana di questa fibra. Lo stesso vale per il distretto biellese che conta circa 1.575 imprese concentrate in 82 Comuni.
Conduzione familiare
Tornando alle manovre dei grandi gruppi, Hermès aveva dichiarato da tempo di voler integrare ulteriormente le sue catene di approvvigionamento, in particolare nel settore delle calzature e dell’abbigliamento. Un movimento che era stato proprio spiegato con l’intenzione di concludere investimenti di minoranza o di maggioranza. L’affondo su Lanificio Colombo potrebbe quindi essere solo l’inizio.
La «preda» è una storica realtà piemontese a conduzione familiare, specializzata in lavorazione e produzione di tessuti in cashmere e fibre nobili, che ha chiuso il 2024 con un giro d’affari di 100 milioni di euro (-6%) e utili per 7,9 milioni (-7,53%). Una flessione che potrebbe aver convinto la famiglia proprietaria a un sostegno esterno aprendo il capitale. Questo anche se, al momento, sembra che la seconda generazione della famiglia Colombo, attualmente guidata da Alessandro Colombo, manterrà il controllo dell’azienda lasciando per ora Hermès a ricoprire il ruolo di partner strategico.
Inevitabilmente però ora la sfida tra Lvmh ed Hermès coinvolgerà in modo stringente i gruppi italiani del cashmere ancora più in competizione e sotto i radar dell’alta moda. Una competizione che si giocherà su due tavoli: quello della qualità e quello della sostenibilità. Secondo i rapporti del Wwf, la produzione di cashmere danneggia gli ecosistemi, con particolare attenzione alla Mongolia, dove lo sfruttamento dei pascoli contribuisce al degrado del territorio. Molti marchi hanno così adottato un sistema di filiera trasparente, sebbene i costi finanziari associati a tali pratiche ecocompatibili potrebbero spingere i piccoli operatori ad abbandonare il settore. Pertanto, gli stakeholder che operano in questo nuovo mercato devono affrontare queste complesse sfide per sfruttare appieno il potenziale delle miscele di filati di cashmere, mantenendo al contempo l’impegno per la sostenibilità. Uno studio e una ricerca continua per i quali servono risorse e tecnologie e quindi investimenti. Aspetto che può rendere maggiormente contendibili i piccoli gruppi.
Tanto più alla luce del crescente interesse del mercato. Secondo un rapporto di ResearchAndMarkets.com, si prevede che il business del cashmere raggiungerà un valore globale stimato di 2 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annuo composto del 5,2%. Si prevede inoltre che il mercato globale delle fibre riciclate raggiungerà i 10 miliardi di dollari entro il 2025, e le miscele di cashmere diventeranno un fattore importante in questa crescita, in particolare attraverso iniziative eco-consapevoli.
Riciclo
Loro Piana, ad esempio, realizza cashmere riciclato proveniente da eccedenze di maglieria della maison. «Spogliate di eventuali cuciture e cerniere, e divise in macrocategorie di colori, le maglie vengono lavate, aperte e ridotte in sottoprodotti di filatura, poi mescolati con del cashmere vergine non tinto per ottenere una mista della stessa qualità e valore di un nuovo cashmere. Occorrono circa tre giorni per produrre un solo capo di maglieria di questa preziosa capsule: il risultato è unico grazie al know-how della maison, capace di rielaborare le proprie fibre di origini diverse e di ottenere una mano così straordinaria al tatto», dichiara il marchio.
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