La pace ritrovata in Medio Oriente, anche se ancora provvisoria e quindi aperta a possibili colpi di scena, rappresenta una formidabile opportunità economica. La ricostruzione di Gaza vale da sola una fetta importante del business che si sta aprendo per molte aziende, in particolare quelle dell’edilizia e dei materiali da costruzione. Gli investimenti richiesti sono stimati in ben 80 miliardi di dollari, una cifra pari a quattro volte il Pil combinato di Cisgiordania e dell’intera Striscia nel 2022. Il piano per la ricostruzione, dopo i più recenti aggiornamenti, vale circa un sesto di quello ucraino (524 miliardi di dollari), ma si riferisce a una realtà più ridotta: un territorio di appena 365 chilometri quadrati e poco più di due milioni di residenti. Il che significa una spesa di circa 40mila dollari per ogni abitante.
Buona parte di questo importo sarà fornita da World Bank e dal piano dell’Onu per lo sviluppo, mentre la Bei e la Commissione europea stanno lavorando a un progetto che ricalca il modello ucraino. Già a fine settembre, tuttavia, Bruxelles aveva annunciato la firma con l’Autorità monetaria palestinese di una linea di credito da 400 milioni di euro che i due enti (Bei e Commissione) si sono impegnati a garantire. Saranno coinvolte aziende dell’Eurozona e anche molte italiane. Accanto a big di livello internazionale come Saint-Gobain, Heidelberg Materials e Boygues, sono già spuntati i nomi delle italiane Cementir, Buzzi e Webuild. La prima in particolare, che già vanta una forte presenza in Turchia, potrebbe avvantaggiarsi del ruolo di leader già acquisito in Ucraina come fornitrice dei nuovi cantieri che si sono costituiti. Senza contare l’indotto che questi investimenti saranno in grado di attivare, portando così benefici anche a molte aziende italiane “satellite”.
Cementir
L’andamento del titolo di questa società è la prova che la pace a Gaza è destinata ad aprire prospettive impensabili per le aziende che vorranno partecipare alla sua ricostruzione. Lo scorso 13 ottobre il titolo della holding che produce e distribuisce cemento, calcestruzzo e manufatti, già dell’Iri e oggi appartenente al gruppo Caltagirone, quotata a Piazza Affari (fa parte degli indici Ftse Italia Mid Cap e Ftse Italia Star), ha infatti toccato il suo massimo dell’anno, a 16,96 euro, nel corso della seduta, per poi chiudere a quota 14,98 euro. E il giorno seguente, dopo un parziale riallineamento in mattinata, la quotazione si è riavvicinata agli stessi livelli. Investire nella ricostruzione è il nuovo mantra. Ma il trend rialzista di Cementir era in atto da tempo. Nell’ultimo anno, per esempio, il titolo ha messo a segno una performance di quasi il 60%. In occasione della presentazione dei risultati semestrali, il management della società aveva confermato («Nonostante lo scenario macroeconomico continui a essere caratterizzato da un’elevata incertezza») tutti gli obiettivi economici e finanziari previsti per l’esercizio in corso, vale a dire il raggiungimento di ricavi per circa 1,75 miliardi di euro e una posizione finanziaria netta di circa 410 milioni di euro a fine periodo, mentre gli investimenti ammonteranno a circa 98 milioni di euro (125,4 milioni nel 2024).
Le più recenti valutazioni degli analisti, intanto, sono positive. Lo scorso 13 ottobre Exane ha iniziato la copertura sul titolo esordendo con il giudizio “outperform” (farà meglio del mercato) e un target price di 18 euro. In precedenza (31 luglio, all’indomani della diffusione dei conti semestrali, chiusi con un fatturato di 796,7 milioni di euro, in contrazione dell’1,9% rispetto agli 811,82 milioni ottenuti nei primi sei mesi del precedente esercizio) Kepler Cheuvreux aveva alzato la raccomandazione a “buy” (comprare), senza però modificare l’obiettivo di prezzo, rimasto a 15,2 euro. Sempre a fine luglio Equita Sim aveva invece confermato il giudizio “hold” (mantenere in portafoglio) riducendo il target price a 13,2 euro. L’analisi tecnica di Teleborsa, aggiornata alla tarda mattinata di martedì 14 ottobre, indicava a sua volta un primo supporto a 14,06 euro e un secondo a 13,14 euro, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza era fissata a 15,9 euro e la seconda a 17,74 euro.
Buzzi
Il gruppo, che ha la sua base operativa a Casale Monferrato in Piemonte, è focalizzato sulla produzione di cemento, calcestruzzo e aggregati naturali. Opera in 13 Paesi e dà lavoro complessivamente a circa 9mila persone. Gli stabilimenti in Italia sono dieci e i dipendenti diretti oltre 1.400.
Il titolo, che già sette mesi fa, il 19 marzo, aveva toccato il massimo dell’anno a 54,45 euro, veniva scambiato a metà ottobre intorno a 48,5 euro, in crescita del 12,3% negli ultimi sei mesi e del 36,4% nell’ultimo anno. In attesa della presentazione dei conti aggiornati alla fine del terzo trimestre dell’anno, in calendario il prossimo 5 novembre, gli analisti sono prevalentemente ottimisti. Martedì scorso 14 ottobre Equita Sim ha confermato la raccomandazione “buy” e alzato il target price a 55 euro. Il titolo è giudicato unanimemente “overweight” (da sovrappesare in portafoglio) da tre colossi della consulenza come Barclays (la valutazione è del 6 ottobre), JP Morgan (11 settembre) e Morgan Stanley (2 settembre). Tornando ancora più indietro nel tempo, troviamo il 18 agosto le valutazioni di Berenberg e Intesa Sanpaolo, che hanno confermato entrambe i precedenti giudizi (“hold” e “neutral” rispettivamente) con prezzi obiettivo di 44 euro (in diminuzione) nel primo caso e di 45,4 euro (in aumento rispetto al precedente giudizio) nel secondo.
Quanto all’analisi tecnica, l’agenzia Teleborsa, con riferimento al prezzo registrato il 14 ottobre, di 45,58 euro, fissa il primo supporto a 47,71 euro e il secondo a 45,57 euro, mentre la prima resistenza è collocata a 50,93 euro e la seconda addirittura a 54,15 euro, con un range particolarmente ampio.
Il gruppo, ex Salini Impregilo, è una multinazionale con sede in Italia che opera nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile. Realizza infrastrutture complesse come dighe e impianti idroelettrici, opere idrauliche, ferrovie, metropolitane, aeroporti e autostrade, oltre a opere di edilizia civile e industriale. Ha 92mila dipendenti, di cui oltre 16mila in Italia, e ha fatturato nel primo semestre di quest’anno 6,7 miliardi di euro, in crescita del 22% rispetto allo stesso periodo del 2024. Si tratta dunque di gran lunga della principale società italiana del comparto edilizio. I maggiori azionisti sono Pietro Salini, con il 46,3% del capitale, e la Cassa Depositi e Prestiti che, attraverso Cdp Equity, controlla a sua volta il 20,77%. Intesa Sanpaolo, titolare di un pacchetto pari al 2,99%, è il terzo azionista, mentre la stessa società ha in portafoglio azioni proprie pari al 2,328% del capitale.
Il titolo è quotato intorno ai 3,5 euro per azione, in crescita del 37,5% rispetto a un anno fa e del 23,7% negli ultimi sei mesi, ma nell’ultimo mese la performance risulta negativa di circa il 7%. Nettamente positivi invece i giudizi degli analisti. I più recenti risalgono al 28 luglio scorso, con Equita Sim e Mediobanca che hanno confermato rispettivamente la raccomadazione “buy” (comprare) e “outperform” (farà meglio del mercato).Gli analisti di entrambe le società sono concordi nel fissare il target di prezzo a 4,5 euro.
L’analisi tecnica di Teleborsa, infine, riferita a martedì 14 ottobre, indica da parte sua un primo supporto a 3,447 euro e un secondo a 3,407 euro, mentre la prima resistenza è fissata a 3,509 euro e la seconda a 3,571 euro.
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