Il fascino delle borse Birkin, Constance e Kelly rende immune da crisi il colosso Hermes che nella prima metà dell’anno non ha pagato i venti contrari nel settore del lusso. Hermes segna un aumento del 9% a 3,9 miliardi di euro delle vendite nel secondo trimestre dell’anno, in controtendenza rispetto agli altri colossi del lusso, quasi tutti in affanno (Lvmh ha riportato vendite in calo del 4%, Kering del 15%).
Nel primo semestre i ricavi del gruppo del lusso sono saliti del 7,1% a 8 miliardi di euro, con contributo positivo di tutte le aree geografiche. “Al momento non vedo cambiamenti radicali nel clima delle vendite in Cina“, ha affermato il presidente esecutivo di Hermes Axel Dumas, aggiungendo che ritiene ancora intatto il potenziale a lungo termine della Cina.
Listino prezzi salito del 7% in risposta ai dazi
Hermès, che tiene sotto stretto controllo sulla produzione – aumentandola a un ritmo costante di circa il 6-7% all’anno – ha già aumentato i prezzi del 7% a livello globale quest’anno e di un ulteriore 5% negli Stati Uniti, dove intende trasferire interamente gli effetti dei dazi ai propri clienti. “Questi aumenti di prezzo saranno probabilmente sufficienti a compensare l’aliquota tariffaria del 15% concordata tra l’amministrazione Trump e l’UE”, ha specificato Dumas. Il gruppo non prevede di aumentare ulteriormente i prezzi da qui a fine anno.
Titolo giù, controsorpasso di Lvmh
Le azioni di Hermes reagiscono però male ai riscontri trimestrali cedendo il 4% circa alla Borsa di Parigi con valore di mercato sceso a 240 miliardi, poco sotto i 242 miliardi di Lvmh che si riprende quindi momentaneamente lo scettro di società del lusso a maggior valore.
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