Maggio è un mese cruciale per Piazza Affari. Tra gli operatori circola un antico detto, che viene tuttavia ricordato o dimenticato a seconda della convenienza. La massima è in inglese e recita testualmente: Sell in may and go away. Traduzione: vendi in maggio e vai lontano. Un invito cioè ad alleggerire i propri dossier azionari nel corso del mese di maggio, per poi reintegrarli qualche mese dopo a prezzi più bassi. Lo scopo è quello di puntare a una successiva rivalutazione, attesa in particolare per gli ultimi mesi dell’anno, quando i listini azionari tendono a rimbalzare, aiutati dal cosiddetto window dressing. Si chiama così (anche qui l’uso dell’inglese è indicativo dell’origine anglosassone di molti aforismi legati alla Borsa) l’esigenza di abbellire i bilanci di fine esercizio grazie alla rivalutazione dei titoli in portafoglio.
In realtà storicamente questo meccanismo si è realizzato piuttosto raramente. Ma per chi investe in azioni maggio è anche il mese dedicato al pagamento dei dividendi. La maggior parte delle società, infatti, distribuisce gli utili proprio in questo periodo.
Quest’anno per esempio, come hanno rilevato molti osservatori, lunedì 19 maggio sarà ricordato come il dividend day. Il giorno cioè in cui si concentrerà il maggior numero di “stacchi”, come vengono definite queste operazioni: oltre 40 in totale, da parte di altrettante società quotate, per un importo complessivo di 15 miliardi di euro. La scadenza ha un impatto diretto sulle stesse quotazioni, che in teoria dovrebbero subire da un giorno all’altro una flessione pari all’importo della cedola pagata.
Partiamo dall’esempio di questi giorni. Le chiusure di venerdì 16, delle società interessate, sono al lordo delle cedole; quelle di lunedì 19 dovrebbero in teoria tenere conto degli stacchi. Se, poniamo, il titolo X valeva 100, nel caso di un dividendo di 5 euro pagato nel frattempo, lunedì dovrebbe valerne 95.
Naturalmente il processo non è automatico, dal momento che alla formazione dei prezzi sul mercato borsistico contribuiscono molti altri elementi, tuttavia è indubbio che esista un “effetto cedola”. Non solo.
Gli operatori sono sempre pronti a sfruttarlo. Spesso infatti le remunerazioni incassate vengono immediatamente reinvestite, contribuendo così a sostenere le quotazioni. Tanto che mediamente i prezzi delle azioni post-stacco tendono a stabilizzarsi su un livello superiore rispetto a quello teorico rettificato. Per questo motivo, in assenza di fattori esterni e imprevedibili, c’è chi riesce a sfruttare l’opportunità vendendo alla vigilia dello stacco e ricomprando immediatamente dopo. Occorre però tenere conto della tassazione, pari al 26% della cedola lorda, prevista sull’importo dei dividendi incassati, che ovviamente contribuisce a ridurre i guadagni.
Per un esame più approfondito esiste un indicatore, molto usato da analisti e investitori, che si chiama price earning (definito comunemente P/E) e che rileva il rapporto tra la quotazione di mercato e gli utili per azione. Quanto più il livello è alto, tanto maggiori sono le aspettative degli investitori sulla crescita della società. Anche se varia continuamente nel corso della seduta, il P/E rappresenta uno strumento importante per valutare un titolo azionario. Sulla base delle quotazioni di martedì scorso, le società appartenenti al paniere del Ftse Mib con il P/E più elevato sono nell’ordine Brunello Cucinelli, Ferrari, Campari, Nexi, Amplifon, Inwit e Leonardo. Analizziamoli singolarmente.
Brunello Cucinelli
Con un livello di 60,8 la casa di moda specializzata nella maglieria pregiata in cachemire guida nettamente la classifica. Il titolo, che ha toccato il 14 febbraio scorso il suo massimo dell’anno a 133,4 euro, quota da alcune sedute sopra i 100 euro, con una rivalutazione del 15% rispetto a un mese fa, del 25% circa nell’ultimo semestre e di oltre il 13% nel confronto con un anno fa. Il 6 maggio scorso Morgan Stanley ha giudicato il titolo overweight (sovrappesare) indicando un target price di 120 euro.
Ferrari
La casa di Maranello, classificata nel comparto automotive ma che potrebbe figurare a buon diritto fra i titoli del lusso, presenta un P/E di 49,7. Anche in questo caso il massimo dell’anno risale a metà febbraio, quando il titolo ha chiuso a 492,8 euro, mentre la performance dell’ultimo mese supera il 18%, quella del semestre è di circa il 6% e quella annuale si aggira intorno al 17%. Di recente il titolo ha ottenuto la raccomandazione buy da Rbc Capital e hold da Equita Sim, con prezzi obiettivo rispettivamente di 490 e 380 euro.
Campari
Per quanto riguarda la holding del beverage, il P/E è di 34,8, con una quotazione che ha registrato, dopo un lungo periodo di stasi, un leggero rialzo nell’ultimo mese (+7% circa) e un quasi insignificante +0,4% nell’ultimo semestre, mentre resta nettamente negativo (-39,7%) il confronto con un anno fa. Il titolo vale intorno ai 6 euro dopo aver toccato il minimo dell’anno a 5,07 euro, ma secondo gli analisti di Hsbc è giudicato buy, con obiettivo di prezzo di 7,7 euro.
Nexi
Il P/E in questo caso è del 32,2. La società, leader nel comparto dei pagamenti digitali, che a inizio aprile ha toccato il minimo dell’anno in area 5 euro, ha recuperato terreno di recente (+7% nell’ultimo mese) ma presenta ancora una performance negativa di quasi il 40% rispetto a un anno fa.
Amplifon
La società specializzata in apparecchi acustici presenta un P/E di 30,3. Il titolo, che ha toccato il minimo annuale di 15,62 euro lo scorso 22 aprile, è risalito a 19 euro circa, con un miglioramento di oltre l’8% nell’ultimo mese, mentre restano negative sia la performance del semestre (-19,7% circa) sia quella annuale (- 43%). Qualche giorno fa Morgan Stanley ha emesso il giudizio overweight, con un obiettivo di prezzo di 27,5 euro.
Inwit
Il suo P/E è pari a 27,76. Il titolo della società operante nel campo delle infrastrutture elettroniche per le telecomunicazioni vale poco più di 10 euro. Nell’ultimo mese l’azione a Piazza Affari si è rivalutata dell’11,4%. Più modesta la performance positiva registrata negli ultimi sei mesi (+9,1%) e del tutto marginale (+1%) quella relativa all’ultimo anno.
Leonardo
Il gruppo della difesa chiude l’elenco di quelli con il miglior rapporto P/E (pari a 24,2), ma in compenso è il più solido e redditizio. La sua quotazione, in area 45 euro è migliorata soltanto del 6,7% nell’ultimo mese, ma del 76% nell’ultimo semestre e addirittura del 100% da un anno a questa parte. Particolarmente positivi sul titolo gli analisti, che indicano un target di prezzo di 52 euro (Deutsche Bank e Akros), 50 euro (Equita Sim) e 49 euro (Kepler Cheuvreux).
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