Dalla ciotola alla Borsa. Il poke conquista l’Italia (e non solo) e il business del piatto hawaiano a base di riso, cubetti di pesce crudo, verdura e frutta esotica vola alto. Al punto che i leader del settore pensano alla quotazione. Dopo hamburgerie, uramakerie, pizzerie gourmand, le pokerie fanno boom.
Con un giro di affari che, secondo le proiezioni, continuerà a crescere a ritmo sostenuto, con un tasso di crescita media annuo del 20% entro il 2026 e un fatturato stimato di 689 milioni di euro, il poke-fenomeno vede davanti a sé prospettive più che rosee. Altro che moda passeggera, trend in crescita e strategie di sviluppo dentro e fuori i confini nazionali per l’healthy food sbarcato in Italia, a Milano, nel 2017 con I Love Poke, ordinato a raffica nel 2020 durante la pandemia, complice il format ideale per il delivery, consacrato dall’Istat nel 2022, con l’inserimento del piatto hawaiano nel paniere degli italiani, e persino entrato nel calendario con una giornata mondiale – il 28 settembre – dedicata.
Perché funziona il poke?
In più è un pasto sano, nutriente, completo, bilanciato, personalizzabile e sostenibile. Non solo. Ha anche costi accessibili e funziona sui social, grazie alla sua estetica accattivante e colorata. Insomma, ha tutte le carte in regola o, meglio, in tavola per riscuotere tanto successo. E il bello deve ancora arrivare.
«Questo segmento della ristorazione registra, soprattutto nel nostro Paese, tassi di crescita sorprendenti, che indicano ancora grandi opportunità di crescita» dichiara Andrea Casati, vice president di Growth Capital, advisor per start up e firma del report «Il mercato del poke in Italia».
La quantità di punti vendita non fa che dimostrarlo. Da Milano a Roma, a Torino, piazze principali, passando per Genova, Napoli e Venezia, non si contano le pokerie da tante sono. E non fanno che aumentare. Tra catene – le principali: I Love Poke, Poke House, Pokeria by Nima e la romana Ami Poké – store singoli e indipendenti, continue sono le nuove aperture. Solo «I Love Poke ne prevede cinquanta nei prossimi 36 mesi tra Italia ed Europa» annuncia Rana Edwards, co-founder ed executive director del brand che, nel 2024, ha registrato una crescita del 20%, sfornato 5 milioni di bowl (ciotole) e raggiunto quota 160 store, di cui il 35% in franchising.
Da I Love Poke a Poke House
Pioniere e protagonista del segmento, all’orizzonte ha un piano di crescita che ruota attorno a «operazioni di M&A, nuove aperture dirette, sviluppo del franchising sia in Italia e sia all’estero, e 100 milioni di fatturato a fine 2025» dice Edwards. Mentre I love Poke si muove sulla scena a colpi di acquisizioni strategiche – «Poke Kal (28 store) e Poke Scuse (10 store) sono entrati in I Love Poke, con un doppio obiettivo: da un lato preservare il fatturato, dall’altro integrare i nostri sistemi operativi e di supply chain per ottimizzare l’efficienza e la redditività dei punti vendita» – Poke House non fa che attirare attenzione e interesse da parte di fondi e investitori.
Nata nel 2018 su iniziativa di Matteo Pichi e Vittoria Zanetti, rispettivamente classe 1986 e classe 1991, la poke-azienda è attiva in dieci Paesi e conta più di 180 store e mille dipendenti. «Non ci aspettavamo questo successo, forse solo nei sogni» confessa il ceo e co-founder Matteo Pichi. «Però avevamo chiaro che, prima o poi, sarebbe nato il Mc Donald’s delle bowl salutari, il fast good, e la nostra intenzione è sempre stata quella di andare in quella direzione».
Una direzione che ha incontrato il favore e il sostegno anche di Renzo Rosso, nell’orbita di investitori che gravitano attorno a Poke House insieme a Eulero Capital, FG2 Capital, MIP SGR guidata dal co-fondatore e ceo Paolo Gualdani e Angelo Moratti. Il patron di Diesel già due anni fa, con la sua Red Circle Investments, acquistava una quota del 4% dell’azienda, vedendovi grandi potenzialità e margini di sviluppo.
«Mi piace investire in aziende giovani, fatte da giovani, basate su un’alimentazione di qualità pensata e realizzata in maniera sostenibile» dichiarava Rosso nel 2023, all’indomani dal deal. «Il potenziale di sviluppo internazionale dell’azienda è evidente, e potrà contare sulla nostra esperienza mondiale nel retail, nel marketing, nella relazione con il consumatore finale, per crescere ulteriormente» aggiungeva, vedendoci bene, vedendoci lungo.
Due anni dopo Poke House – che a settembre 2024 ha ricevuto un ulteriore e generoso finanziamento di 5,5 milioni da parte di Banca Ifigest garantito da Sace – è una società benefit con ricavi che nel 2024 hanno oltrepassato quota 100 milioni, segnando una crescita sugli 89 milioni del 2023. A livello di vendite totali, invece, ha superato 130 milioni, in aumento rispetto a 119 milioni dell’esercizio precedente. E ora punta a consolidare la presenza all’estero, in particolare in Spagna, Portogallo e Uk, e ad aumentare ulteriormente il fatturato. Destino europeo ricco per il tradizionale piatto povero hawaiano.
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