“I grandi guadagni non si ottengono comprando e vendendo, ma aspettando”. E’ quanto era solito dire l’ex vicepresidente di Berkshire Hathaway, Charlie Munger, venuto a mancare due anni fa.
Le performance delle azioni
Dati alla mano, non si può dar torto all’ex braccio destro di Warren Buffett. Su un orizzonte di 125 anni, dal 1900 al 2024, il database Dimson, Marsh and Staunton (DMS) Investment Returns evidenzia che le azioni statunitensi hanno garantito un rendimento reale annuo del 6,6%, mentre quelle non americane del 4,3%. Più modeste le obbligazioni statunitensi, con l’1,6%. Sorprende il mercato svizzero, miglior performer tra i bond, con rendimenti reali annui del 2,8%.
“Le asset class rivelano la loro vera natura nel lungo termine”, afferma Justin Thomson, Head of the T. Rowe Price Investment Institute. “Chi ha saputo restare investito ha raccolto il premio per la volatilità”, osserva Thomson, ricordando anche le stagioni meno fortunate: “Nei due decenni fino al 2000, le azioni hanno reso il 10,5% annuo reale. Ma il decennio successivo è stato molto più magro, dimostrando che il timing è illusorio”.
L’inflazione è il nemico invisibile
Il DMS mostra come inflazione e iperinflazione abbiano eroso patrimoni interi, come accadde nella Germania post-bellica. “Anche piccoli scarti di inflazione, nel tempo, cambiano radicalmente il potere d’acquisto”, spiega Thomson. Negli USA, dal 1990 i prezzi sono aumentati di 37 volte, contro le 78 del Regno Unito. Sopra il 4% di inflazione, il rendimento reale azionario scende drasticamente: “Al 7% di inflazione, le azioni tendono a zero e le obbligazioni perdono il 5% l’anno”.
L’eccezionalità americana non è finita
Dal 1900 al 1999, le azioni USA hanno reso il 7% annuo, contro il 4,9% del resto del mondo. E dal 2000 a oggi il gap non si è ridotto. “Parlare di fine del dominio americano è prematuro”, commenta Thomson. Il peso di Wall Street sul mercato globale (64,6%) è ai massimi dagli anni ’70.
Concentrazione e rischi
Il 35% dell’S&P 500 oggi è concentrato nei primi dieci titoli. “Nel 2022 e 2024 il 63% dei rendimenti dell’indice veniva solo da questi titoli: è un’anomalia storica”, nota Thomson.
Un dato sorprendente? “Se aveste saltato i 20 mesi migliori di questi 125 anni, il rendimento medio annuo scenderebbe dal 6,6% al 3,6%. Il tempo batte il timing. Sempre”.
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