Drill, Europa drill. Bruxelles afferma di voler eliminare gradualmente i combustibili fossili nel medio termine. Eppure, molti Paesi Ue stanno andando in senso contrario. La Grecia ha concesso quattro blocchi di esplorazione per giacimenti offshore: una mossa nuova che segna la fine di 40 anni di pausa nelle esplorazioni e l’inizio di una nuova alleanza energetica tra Grecia e Stati Uniti. In Italia, è arrivato il semaforo verde per 34 permessi esplorativi tra terraferma e mare. E anche Cipro e Croazia hanno rilasciato concessioni in tal senso. La Polonia, poi, ha annunciato la scoperta di un giacimento di greggio da 22 milioni di tonnellate.
Mediterraneo
Una serie di casi che vedono al centro il Mediterraneo e che fondano il ritorno all’esplorazione dei combustibili fossili su ragioni di sostenibilità economica. Ormai è chiaro che posizioni estremiste, il solo green, non sono sostenibili a livello finanziario e il movimento di consapevolezza partito dagli Stati Uniti con slogan trumpiani come «drill baby drill» ha una parte fondata di ragione. Al di fuori dell’Unione Europea, anche il Regno Unito sta riaccendendo il dibattito. E la Norvegia, già principale produttore di petrolio nell’area Schengen, vuole aprire nuove zone di esplorazione nei mari.
Il contesto geopolitico ha rimescolato le carte. I Paesi stanno dando priorità alla sicurezza e all’accessibilità energetica, ma stanno ricorrendo a diverse leve per raggiungerle. Alcuni, tra cui molti importatori di carburante, tendono a privilegiare le rinnovabili e l’efficienza energetica come soluzioni. Altri, si concentrano sulla garanzia di abbondanti forniture di combustibili tradizionali.
Lo studio
Una conferma arriva dall’Energy Outlook 2025. Secondo lo studio, la domanda di petrolio e gas naturale continuerà a crescere fino al 2050, sebbene il carbone inizierà a diminuire prima della fine del decennio in corso. In particolare, a differenza delle previsioni dello scorso anno, la domanda di gas continuerà a crescere fino al 2030, principalmente a causa dei cambiamenti nelle politiche Usa e dei prezzi più bassi del gas stesso. Guardando al petrolio, la domanda salirà a 113 milioni di barili al giorno entro il 2050, principalmente a causa del suo crescente utilizzo nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo per il trasporto su strada, le materie prime petrolchimiche e l’aviazione. I prezzi del petrolio e del gas saliranno così fino al 2050 con gli Stati Uniti che rimarranno il maggiore produttore mondiale di petrolio e gas fino al 2050.

Guardando all’Italia, il Mediterraneo si trova al centro di questa rinnovata passione per gas e petrolio. Dalla Grecia a Cipro passando per l’Egitto, le acque del Mediterraneo sono al centro di importanti scoperte, così come tornano al centro anche Jonio e Adriatico. Il Mase ha dato il via libera a 34 licenze di esplorazione congelate due anni fa. Un ritorno al passato dopo il blocco delle trivelle scattato con l’approvazione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Pitesai) avvenuta a febbraio 2022. Le ricerche riguardano aree in mare aperto, ma anche sulla terraferma in Regioni come Lombardia, Emilia, Basilicata, Puglia e Campania.
Al centro delle operazioni italiane ci saranno Eni, ma anche la britannica Shell e la greca Energean. Shell è presente dal 2002 in Basilicata nei due principali giacimenti di idrocarburi onshore dell’Europa: ha il 39% di Val d’Agri accanto all’operatore Eni (61%) e il 25% di Tempa Rossa, operato dalla francese Total (50%) e partecipato da Mitsui (25%). Anche la greca Energean, partner di Eni nei progetti gas Argo e Cassiopea (Gela), è in prima linea per aprire nuovi pozzi petroliferi.
Diversificazione
Negli ultimi anni diverse scoperte significative sono state fatte nel bacino orientale del Mediterraneo, come il giacimento di Afrodite vicino a Cipro (2011) e il giacimento di Zohr dell’Egitto, dove opera Eni, che è il più grande del Mediterraneo. Le attività di trivellazione in quest’area sono diventate un simbolo di pragmatismo energetico favorendo la cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo. Per l’Italia di tratta di un percorso di emancipazione energetica e diversificazione resosi essenziale dopo la crisi legata alla guerra russo-ucraina.
E mentre l’Onu invoca la fine del fossile, molti Paesi del Mediterraneo rivendicano il diritto di sfruttare le proprie risorse. Una affermazione geopolitica in un mondo in cui le guerre non si combattono solo con le armi, ma anche con scelte industriali di posizionamento energetico che vanno al di là degli obiettivi continentali (in questo caso di Bruxelles).
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