Nonostante l’importante recupero di Wall Street dai minimi dell’8 aprile, uno dei punti fermi di questa prima metà dell’anno è la netta sovraperformance delle ‘altre’ Borse, a partire da quelle europee. Le politiche trumpiane e i dubbi sulla sostenibilità fiscale della prima economia al mondo hanno di fatto ridimensionato l’eccezionalismo statunitense, arrivato a vette estreme nel biennio 2023-2024 grazie alla corsa a perdifiato delle big tech. L’incertezza portata in dote dall’amministrazione Trump ha così indotto gli investitori europei a ribilanciare i loro portafogli verso i mercati domestici, anche alla luce del contestuale deprezzamento del dollaro Usa che rende meno remunerativo il posizionamento in asset a stelle e strisce.
A ben vedere, a livello total return la sovraperformance dell’Europa rispetto a Wall Street è figlia anche dei dividendi, che mediamente sono più elevati rispetto a quelli d’oltreoceano. Proprio contesti complessi e volatili, come quello attuale, invitano a rimette in primo piano le virtù delle strategie semplici e ripetibili, basate sui fondamentali. Tra gli elementi maggiormente atti a identificare le aziende con una solida disciplina finanziaria c’è proprio la voce dividendo. «Sebbene i dividendi e la loro crescita non siano garantiti, tendono a essere più prevedibili e costanti rispetto alla crescita degli utili, fornendo agli investitori un cuscinetto contro la volatilità dei mercati», rimarca Saira Malik, chief investment officer di Nuveen.
Cosa c’è dietro la cedola
Spesso si è portati a guardare in maniera miope al semplice rendimento garantito dal prossimo stacco cedola, che di per sé non è garanzia di un forte ritorno dell’investimento. In realtà, l’elevata remunerazione dei soci, se reiterata nel tempo, è sentore di fondamentali forti e l’esposizione mirata a società con alti dividendi può diventare virtuosa in termini di performance aggregate di lungo periodo. Gli elementi di carattere qualitativo e quantitativo che l’investitore deve monitorare per capire se una politica dei dividendi è sostenibile nel tempo sono diversi. «Premesso che la governance di una società è l’aspetto più importante da monitorare a prescindere dalla strategia – sottolinea Nicolò Nunziata di The Lighthouse, ufficio studi Finint Private Bank – la marginalità è un indicatore molto importante. A meno di drastici cali di fatturato, è poco probabile che una società in grado di mantenere la marginalità possa penalizzare il dividendo».
I numeri certificano inoltre come i dividendi siano una componente centrale dei ritorni azionari a lungo termine. Dall’ultimo Allianz Global Investors Dividend Study 2025 emerge come negli ultimi 40 anni quasi il 39% del rendimento totale annualizzato degli investimenti azionari con riferimento all’indice Msci Europe – che comprende le maggiori società del Vecchio continente – è stato determinato dal contributo delle cedole alla performance. Una quota ben superiore rispetto al 22% dell’azionario nordamericano che, come detto, storicamente risulta più avaro in termini di remunerazione dei soci.
Piazza affari nel gotha
Lo scorso anno le società dell’Msci Europe hanno staccato in totale 440 miliardi di euro di cedole e quest’anno l’ammontare dovrebbero salire ancora. Il dividend yield, che rappresenta il rapporto percentuale tra dividendo unitario distribuito e prezzo corrente dell’azione, segue il trend di aumento dei dividendi in termini assoluti; secondo i calcoli di Allianz Global Investors, per le società dell’indice Msci Europe, alla fine del 2024 si attestava al 3,3% e quest’anno potrebbe salire al 3,5%. A spiccare è il forte contributo delle società italiane: tra quelle incluse nell’Msci Europe, il dividend yield è previsto salire al 5,2% nel 2025, dietro solo all’Austria che è in testa alla classifica europea con un 6,2%.
In Piazza Affari a fare la voce grossa in termini di dividendi sono soprattutto i finanziari, ma non solo, con cedole che in alcuni casi – come Mps, Banco Bpm e Bper – presentano yield a cavallo della doppia cifra in base al p/e atteso per il 2025 e il 2026. «L’attuale overperformance, in particolare della componente ad elevato dividendo del Ftse Mib nei confronti di altri mercati azionari non appare solo un fenomeno temporaneo, ma ha tutte le carte in regola per diventare strutturale», rimarca Nunziata che bolla come «prudenziale» l’attuale consensus degli analisti sugli utili attesi per le blue chip italiane in quanto la disciplina finanziaria mostrata in questi anni da buona parte delle big del Ftse Mib appare destinato a tradursi in utili superiori alle stime.
Come scegliere
Identificare i titoli con dividendi sostenibili implica un’analisi approfondita delle singole società, andando ad individuare quelle con la capacità finanziaria per mantenere e aumentare i dividendi indipendentemente dal contesto economico. Un focus specifico sulle società più generose può essere ricercato anche attraverso fondi che consentono di prendere posizione in maniera specifica sulle principali azioni ad alto dividendo. Tra le soluzioni a basso costo ci sono gli Etf high dividend (chiamati anche select dividend) che si differenziano gli uni dagli altri per criteri di selezione dei titoli o limiti alle esposizioni su singoli titoli o settori; in tutti i casi è forte il focus sulla sostenibilità delle politiche di remunerazione dei soci nel lungo o lunghissimo periodo. Nel caso dell’Spdr S&P Euro Dividend Aristocrats Ucits Etf, per farvi parte le società devono aver portato avanti una politica di stabilità o di incremento dei dividendi per almeno 10 anni consecutivi; questo fa sì che l’attuale composizione veda nelle prime posizioni per peso le italiane Unipol, Generali, A2a e Terna. Di contro, l’Invesco Euro Stoxx High Dividend Low Volatility Ucits Etf presenta invece un doppio focus: alti dividendi abbinati a bassa volatilità.
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