Mentre nei corridoi della politica prosegue il bisticcio sull’aumento della tassa sugli affitti brevi dal 21 al 26%, il mercato immobiliare non allenta la morsa attorno al collo di chi ogni giorno si alza per andare al lavoro e deve procurarsi un tetto sopra la testa. Ma anche di chi deve vendere la casa che, nel suo valore, custodisce decenni di risparmi famigliari. E a fare da “sanguisughe“ ci si mettono di buona lena le agenzie immobiliari, spesso con guadagni non dichiarati al fisco.
A Milano il mercato degli affitti continua a essere uno dei più redditizi per gli intermediari immobiliari. Secondo un’indagine condotta da Moneta, il margine medio di guadagno si attesta intorno al 15% del canone annuale, ma nei casi più competitivi può arrivare anche al 20%. Una percentuale notevole, che grava interamente sull’inquilino. Al proprietario, invece, viene generalmente richiesto un contributo una tantum compreso tra i 500 e i 1.000 euro, anche se si tratta di una cifra spesso negoziabile. A spingere in alto i prezzi nel capoluogo meneghino hanno contribuito anche le Olimpiadi invernali che Milano ospiterà insieme con Cortina nel 2026. L’aumento della richiesta di affitti brevi – secondo Deloitte per Airbnb l’indotto dovrebbe superare i 154 milioni di euro – ha aumentato la scarsità di locazioni a lungo termine, mettendo spalle al muro le persone in cerca di un alloggio, costrette ad accettare le assurde condizioni imposte dalle agenzie.
A Roma la situazione è leggermente più favorevole: le agenzie applicano in media una commissione pari al 10% del canone annuale, mentre al proprietario è chiesta una mensilità. A Firenze in molti casi l’intermediazione costa una mensilità sia all’affittuario sia al padrone di casa. A volte può essere richiesto all’inquilino il 10% del canone annuo. Simile lo schema a Bologna, dove l’agenzia trattiene il 10% del canone dall’inquilino e una mensilità dal proprietario. A Venezia la regola è una mensilità per parte, sia da chi affitta che da chi mette offre l’immobile. In pratica su un affitto di 2mila euro al mese l’agenzia può arrivare a incassare fino a 4.800 euro.
Provvigione
Anche per chi cerca di vendere casa la situazione non è vantaggiosa. La provvigione per le agenzie immobiliari varia in base al prezzo effettivo di vendita dell’immobile e oscilla tra il 2% e il 5% più Iva, spalmata, a seconda degli accordi, tra compratore e venditore. In pratica, su una casa venduta a 200mila euro, l’agenzia può incassare fino a 10mila euro. Nei casi in cui il valore dell’immobile sia al di sotto di una certa cifra (tra i 100 e i 130mila circa), viene stabilito un compenso fisso, tipicamente tra i 4mila e i 5mila euro.
Margini robusti, probabilmente troppo per un mercato cui sono costretti ad accedere quanti vivono del proprio salario e non hanno la fortuna di avere ricevuto in eredità o in regalo un immobile che li tenga al riparo da affitti e mutui che divorano gran parte dello stipendio. Aggiungiamo anche il nuovo dato Istat sugli stipendi: nonostante una crescita superiore all’inflazione, le retribuzioni reali sono oggi inferiori dell’8,8% rispetto al 2021, ancora troppo al di sotto della media europea. Secondo gli ultimi dati Eurostat e Ocse i lavoratori italiani guadagnano 5mila euro all’anno in meno rispetto al resto dei lavoratori dell’Unione.
Non a caso secondo il diciassettesimo Rapporto sull’Abitare di Nomisma, realizzato in collaborazione con Crif, quasi sei famiglie su dieci (59,3%) considerano oggi l’affitto come l’unica soluzione abitativa possibile, una percentuale in aumento rispetto al 56% registrato nel 2023. Il problema resta il peso crescente dei canoni di locazione, che assorbono in media il 40% del reddito familiare. Un inquilino su due in Italia lascia l’abitazione senza essere riuscito a saldare il canone e il 62% degli affittuari paga in ritardo (SoloAffitti). Il dato scandaloso è che i casi di morosità risultano più frequenti proprio tra le fasce d’età in piena attività lavorativa, con un picco tra i 40 e i 49 anni. Ecco l’ingiustizia di un Paese che non premia chi lavora: oggi chi ha un impiego, paga servizi, pensioni e contribuisce alla produttività, riceve lo schiaffo di chi lucra su un bene essenziale come la casa. Il tutto in cambio di un servizio quasi inesistente. Il paradosso? «Molti per prendere in affitto un immobile pagano all’agenzia immobiliare fino a sei mensilità in anticipo», spiega a Moneta Silvia Paoluzzi, segretaria nazionale dell’Unione Inquilini. «Negli ultimi anni i costi delle agenzie sono lievitati», conclude. Non solo, secondo il sindacato molti utenti testimoniano di pagamenti in nero agli agenti immobiliari sia nelle compravendite che negli affitti.
Il servizio offerto in cambio di tanto generose remunerazioni è limitato: solitamente l’agenzia si occupa di sbrigare le questioni burocratiche legate alla stipula del contratto, di consegnare le chiavi e di fare un video prima dell’ingresso dell’inquilino e dopo. Tutto qui. Nelle città più richieste, come Roma e Milano, spesso è il proprietario che cerca e trova il possibile inquilino. Anche tutti i rapporti durante il periodo di affitto sono gestiti personalmente e in modo autonomo tra le due parti, senza l’intervento dell’intermediario immobiliare. Stesso vale per la vendita: l’agenzia è responsabile solo della mediazione. Alcune inchieste hanno inoltre svelato come queste società, in particolare le catene franchising, si servano di giovani senza l’abilitazione professionale da mediatore, che lavorano una media di dieci ore al giorno per una retribuzione lorda di 4 euro l’ora, in un regime di finta partita Iva.
Ritocchini
Un affare per chi lavora nel settore e un «furto» per chi – rimasto senza alternative e pressato da un bisogno che lo costringe ad accettare il prezzo imposto – resta invischiato. Con i proprietari di casa che vogliono affittare il proprio immobile il trattamento è più morbido: «Quanto vorrebbe pagare di commissione? Mi dica lei un prezzo», chiedono all’interessato. Un’aggiustata qui, una stretta di mano lì, i soliti «poi vediamo», «ci mettiamo d’accordo». Diversa a situazione per gli inquilini: lì la tagliola è rigida, in o out.
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