Le criptovalute sempre più spesso finiscono sotto i riflettori e non esclusivamente per il susseguirsi di record toccati dal Bitcoin. I tentativi di truffe hanno raggiunto volumi preoccupanti e a volte si sfocia in fatti di cronaca degni di una serie crime. Emblematica in tal senso la storia di Michael Carturan, sequestrato nel cuore di Manhattan per oltre due settimane nel tentativo di estorcergli la chiave privata e impadronirsi del suo (cospicuo a quanto pare) patrimonio in criptovalute. Si tratta di casi estremi, anche nella vicina Francia in questi mesi sono lievitati gli episodi di ’rapimenti crypto’. Chiaramente l’ascesa verticale del valore del Bitcoin ha dato vita a nuovi cripto-milionari e questo spiega l’aumento dei tentativi di ‘scippo’ delle credenziali di accesso ai wallet. «Siamo davanti a fenomeni criminali in quanto ci sono di mezzo oggetti che hanno valore e possono essere trasferiti con una certa libertà», taglia corto Christian Miccoli, ceo & founder di Conio, fintech partecipata da Poste Italiane e Banca Generali.
A differenza delle valute tradizionali, i Bitcoin sono conservati all’interno di wallet, ovvero dispositivi software o hardware accessibili tramite una chiave privata. In termini ancora più semplici una password (alquanto articolata) che garantisce l’accesso completo al token. Perdere o farsi rubare questa chiave privata significa la perdita irreversibile dei fondi. «Il possessore di cripto ovviamente deve prendere le sue contromisure, trovare un modo di difendersi», asserisce Miccoli. Scegliere l’ autocustodia, ossia possedere in prima persona le chiavi private che aprono il wallet, dà enfasi alla natura disintermediata degli asset digitali, esponendo però a più di un rischio legato proprio alla gestione di queste chiavi. L’alternativa è delegare la custodia a un exchange o a un’altra entità finanziaria, che implica una riduzione della decentralizzazione facendo affidamento su una piattaforma regolamentata.
Come spesso accade con le innovazioni tecnologiche, si è davanti a due facce della stessa medaglia. Da un lato, gli asset digitali offrono libertà economica, mobilità dei capitali e nuovi strumenti di investimento; dall’altro, richiedono adeguate contromisure per garantire sicurezza. Il fatto che siano trasferibili con facilità le rende esposte a rischi. È qui che diventa centrale la custodia delle criptovalute, che sono sì oggetti digitali, ma con un valore concreto. «Nel tempo rischi legati ad hackeraggio hanno mostrato che tenere i bitcoin online espone a molti rischi. Si sono quindi sviluppati servizi di custodia più evoluti, prestatori di servizi secondo protocolli capaci di proteggere i bitcoin», sottolinea Andrea Conso, managing partner dello studio legale Annunziata&Conso.
Il servizio di custodia si occupa proprio di conservare gli asset digitali, rappresentano una sorta di ponte tra il mondo decentralizzato delle criptovalute e le necessità pratiche di sicurezza, conformità e affidabilità del sistema finanziario tradizionale. Possono essere di tipo “cold storage” (offline) o “hot storage” (online), e spesso integrano sistemi multi-firma, assicurazioni e protocolli anti-manomissione. In Italia tra le realtà specializzate in sistemi di custodia di cripto-attività figurano CheckSig e Conio, che hanno sviluppato protocolli proprietari capaci di proteggere dal rischio di controparte e di perdita delle chiavi di accesso.
«È evidente il bisogno di custodia e questo bisogno non potrà far altro che crescere perché sempre di più le nostre normative comunitarie strizzano l’occhio il mercato finanziario – argomenta Conso – quindi la custodia sempre di più attira anche gli intermediari vigilati tradizionali, le banche, a iniziare a proporsi come custodi anche di cripto attività». Per farlo dovranno risolvere un problema di know-how in quanto le banche hanno loro sistemi informativi che non necessariamente allineati. «C’è un gap tecnologico che deve essere colmato dalle banche o dotandosi di mezzi propri o andando all’esterno per acquistare la tecnologia e il know-how».
Per posizionarsi sulle cripto non ci sono solo le piattaforme. Dal debutto negli Stati Uniti a inizio 2024, c’è stato un vero e proprio boom degli Etf su bitcoin (da inizio anno gli afflussi ammontano a oltre 10 miliardi di dollari). Gli Etf possono essere acquistati e custoditi all’interno di un normale conto titoli, accanto ad azioni, obbligazioni o fondi. Inoltre, gli Etf fisici, ossia che prevedono la detenzione effettiva del sottostante, sono strutturati per essere ’bankruptcy remote’, ossia gli asset sottostanti sono separati legalmente dai rischi dell’emittente, e l’investitore è protetto anche in caso di fallimento della controparte.
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