Le catene di fornitura globali sono oggi sottoposte a tensioni senza precedenti, sospese tra crisi geopolitiche, interruzioni logistiche, nuove barriere commerciali, la crescente attenzione a criteri ESG e gli aggiornamenti normativi, come la nuova Direttiva Omnibus, che hanno introdotto nuove sfide, potenzialmente indebolendo i requisiti di trasparenza e due diligence nelle catene di approvvigionamento. Come osserva Azzurra Gullotta, Sales Manager per Italia e Spagna di Achilles, piattaforma tecnologica globale nel campo del supply chain risk management, “questo cambiamento aumenta il rischio di ridurre la trasparenza lungo tutta la catena di fornitura, l’emergere di potenziali danni reputazionali e perdite finanziarie, poiché gli stakeholder richiedono maggiore responsabilità. Secondo uno studio condotto nel 2025 sui clienti di Achilles, per lo più grandi aziende e/o quotate in borsa, questi stanno investendo in tecnologie digitali che offrano maggiore visibilità e controllo sui rischi della supply chain, mentre le più avanzate stanno costruendo processi di due diligence ancora più robusti per identificare, valutare e mitigare proattivamente tali rischi. Questo approccio proattivo non solo affronta le interruzioni immediate, ma prepara anche le aziende a futuri cambiamenti normativi e alle aspettative degli stakeholder.
Secondo l’EY Supply Chain Quarterly Update (Q1 2025), l’indice globale di pressione sulle supply chain (Global Supply Chain Pressure Index) ha registrato livelli significativamente inferiori rispetto ai picchi del 2021-22, attestandosi a -0,31% a gennaio e -0,07% a febbraio, suggerendo un continuo allentamento delle tensioni. D’altro canto, sul fronte politico, le proposte di nuovi dazi da parte del governo statunitense spingono le imprese a ricalibrare le reti di approvvigionamento e produzione, in un contesto dove anche la gestione del rischio di cambio sta diventando ancora di più una leva strategica per le imprese. “Le fluttuazioni delle valute – spesso rapide e difficili da prevedere – possono generare impatti significativi sulla marginalità, aumentare i costi delle forniture e mettere sotto pressione le relazioni finanziarie lungo la supply chain, soprattutto nelle realtà che operano in valute estere”, interviene Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia. “La volatilità valutaria, infatti, non colpisce solo le imprese direttamente esposte, ma può riflettersi anche a livello indiretto, attraverso l’indebolimento dei fornitori o la necessità di rivedere termini e condizioni contrattuali con partner internazionali. In questo contesto, è fondamentale rafforzare la capacità di monitorare l’esposizione ai cambi e attivare tempestivamente strumenti di copertura. Una gestione consapevole e anticipatoria del rischio valutario consente alle imprese non solo di proteggersi, ma anche di pianificare con maggiore solidità, mantenendo stabilità nei rapporti con fornitori e clienti lungo tutta la catena del valore”.
In questo scenario in rapida evoluzione, le imprese stanno riscoprendo la supply chain non più come semplice funzione logistica, ma come leva strategica da proteggere, monitorare e innovare. A partire dal controllo sull’affidabilità legale e fiscale dei partner commerciali che diventa una vera e propria condizione per la sostenibilità economica e reputazionale. “Non si tratta solo di tutelarsi da sanzioni o contenziosi: l’affidabilità legale e fiscale, la solidità organizzativa e la correttezza dei comportamenti dei propri interlocutori influenzano direttamente la sostenibilità economica e reputazionale di un’azienda. Collaborare con soggetti opachi espone a rischi silenziosi ma sistemici, che si insinuano nei processi e ne compromettono l’affidabilità nel lungo periodo – avverte Marco Sartori, ceo di KYP. – È fondamentale che le imprese integrino la verifica di affidabilità legale nei processi di procurement e nella governance dei fornitori, esattamente come avviene per la qualità tecnica o la sostenibilità ambientale. Solo così è possibile costruire una filiera realmente resiliente, in grado di affrontare le sfide attuali non con approcci reattivi, ma con consapevolezza e lungimiranza”.
Il tema della responsabilità nella gestione della supply chain si connette anche alla dimensione geoeconomica della sostenibilità, dove l’economia circolare emerge come driver trasformativo. “Il sistema economico mondiale dovrà presto smettere di essere un mostro senza testa, dove ci si disinteressa del comportamento di partner e fornitori e dove il maggiore profitto si ottiene lavorando con chi ha gli standard ambientali e sociali più bassi”, prevede Giuliano Maddalena, direttore di SAFE, hub di consorzi delle economie circolari. “Mercato, opinione pubblica e legislatori esigono, sempre di più, filiere economiche trasparenti, sostenibili e monitorate. Ciò apre un nuovo capitolo geoeconomico, perché raramente le filiere funzionano dentro i confini di un solo paese o zona del mondo. Dalla responsabilità di filiera scaturiscono, in modo naturale, l’autonomia e la leadership strategica dei paesi che scelgono gli standard sociali ed ambientali più alti. Il più grande pilota di questa trasformazione è l’Economia Circolare: approccio di ampio consenso internazionale che per funzionare ha bisogno di cabine di regia che coordinino le filiere monitorandone tutti gli anelli. SAFE è da quasi vent’anni all’avanguardia del cambiamento. Grazie al disciplinare Ecoguard, che mettiamo a disposizione di tutti e che è stato accreditato istituzionalmente come modello da imitare, riusciamo a tracciare, controllare e monitorare il percorso di ogni singolo rifiuto, andando a verificare e qualificare ogni player coinvolto e favorendo, allo stesso tempo, la simbiosi industriale tra imprese di settori e paesi diversi”.
In questo scenario, la digitalizzazione e la tracciabilità si rivelano strumenti chiave per affrontare la complessità. Come osserva Daniele Civini Head of Sales di JAGGAER Italia, “in uno scenario così mutevole e in costante evoluzione, solo l’adozione di tecnologie intelligenti e integrate può garantire alle aziende la capacità di reagire con prontezza, ridurre i rischi e preservare il proprio vantaggio competitivo sul mercato. In questo senso il procurement, che negli ultimi anni ha vissuto una trasformazione, oggi assume un ruolo sempre più strategico: da funzione operativa diventa motore di innovazione e cuore pulsante della strategia aziendale, chiamato a gestire in modo integrato rischi, sostenibilità (ESG) e compliance, affrontando al contempo le sfide quotidiane del business. Grazie all’uso evoluto dei dati e all’intelligenza artificiale, il procurement diventa predittivo, capace di anticipare criticità e orientare decisioni più ponderate. L’automazione, poi, libera tempo prezioso da attività ripetitive, migliorando produttività e coinvolgimento delle persone. Questo cambio di paradigma permette alle aziende di trasformare il procurement in un motore di valore, sempre più agile, proattivo e capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto e alle diverse esigenze di business”.
Eppure, molte filiere industriali restano ancora ostaggio di processi manuali e scarsamente digitalizzati. Aggiunge Edoardo Gava, co-founder di Compri AI, start up che nasce per dare ai team procurement industriali strumenti concreti per lavorare meglio, più velocemente, e con maggior controllo sulle proprie filiere, “il procurement resta uno degli ambiti meno digitalizzati. La risposta non può più essere manuale. Serve un cambio di paradigma: tecnologie basate sull’intelligenza artificiale che non solo offrano visibilità sui dati, ma che supportino attivamente i team acquisti, automatizzando il lavoro operativo e guidando decisioni più rapide, intelligenti e resilienti. In un contesto instabile, è fondamentale avere una visione sempre aggiornata della propria supply chain: sapere in tempo reale dove si trovano ordini e consegne, rilevare variazioni di prezzo, individuare forniture critiche e attivare – dove necessario – politiche di dual sourcing. L’obiettivo deve essere duplice: liberare tempo dalle attività a basso valore – come rincorrere fornitori tra email, fogli Excel e PDF disorganizzati – e rendere la catena di fornitura più robusta. I sistemi devono essere al tempo stesso reattivi e predittivi, in grado di segnalare tempestivamente ritardi o rischi di fermo produttivo e di informare le persone giuste, al momento giusto”.
La tracciabilità è al centro delle riflessioni di Alessandro Chelli, fondatore di Trusty, che gestisce filiere agroalimentari in modo sicuro e tutelato. “Le supply chain stanno vivendo un’evoluzione profonda: la raccolta dati e la tracciabilità digitali sono ormai imprescindibili per garantire trasparenza, efficienza e sostenibilità. Non è più sufficiente conoscere i propri fornitori: oggi servono dati affidabili, digitalizzati e verificabili. Con Trusty supportiamo le imprese nella trasformazione della gestione di filiera, utilizzando blockchain e automazione per integrare i processi, semplificare la compliance e costruire filiere tracciabili, documentate e sicure, capaci di rispondere alle richieste di mercato, normative e ambientali”.
L’innovazione oggi non passa più solo dal prodotto, ma dalla capacità di orchestrare filiere complesse. Lo dimostra il caso di Radia, impegnata nella costruzione di WindRunner, l’aereo cargo più grande al mondo. “Mettere in rete le eccellenze tecnologiche e industriali a livello mondiale è un cambio di paradigma, soprattutto in un’epoca in cui le supply chain sono sottoposte a crescenti pressioni – commenta Mark Lemke, vice president of supply chain. – La vera innovazione risiede nella capacità di orchestrare un ecosistema globale in cui ogni attore contribuisce con il meglio del proprio know-how, expertise e delle proprie infrastrutture. In questo senso, progetti, come il nostro per la costruzione di WindRunner, l’aereo cargo più grande al mondo, che uniscono capitali intellettuali e industriali dimostrano come la supply chain possa evolvere da funzione operativa a leva strategica e abilitante, con un impatto trasformativo su interi settori”.
Anche settori all’apparenza meno critici, come quello degli eventi aziendali, stanno risentendo della complessità crescente delle supply chain. “La crisi delle catene di fornitura globali ha portato alla luce una verità trasversale a tutti i settori: senza controllo e trasparenza, la complessità si trasforma in vulnerabilità. Questo vale anche per il mondo degli eventi aziendali, un mercato che in Europa vale 82 miliardi di euro. Le aziende medio-grandi gestiscono ogni anno migliaia di iniziative attraverso una rete di fornitori spesso frammentata e priva di una visione integrata che determina processi disallineati, inefficienze operative e rischi crescenti su costi, tempi e qualità. La risposta passa dalla costruzione di un ecosistema connesso, abilitato dalla tecnologia, dove ogni attore deve essere parte di una rete tracciabile e responsabile. È un modello che sta già generando valore nel nostro settore, ma che può essere replicato ovunque la complessità sia la regola”, conclude Daniele Arduini, ceo di Kampaay, agenzia innovativa per l’organizzazione di eventi aziendali.
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