In superficie, nulla sembra cambiato: l’attenzione mediatica di sempre, le banchine tirate a lucido, le imbarcazioni disposte in rassegna per il consueto rito di fine estate. Il Salone nautico in corso in questi giorni a Genova continua a presentarsi come una vetrina di prestigio, forte di una tradizione che affonda le proprie radici nel passato. Eppure, sotto il pelo dell’acqua, qualcosa pare agitarsi. L’evento ligure, per decenni punto di riferimento indiscusso per l’industria nautica italiana e internazionale, appare infatti meno sfavillante di un tempo, stretto da una concorrenza mediterranea sempre più competitiva e da una serie di criticità che stanno contribuendo a eroderne il primato.
A dar voce a questa percezione sono gli stessi addetti ai lavori. «Il Salone di Genova è una grande festa generalista ed è giusto che sia così, ma negli ultimi anni si sono visti sempre meno clienti altospendenti. Questo rappresenta un campanello di allarme», confida a Moneta il top manager di un’azienda leader del settore nautico. In altre parole: gli oltre 120mila visitatori arrivati anche quest’anno sotto la Lanterna sono una buona notizia per le casse dell’evento, che su questo fronte si conferma primo in Italia (benché lontano dalle quasi 190mila presenze del 2019 e dai 200mila biglietti di Düsseldorf), ma non fanno davvero la differenza per i grandi cantieri. Il consistente afflusso di appassionati che caratterizza la kermesse genovese, infatti, non sempre si traduce in nuovi ordini. Soprattutto quando il target non è quello dei piccoli diportisti. «Il nostro scontrino medio si aggira attorno a sei milioni di euro», spiega infatti la nostra fonte, secondo la quale l’appuntamento genovese starebbe perdendo appeal proprio tra la clientela di altissima gamma: «A Genova lo scorso anno abbiamo venduto poco. A Cannes invece abbiamo avuto più soddisfazioni». Da qui, l’ulteriore dichiarazione forte, pronunciata forse per il gusto della provocazione: «La tentazione di non andare più a Genova, quasi quasi, c’è».
Affari tra le onde
Un’iperbole non troppo rassicurante, considerando che il mercato globale dei superyacht è stato stimato a 31,8 miliardi di dollari nel 2024, con una proiezione a oltre 45 miliardi entro il 2031. Peraltro, l’Italia detiene la leadership globale nella produzione di barche sopra i 30 metri, catalizzando oltre il 50% degli ordini. E altre recentissime rilevazioni confermano che, anche nel nostro Paese, a trainare il mercato è il charter di lusso, un ambito che – a differenza della sua compagine tradizionale – sta vivendo un periodo d’oro sia in termini di prenotazioni (+44%) che di fatturato (+75%). Genova non può e non deve perdere d’attrattiva su questa clientela.
Lontano da microfoni e taccuini, i principali protagonisti del settore ripetono più o meno le stesse motivazioni quando cercano di spiegare perché il Salone ligure non sia più «quello dei tempi d’oro». Innanzitutto, guardano al calendario. L’appuntamento, infatti, è letteralmente schiacciato tra il Cannes Yachting Festival e il Monaco Yacht Show, due eventi che strizzano l’occhio in modo esplicito proprio ai potenziali acquirenti dei super e megayacht. «Molti armatori iniziano a chiedersi se valga davvero la pena spostare in pochi giorni le loro flotte dalla Costa Azzurra alla Liguria, per poi rispedirle di nuovo a Monaco. C’è una questione di logistica, oltre che di costi». Peraltro, mentre altri saloni si rivolgono a target di mercato piuttosto definiti, Genova mantiene un’identità ibrida, che spazia dalle imbarcazioni di lusso alla piccola nautica. Inoltre, l’area espositiva genovese risulta più frammentata rispetto a quelle concorrenti, anche se questa criticità verrà presto meno con la piena fruizione del nuovo Waterfront di Levante.
Riflettori puntati, poi, su infrastrutture e servizi, altro tasto dolente. L’aeroporto del capoluogo ligure ha infatti connessioni limitate rispetto agli scali di Nizza, Düsseldorf o Miami/Fort Lauderdale, che servono gli altri principali eventi del settore. Il discorso – fa notare a Moneta il consulente strategico di un’altra grande azienda – va esteso anche alle boutique di lusso, ai ristoranti, agli hotel cinque stelle e ai loro servizi più esclusivi. «Per quanto sia accogliente, Genova non regge il paragone con Monaco o con la Croisette di Cannes». Sommando le criticità evidenziate, il quadro non sembra dei più esaltanti. Mayday.
Il compito delle istituzioni, a cominciare sindaco di Genova, Silvia Salis, è ora quello di cogliere questi segnali di allerta per preservare la forza e la centralità di un appuntamento così rilevante, anche da un punto di vista economico.
Dalla Lanterna alla Laguna
Intanto, mentre il lusso assoluto è tentato di spiegare le proprie vele verso nuovi lidi, un’altra ex repubblica marinara attraversa una sorte differente e opposta. Venezia, infatti, può trarre vantaggio proprio da questa situazione, candidandosi a diventare il nuovo polo espositivo italiano di riferimento per la cantieristica navale di altissima gamma. I motivi a favore della Serenissima sono presto detti. In calendario, il Salone di Venezia è piazzato molto bene (a fine maggio, dunque all’inizio della stagione espositiva mediterranea) e questo agevola gli armatori anche nella logistica. Poi, la città lagunare ha una serie di caratteristiche già citate e gradite al target altospendente: numerosi hotel extralusso, boutique di alta moda, manifatture locali di eccellenza, infrastrutture ben collegate. Per restare sulla rotta impostata dai top player, Genova deve quindi raddrizzare il timone prima che sia troppo tardi. Perché senza grandi compratori, anche il miglior salone nautico resta fermo al molo.
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