Immaginate una società in cui non solo tutta la nostra intelligenza e creatività sono state polverizzate dall’innesto dell’automazione comparso tre anni fa con il debutto di ChatGpt, ma anche tutti i nostri scambi economici. D’altra parte, se non abbiamo più bisogno di pensare, perché dovremmo occuparci delle nostre finanze? Oggi la vera corsa all’oro delle big tech è lo sviluppo di un’IA agentica. L’ambizione è riuscire a creare dei sistemi capaci di prendere decisioni e agire in autonomia, con una supervisione umana ridotta all’osso. Questa soglia tecnologica si estende anche all’universo dei pagamenti digitali, come è intuibile dalla notizia del recente accordo tra Circle – tra i principali emittenti di stablecoin a livello globale – e OpenMind, società della Silicon Valley che ha raccolto 20 milioni di dollari per sviluppare robot androidi. Le due aziende hanno annunciato un progetto di sviluppo di un sistema di pagamenti pensato per consentire transazioni dirette tra agenti di intelligenza artificiale (machine to machine). Siamo davanti all’emergere di una nuova economia delle macchine, in cui i robot possono trasferirsi denaro attraverso valute digitali, senza bisogno di intermediazione bancaria e di comandi umani. La partnership è stata presentata da OpenMind sui propri profili social: «OpenMind e Circle stanno collaborando per portare l’utilità di Usdc ai robot completamente autonomi – recita il post -. Stiamo innovando nei pagamenti da macchina a macchina e da macchina a essere umano, e abbiamo l’obiettivo di introdurre esperienze robotiche senza soluzione di continuità nella vita quotidiana».
Come funzionano questi sistemi? Immaginiamo la scena: un robot dedicato alla manutenzione di un guasto a un macchinario industriale potrebbe essere in grado di chiedere un preventivo al robot dell’azienda che si occupa della riparazione di quel macchinario, valutare pro e contro del prezzo proposto ed effettuare il pagamento in modo automatico tramite blockchain. Un notevole risparmio di tempo, pensieri e risorse.
«La rapida adozione di agenti di intelligenza artificiale autonomi sta dando origine a un nuovo livello economico in cui gli agenti effettuano transazioni e si coordinano a scale e velocità che vanno oltre la diretta supervisione umana», scrivono un gruppo di studiosi, informatici e scienziati di Google DeepMind e dell’Università di Toronto nello studio Economie degli agenti virtuali, pubblicato nel settembre scorso. Davanti ai nostri occhi distratti sta sorgendo un nuovo strato dell’economia globale, uno spazio in cui agenti di intelligenza artificiale autonomi trattano, negoziano e scambiano risorse fra loro, spesso senza intervento umano diretto e alla velocità della luce. Gli autori la chiamano “sandbox economy” e consiste nell’insieme dei mercati in cui gli agenti autonomi possono operare, come i meccanismi di asta e allocazione delle risorse, i protocolli di interoperabilità, le identità digitali e credenziali verificabili che consentono agli agenti di riconoscersi, negoziare e scambiarsi valore.
Allo stato attuale, un agente è in grado di mettere dei prodotti nel carrello di un negozio online, fare una raccolta dati e indirizzare l’utente all’acquisto. Da pochi giorni, in occasione del Natale, OpenAI ha lanciato una nuova funzione di ChatGpt: lo shopping intelligente. Il chatbot può offrire suggerimenti di acquisto personalizzati in base alle esigenze, ai gusti e al budget. Non può però sostituirsi al cliente al momento della transazione sull’e-commerce. Abbiamo quindi dei metodi di compera assistiti dall’IA, ma non ancora pagamenti autonomi e scollegati dalla volontà esplicita dell’utente.
Secondo le stime di Precedence Research, nel 2024 il mercato globale degli agenti di intelligenza artificiale ha raggiunto i 5,43 miliardi di dollari e si prevede che aumenterà da 7,92 miliardi di dollari nel 2025 a circa 236,03 miliardi di dollari entro il 2034. Il mercato globale dell’agentic commerce invece arriverà a 136 miliardi di dollari entro il 2025 e a 1,7 trilioni entro il 2030, come si legge nel report di Edgar, Dunn & Company.
Beninteso, questi sistemi di pagamento sono in fase di sviluppo. Ma nelle aziende tecnologiche si lavora a pieno ritmo alla loro diffusione e, in poco tempo, è probabile che nasca una vasta rete di agenti altamente permeabili ai mercati reali che muterà le dinamiche di distribuzione della ricchezza e del potere nella nostra società.
«I pagamenti agentici mettono in discussione i principi fondamentali del nostro consolidato sistema di elaborazione dei pagamenti online, come l’autenticazione e l’autorizzazione, e fanno scattare campanelli d’allarme in merito alla sicurezza/privacy dei dati e alla responsabilità, nonché timori di disintermediazione e correttezza del gioco da parte di commercianti e reti di pagamento», scrivono gli analisti della società di consulenza finanziaria Forrester in un report uscito a metà novembre. «Francamente è impressionante che un consumatore possa effettuare il pagamento su ChatGpt o Perplexity – riflettono -. Questo perché i pagamenti basati su agenti sfidano i principi fondamentali del nostro consolidato sistema di elaborazione dei pagamenti online (ad esempio, autenticazione e autorizzazione)». Queste tecnologie sono molto avanti nel processo di sviluppo e stanno diventando così abili da essere capaci di inserirsi facilmente in un ampio sistema di scambi economici globali.
L’alba di un’economia di robot autonomi dovrebbe davvero preoccuparci: il rischio di concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di chi controlla i sistemi più avanzati e l’infrastruttura sottostante è concreto e fa da cassa di risonanza alle laceranti disuguaglianze già esistenti. Senza un intervento normativo, gli utenti in possesso di assistenti più capaci – con maggiore potenza di calcolo, dati e strumenti – otterrebbero sistematicamente esiti economici migliori rispetto a chi dispone di agenti più deboli o non ne ha proprio. E la strada per l’acuirsi di una nuova forma di disuguaglianza digitale sarebbe spianata. In sistemi multi-agente, come si apprende dallo studio citato precedentemente, emergono strategie egoiste, sfruttatrici o discriminatorie. Oppure ancora agenti con allucinazioni, tendenze al servilismo, manipolazione avversaria o pregiudizi umani che rischiano di propagare errori economici su larga scala.
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