Stellantis, Ex Ilva, Ex Alitalia, Stm. Sono tante le grandi aziende che nel 2025 hanno chiesto di fare ricorso alla cassa integrazione con numeri importanti che, in alcuni casi, potrebbero anche salire. Auto e siderurgia sono al centro della bufera con un totale di 12mila cassa integrati solo tra Stellantis e Ilva. Ma la tendenza risparmia ben pochi settori.
L’Italia è un Paese in cassa? Sicuramente ha un esercito di inattivi che preoccupa, così come preoccupano le ragioni alla base di questo trend.
Nel primo semestre dell’anno l’Inps ha autorizzato circa 314 milioni di ore di cassa integrazione. Tradotte in “assenza completa” dal lavoro, equivalgono allo stop produttivo di oltre 300mila persone. E quasi nove beneficiari su dieci appartengono ai comparti industriali, dove si concentra la grande maggioranza delle richieste. In particolare, secondo l’ultimo Osservatorio sulle ore di Cassa Integrazione, a giugno sono state autorizzate in totale 46,034 milioni di ore, +6,9% rispetto al precedente mese di maggio 2025 (43,1 milioni di ore) e +30,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (35,3 milioni di ore).
Con riferimento a tutto il secondo trimestre 2025 il numero di ore autorizzate si è attestato a quota 137,1 milioni, in aumento dalle 120,6 milioni di ore autorizzate nello stesso periodo 2024.
Milioni di ore che in molti casi possono essere l’utile misura per affrontare un periodo di crisi, ma che in tante altre situazioni si stanno rivelando come una strada per procrastinare crisi irrisolvibili e prendere tempo anche di fronte alla chiara impossibilità, come nel caso Ilva, di mantenere oltre 10mila dipendenti con una produzione per la quale ne bastano la metà.
D’altra parte, in Paesi come Stati Uniti, Colombia, Argentina e Brasile, ridurre i propri dipendenti per un’azienda che motiva la decisione con ragioni economiche è molto semplice e non serve neanche un preavviso. “At will”, cioè “a totale discrezione del datore di lavoro” è il mantra a stelle e strisce. In Italia e in tutta Europa invece la possibilità è difficilmente contemplata.
Ma i nodi stanno venendo al pettine. L’industria italiana nel 2025 sta registrando una produzione industriale in calo, come confermato dai dati Istat di maggio e giugno 2025 che mostrano contrazioni, seppur intercalate da un breve rialzo. Una situazione di stagnazione che è attribuita alla debolezza della domanda interna ed estera, all’incertezza globale causata dall’escalation protezionistica e dalla guerra commerciale, e a una generale mancanza di competitività europea dovuta a burocrazia e al Green Deal. Non a caso il clima di fiducia diminuisce nell’industria.
Tornando ai casi del 2025, il più eclatante è quello di Stellantis con 7.870 lavoratori interessati: quelli di Termoli (1.823), Pomigliano d’Arco (3.750), e i 2.297 colleghi di Mirafiori.
Dall’auto alla siderurgia, l’ex Ilva ha messo oltre 4mila dipendenti in standby in attesa di una schiarita che per ora resta lontana e lastricata di complicazioni.
Quanto a Stm, nonostante 2 miliardi di fondi statali e quasi 300 milioni arrivati dal Pnrr, l’azienda italo francese di semiconduttori ha chiesto la cassa integrazione ordinaria per alcune settimane per il sito di Catania per 2.500 dipendenti su un totale di 5.400 dipendenti operativi nello stabilimento siciliano.
Misura contemplata da migliaia di piccole e medie aziende che compongono il nostro tessuto industriale. Tra i grandi, figurano Benetton, con la ristrutturazione della casa d’abbigliamento, Leonardo a Grottaglie (a gennaio), Beko e Comau. Dopo i 715 dipendenti messi in cassa tra giugno e luglio, l’azienda ha annunciato altri tre giorni a settimana di stop fino a fine anno.
Resta poi l’annosa questione che riguarda l’ex compagnia di bandiera la cui cassa è stata prorogata più volte, con l’ultimo accordo che ha esteso il trattamento al 31 ottobre 2025 per circa 2.118 dipendenti. Questa misura ha evitato i licenziamenti collettivi, che erano previsti a partire da fine 2024, in attesa di soluzioni strutturali.
Quali? Al momento non è dato sapere. I contribuenti italiani attendono dalla ristrutturazione del 2017 quando Alitalia è divenuta Ita Airways.
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