Correva l’anno 2022 e la Francia si trovò improvvisamente con una buona fetta di centrali nucleari ferme. La corrosione di parte delle tubazioni – nota come “stress” – comportò lo stop di molti reattori gestiti da Edf e la produzione nucleare crollò ai minimi dal 1988. A risolvere l’emergenza ci pensò la Tectubi Raccordi di Podenzano, in provincia di Piacenza, risultata la più competente per riparare le crepe. Tectubi Raccordi è parte di Allied International e fornisce componenti piping alle centrali nucleari in tutto il mondo, fatturando oltre 140 milioni di euro. Non si tratta di un’eccellenza isolata. Nonostante lungo lo Stivale non ci siano reattori attivi da oltre 35 anni, l’Italia risulta la seconda industria europea sul nucleare con una platea di un centinaio di società attive in settori attinenti al nucleare che generano un valore economico di oltre 4 miliardi con circa 13.500 dipendenti. Lo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e in Italia, stando alle stime di EY, potenzialmente andrà ad abilitare un mercato complessivo di circa 46 miliardi per la filiera industriale italiana e gli investimenti potrebbero generare un valore aggiunto di 14,8 miliardi per la filiera, creando circa 39mila posti di lavoro diretti per la filiera e oltre 78mila indiretti e indotti. Guardando ai prossimi passi dell’Italia, il percorso di decarbonizzazione delineato dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) prevede l’arricchimento del mix energetico puntando sulle nuove tecnologie nel nucleare. L’obiettivo è arrivare ad avere una potenza installata compresa tra 8 e 16 gigawatt entro il 2050 andando così ad aumentare la resilienza del sistema elettrico complessivo.
A fare da capofila nella filiera nucleare italiana sarà la neonata Nuclitalia, joint venture che vede Enel al 51% del capitale, Ansaldo Energia al 39% e Leonardo al 10%, con le prime due che già dispongono di una spiccata competenza sul nucleare. L’obiettivo dichiarato della Newco è quello di analizzare e valutare tutte le nuove tecnologie esistenti per poi identificare quelle più idonee ad essere implementate in ottica sistema paese. La prima fase, della durata di circa due anni, sarà prettamente di studio fattibilità tecnico-economica; in questi primi anni, il compito della società guidata da Luca Mastrantonio, responsabile dell’unità di Nuclear Innovation di Enel e nominato ceo della newco, sarà di la valutare quale tecnologia meglio si presta alle esigenze del Paese e, in seconda battuta, andare a individuare il possibile partner tecnologico internazionale con cui portare avanti il progetto legato all’Italia. La missione di Nuclitalia sarà quindi quella di tracciare il solco industriale in parallelo con il percorso di creazione di un terreno fertile a livello normativo con tutte le necessarie infrastrutture materiali e immateriali necessarie per portare avanti un approccio sistemico.
A quando il primo megawatt dai nuovi mini-reattori nucleari? Difficile fare ipotesi in quanto le variabili in gioco sono tante, ma i primi anni del prossimo decennio – quindi tra il 2030 e il 2035 – rappresentano uno scenario realistico visti i livelli abbastanza maturi di sviluppo della tecnologia Smr che, oltre a essere dotati di sistemi di sicurezza passivi, introducono modalità progettuali e costruttive innovative in grado di ridurre tempi e costi complessivi. A livello invece di massa critica, visto che ogni singolo reattore garantire una capacità di generazione di energia tra 300 e 400 megawatt, ovvero circa un terzo della potenza di un reattore convenzionale, il punto di atterraggio da qui al 2050 è di una ventina di reattori in modo da arrivare al traguardo dii almeno 8 GW di capacità.
Nella staffetta tecnologica, gli Smr ad acqua sono decisamente più avanti a livello di riscontri tangibili, mentre la tecnologia degli Amr è più acerba e rappresenta in alcuni casi l’evoluzione di tecnologie già applicate (quelle al sodio, per esempio) e in altri casi sono l’applicazione di tecnologie nuove (quelle al piombo, ad esempio), da cui si aspettano le principali innovazioni. In ultimo, va avanti lo sviluppo dell’energia da fusione nucleare, considerata una fonte potenzialmente rivoluzionaria per la transizione energetica e dove Eni risulta in prima linea (dal 2018 è il principale investitore strategico in Commonwealth Fusion Systems, spin-off del MIT).
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