Il lusso, come Dio, si nasconde nei dettagli. Dettagli che possono essere percezioni visibili, olfattive e financo tattili. Esperienze. Facciamo un esempio: una bottiglia di vino. Berla è solo l’ultimo gesto dopo averla osservata, toccata, aperta e, probabilmente, annusata. Quindi una delle prime cose – se non la prima – che incontriamo con lo sguardo è l’etichetta. Sette volte su dieci – specialmente se avete davanti una bottiglia di un certo valore o uno dei più famosi champagne – quell’etichetta è un prodotto della Fedrigoni.
L’azienda, fondata a Verona nel 1888, è divenuta nel corso degli anni una multinazionale italiana numero uno al mondo nel settore delle etichette alimentari (dal vino, appunto, fino alla marmellata) delle carte speciali e del packaging di lusso (comprese le etichette smart e Rfid, quelle che consentono la tracciatura e l’identificazione dei prodotti). Giusto due numeri per rendere le dimensioni del gruppo: quasi 6.000 dipendenti in 28 Paesi e 73 stabilimenti in giro per il globo; il colosso vende e distribuisce oltre 25.000 prodotti in 132 nazioni.
Ma torniamo alle etichette, che non sono solo carta. In tutti i sensi. Innanzitutto perché sono l’ultimo metro del lusso, la prossimità massima con il consumatore, la certificazione – buona o disastrosa – della qualità di un prodotto. Non sarà esattamente come i diamanti, ma un’etichetta deve essere (quasi) per sempre. Provate a immaginare se, estraendo una bottiglia da un cestello di ghiaccio, scivola giù del vetro l’etichetta. Ecco, ci siamo capiti. La vita della carta di un’etichetta è estrema e deve sopravvivere a esperienze diversissime tra loro: qualche anno in un cantina polverosa, qualche mese nell’algido frigorifero di un qualche ristorante in giro per il mondo e infine, ultima eroica prova di resistenza, immersa in una glacette. Non sembra facile e infatti è difficilissimo, ci vogliono decine di professionalità per produrre pochi centimetri di etichetta con queste particolari caratteristiche. E, per sopravvivere a tutto ciò, ci vuole anche della plastica. Non sono solo carta, appunto. Almeno fino a oggi. Perché l’obiettivo del colosso, che nel 2024 ha portato a casa 2,076 miliardi di ricavi, è introdurre entro la fine dell’anno le etichette sostenibili al 100 per cento, composte di fibre naturali, eliminando totalmente ogni filamento di plastica e utilizzando bioadesivi completamente privi di idrocarburi. Una sfida che dal vino arriva direttamente a tutti gli imballaggi del lusso, dal sopraccitato champagne fino alle confezioni delle borse di Hermès. Per raggiungere questo obiettivo il gruppo ha rilevato il 20 per cento di Papkot, una startup che ha sviluppato su scala industriale il primo rivestimento in fibre naturali ad alta resistenza. «Questo investimento ha un enorme potenziale per noi – spiega Marco Nespolo, amministratore delegato del Gruppo Fedrigoni -. Abbiamo acquisito una tecnologia dirompente nel settore plastic-to-paper che ci permetterà di supportare sempre meglio i clienti nello sviluppo di packaging monomateriali in carta. Inoltre, è in continuità con le nostre attività nel settore delle carte speciali e dei materiali autoadesivi: oltre al barrier coating, questa soluzione permette di sostituire il liner dell’etichetta, solitamente in silicone, con un materiale totalmente riciclabile. Ciò è coerente con la nostra strategia ESG al 2030, che mira ad avere il 100% dei materiali progettati per una riciclabilità ottimale e per il recupero a fine vita». Però, come dicevamo all’inizio, nel lusso l’esperienza è tanto, se non tutto: la consistenza di una carta pregiata, il design di una bottiglia prestigiosa. Ma oggi, accanto all’estetica, trova spazio l’etica, cioè la responsabilità ambientale. I brand stanno ridefinendo il concetto stesso di packaging, trasformandolo in una dichiarazione concreta dei propri valori. La sfida dunque si moltiplica: aumentare la sostenibilità, senza diminuire la creatività ma, anzi, potenziandola esponenzialmente. Perché nell’era digitale l’etichetta è una porta spalancata sulla narrazione del contenuto e del brand: confezioni con QR code integrati, labels intelligenti e contenuti in realtà aumentata per un’esperienza immersiva e informativa. Così l’etichetta diventa un racconto multimediale e un prodotto totalmente sostenibile e, come nel samsara, diventa per sempre.
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