Per una Borsa ad elevato payout come quella italiana, il dividendo non è un dettaglio. Nell’ultimo anno, il Ftse Mib ha guadagnato oltre il 16%. Un rally che ha permesso all’indice guida milanese di portarsi sui massimi dal lontano 2007, sopra quota 40mila punti. Ma considerando gli aggiustamenti per i dividendi, il rendimento effettivo sale, e non di poco, a +21%. Considerando un orizzonte più ampio, la forbice si apre ancora di più: +104% per l’indice classico, +160% invece per il Ftse Mib total return che include le cedole e che veleggia sui massimi storici. Nell’ultimo anno e non solo i titoli bancari e assicurativi sono stati determinanti per lo sprint della Borsa milanese, anche perché il peso specifico del settore è molto elevato.
Complessivamente i finanziari (banche, assicurazioni e risparmio gestito) contano per oltre il 46 per cento sull’intero Ftse Mib, staccando di gran lunga utility (15,9%) e beni voluttuari (15,7%). Una sponda al settore negli ultimi mesi è arrivata indubbiamente da componenti speculative a seguito della nuova ondata di risiko bancario. A ben vedere il sottoindice di settore, il Ftse Italia All Shares Bank, ha sì viaggiato a ritmo molto veloce (+45% negli ultimi 12 mesi), ma non scostandosi di troppo dall’analogo sprint delle banche a livello europeo (+37% per lo Stoxx Europe 600 Banks).
Proiettando lo sguardo ai prossimi mesi, gli analisti rimangono costruttivi sui titoli del credito. Tra le banche tradizionali Equita punta su Unicredit, Bper, Intesa Sanpaolo e Credem, mentre tra i titoli ad alta componente commissionale la preferenza va su Fineco e Mediolanum. Nel loro complesso le otto maggiori banche italiane hanno registrato nel primo trimestre dell’anno un Roae, ossia il rendimento generato dal capitale proprio, del 15,7%, confermandosi tra le più profittevoli d’Europa e con costi del rischio ai minimi storici. Tornando all’intensa attività di M&A, con un numero senza precedenti di operazioni annunciate negli ultimi mesi, Scope Rating sottolinea che, se tali operazioni andranno a buon fine, favoriranno economie di scala, rafforzeranno il potere di mercato e miglioreranno le performance finanziarie di medio periodo. Tuttavia, l’agenzia evidenzia come l’intensificarsi delle dinamiche competitive e strategiche stia accrescendo il rischio di execution: le banche potrebbero sovrastimare i target o concretizzare combinazioni sub-ottimali.
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