L’appello di Trump di aumentare la spesa della difesa fino al 5% del Pil non sembra più un’utopia per la Nato. Anzi, è sulla buona strada per essere ascoltato ed esaudito. L’ha confermato nei giorni scorsi anche lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, evidenziando che «al vertice dell’Aja del prossimo giugno ci aspettiamo la richiesta di un nuovo impegno, che andrà dal 3,5 al 5%».
Richiesta che sta già trovando riscontro nell’attenzione e nell’ascesa del dual use, mercato che fa riferimento a tecnologie nate per scopi civili ma applicabili, con minime modifiche, anche in ambito militare o di sicurezza. Un sensore, una fotocamera ad alta definizione, un algoritmo di intelligenza artificiale: tutto può trasformarsi, a seconda del contesto, in strumento di sorveglianza, controllo o intervento sul campo.
Occasione che ha dato il là alla corsa di un’intera generazione di startup europee e internazionali, pronte, per ovvi motivi strategici ed economici, a presidiare un settore alimentato da fondi pubblici (nazionali e della stessa Nato), da venture capital e da committenze statali.
L’avanzata del dual use: i numeri del mercato e alcune startup italiane
Secondo le stime della Commissio]ne europea, il mercato delle tecnologie dual use crescerà di oltre il 12% annuo da qui al 2030, spinto sia dalla domanda militare sia da esigenze civili come la sicurezza urbana, la gestione dei confini o il contrasto alle catastrofi naturali. Inoltre, nel 2022, le esportazioni autorizzate di beni dual use dai paesi membri dell’Ue hanno raggiunto i 57,3 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 38,5 miliardi del 2021. E non è finita qui.
Con l’obiettivo anche di colmare il divario tra l’Europa e altri attori globali nel campo dell’innovazione tecnologica applicata alla sicurezza, proprio la Nato ha dato vita a Innovation Fund, il primo fondo di venture capital multi-sovrano al mondo con un capitale da 1 miliardo di euro. Fondo che, peraltro, opera in sinergia con il programma DIANA (Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic), che supporta lo sviluppo e l’adattamento di tecnologie emergenti dual use per affrontare le sfide critiche in materia di sicurezza e difesa. Programma all’interno del quale hanno fatto il loro ingresso anche alcune startup italiane. Tra queste ritroviamo per esempio Ephos, che progetta e produce microprocessori fotonici in vetro, LevelQuantum, che sviluppa soluzioni di sicurezza per le telecomunicazioni su base quantistica e Wpe, che sviluppa dispositivi di generazione di energia eolica, tra cui una microturbina per le città.
© Riproduzione riservata