I mercati si apprestano ad affacciarsi al 2026 con l’inerzia poderosa di tre anni di rally a perdifiato. La corsa globale all’intelligenza artificiale ha riscritto strategie d’investimento e leadership di mercato, con il peso delle Big Tech nei portafogli che è lievitato a livelli record; da sole le maggiori cinque società di Wall Street valgono quanto il Pil combinato di Giappone, India, Gran Bretagna, Francia e Italia. L’IA è senza dubbio il vero spartiacque tra opportunità e rischio in quanto presenta una combinazione inedita di valutazioni elevate, investimenti esplosivi e un tasso di adozione reale ancora difficile da misurare. Da un’analisi di McKinsey emerge che solo il 20% delle aziende afferma che l’IA ha dato una spinta ai risultati economici e gli investitori temono che le aziende stiano facendo troppi investimenti. Se fino a pochi trimestri fa la tesi del mercato era che gli investimenti per l’IA erano una frazione dei flussi di cassa, adesso non è più così e le somme messe in campo sono tali che dal 2026 in poi molti giganti tech cominceranno ad avere un debito significativo. «Un peso negli indici così elevato come quello rappresentato dai Big Tech è oggi un azzardo», asserisce Nicolò Nunziata, responsabile ricerca e mercati di The Lighthouse, ufficio studi Banca Finint, che vede come potenziale vero vincitore il prossimo anno la parte restante del mercato, poco considerata dagli investitori negli ultimi anni e che viaggia a quotazioni meno elevate. Tra le grandi case d’affari permane comunque l’ottimismo e non si dà eccessivo credito ai timori di bolla stile quella dot.com. «Vediamo più differenze che somiglianze tra oggi e il 2000, ma non mancano rischi di una sacca d’aria dell’IA», è la view degli strategist di Bank of America che per il 2026 indicano una crescita del 14% degli utili per le società dell’S&P500, ma solo del 4-5% a livello di valori in Borsa con l’indice guida di Wall Street visto a 7.100 punti a fine 2026. Decisamente più ottimista Morgan Stanley che stima un balzo a doppia cifra dell’S&P 500 con asticella a 7.800 punti. Per quanto riguarda i Treasury, Morgan Stanley vede invece rendimenti a 10 anni in calo fino a metà anno in scia ai tagli dei tassi della Fed, prima di rimbalzare sopra il 4% a fine 2026.
DIVERSIFICARE
Il nuovo anno non manca di presentare altre insidie, a partire dall’evoluzione dell’inflazione e le conseguenti risposte da parte della Federal Reserve e delle altre banche centrali. La scottatura del 2022, con azioni e bond in caduta simultanea davanti all’impennata dell’inflazione è ancora ben viva tra gli investitori e quindi va soppesata un’allocazione ben diversificata con in portafoglio asset decorrelati. «Se dovessimo assistere a una recessione accompagnata da una crescita più debole o da un aumento della disoccupazione, il rimbalzo potrebbe non essere così rapido o significativo. La diversificazione è quindi fondamentale sia tra le varie asset class, ma anche tra regioni (Stati Uniti, Europa e mercati emergenti) e temi (intelligenza artificiale, resilienza fiscale, transizione energetica)», è l’indicazione di William Davies, global cio di Columbia Threadneedle Investments.
In uno scenario di tassi di interesse in discesa, combinati con politiche fiscali espansive, i rendimenti reali potrebbero continuare a scendere. «Un regime in cui gli asset reali, come i metalli, dovrebbero offrire una forte diversificazione e potenzialmente sovraperformare», rimarca Matt Lodge, commodities investment strategist di Global X, che per il 2026 vede rame e argento – entrambi freschi dei nuovi massimi storici – tra i beneficiari più diretti e immediati della spesa per data center e rete elettrica più evidenti.
VECCHIO CONTINENTE
Volgendo lo sguardo al Vecchio continente, gli esperti si mostrano restii a dare una preferenza sull’Europa rispetto a Wall Street, ma non mancano elementi di appeal, a partire da valutazioni più a buon mercato praticamente di tutti i settori rispetto all’analogo statunitense. «Ci sono alcune anomalie che troviamo molto attraenti, la più evidente è nel settore finanziario – indica Bruno Rovelli chief investment strategist di Blackrock – che vantano un ritorno sui mezzi propri uguale a quello degli americani, ma trattano a forte sconto. Ci aspettiamo quindi che la rivalutazione del settore finanziario Ue continui». Oltre alle banche, i mercati europei hanno il potenziale per continuare a sovraperformare anche nei settori difesa ed energia, secondo Goldman Sachs AM.
«La Francia ha problemi politici, la Germania più strutturali, quindi oggi i periferici, a partire da Spagna e Italia, stanno meglio. E in generale il bazooka tedesco dovrebbe dare una spinta a tutta l’area euro», asserisce Maria Paola Toschi, global market strategist di JPMorgan AM.
NON SOLO BANCHE
L’Italia dal canto suo si affaccia al nuovo anno con Piazza Affari a ridosso dei massimi dal 2001 dopo il corposo +25% degli ultimi 12 mesi, accompagnato da uno spread Btp-Bund ristrettosi ai minimi da 16 anni (e visto dagli analisti scendere ancora). Il 2026 potrebbe essere l’anno dell’attacco ai massimi storici per la Borsa di Milano e un assist indiretto potrà arrivare dal Pnrr, che secondo Manuela D’Onofrio e Fabio Petti di Unicredit Investment Institute sarà un motore di crescita fondamentale nel prossimo biennio. Nell’ultimo anno a fare da traino sono state le banche, di gran lunga il settore più rappresentativo di Piazza Affari: oggi pesa il 38% contro il 31,5% di inizio anno. Secondo Barclays, che indica Bper e Intesa Sanpaolo come titoli da preferire, la crescita dei profitti delle banche tricolori dovrebbe risultare inferiore rispetto alla media europea, mentre sul fronte della remunerazione dei soci si conferma la generosità con un rendimento da cedola medio dell’8,4% nel 2026 e dell’8,9% nel 2027. Se è vero che il settore bancario e finanziario domina la classifica dei rendimenti è altrettanto vero che per molti portafogli l’esposizione ai finanziari è già satura. Per l’investitore cassettista le alternative alle banche non mancano. Scendendo nella classifica si trovano infatti i colossi della vecchia economia che continuano a funzionare come vere mucche da mungere. Eni garantisce un rendimento prospettico del 6,7%, seguita da Poste Italiane, con il 6,25%. E poi le utility, con Snam che offre un 5,5%, Terna che viaggia intorno al 4,46% ed Enel al 5,63%.
Se si volesse invece cavalcare l’entusiasmo da IA rimanendo a Piazza Affari, le opportunità starebbero soprattutto sull’anello a monte della filiera, quello dell’energia e delle infrastrutture. Un nome in particolare? A2A. «È la utility che sta preparando l’infrastruttura su cui si reggerà la domanda energetica dell’intelligenza artificiale», illustra Gabriel Debach, market analyst di eToro. Il piano industriale da 23 miliardi prevede 1,6 miliardi destinati a costruire direttamente data center in Lombardia.
I RITARDATARI
Ci sarebbero poi alcuni titoli e settori da riscoprire, finora penalizzati ma che nei prossimi mesi potrebbero vedere un’inversione di tendenza. Tra questi, Intermonte indica Stellantis: «Nonostante le enormi sfide – spiega Alberto Villa, responsabile equity research della sim milanese – ha recentemente nominato un nuovo management con idee chiare su come affrontarle. Inoltre, potrebbe beneficiare di un recupero di quote di mercato negli Stati Uniti, oltre che di regolamentazioni meno restrittive». Un altro nome da ripescare, sempre secondo Intermonte, è Moncler, che potrebbe tornare a crescere dopo un 2025 difficile, grazie a una maggiore esposizione Oltreoceano, al graduale recupero della domanda asiatica e al potenziale del brand Stone Island.
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