Dopo il taglio deciso giovedì dalla Bce, ci sarà probabilmente una pausa a luglio, ma la maggioranza degli analisti stima che la riduzione dei tassi d’interesse proseguirà ulteriormente, con almeno un nuovo intervento entro la fine dell’anno. In prospettiva, insomma, è lecito aspettarsi una stagione di contenimento del costo del denaro. Una svolta importante, iniziata nel giugno dello scorso anno. Per l’economia in generale è certamente una buona notizia, ma c’è anche chi potrebbe essere danneggiato dalle decisioni dell’Eurotower. Le banche, per esempio, dovranno mettere in conto un calo della redditività nel loro business di base, vale a dire l’intermediazione finanziaria. Il denaro dato in prestito renderà meno, anche se, d’altro canto, dovrebbe crescere nel complesso il volume degli affari, proprio grazie alla maggiore facilità di accesso ai capitali da parte della clientela tradizionale, in pratica le imprese. Non solo: l’attività degli istituti di credito potrà espandersi ulteriormente sul fronte dei servizi e della consulenza. C’è poi la ricaduta positiva sull’attività retail, a cominciare da tutto il variegato mondo delle vendite a rate, destinato anch’esso a svilupparsi.
Quanto al risparmio privato (l’Italia è, insieme con il Giappone, il Paese più “risparmioso” del mondo), la riduzione del costo del denaro avrà come primo effetto l’aumento delle quotazioni dei titoli già in circolazione, a partire dai Btp, che sono a tasso fisso. L’impatto è comunque differente a seconda della data di scadenza. Il calo dei tassi riguarderà invece direttamente le prossime emissioni, che diventeranno meno appetibili rispetto al passato. Per il momento si parla di tassi di riferimento che scendono di poche frazioni di punto. Il mercato del reddito fisso, infatti, ha già ampiamente “scontato”, come si dice in gergo, le modifiche varate e quelle attese.
L’azionario, invece, nel complesso è certamente favorito. Denaro meno caro significa infatti un quasi sicuro miglioramento della redditività futura delle aziende quotate. Senza contare che una parte dei capitali investiti nel reddito fisso, diventato meno attraente, tenderà a indirizzarsi verso la Borsa. Inoltre, se dovessero essere confermate le misure fiscali annunciate da Donald Trump, potrebbe arrivare in Europa – e anche in Italia – una parte dei capitali in fuga dagli Stati Uniti.
Quali i comparti da preferire? Teoricamente quello finanziario non bancario (le banche hanno già iniziato il recupero, a partire dalle ultime sedute di maggio, con l’indice settoriale che comunque presenta una performance del +45% rispetto a un anno fa), poi il tecnologico, le telecomunicazioni e molti titoli industriali, privilegiando le società che distribuiscono dividendi e quelle che operano su mercati particolarmente innovativi. Ma non solo. In Piazza Affari ci sono titoli, come quelli della difesa (a partire da Leonardo e Fincantieri), che hanno già messo a segno ottime performance. Ne restano però molti altri, al di là dei comparti citati, con buone potenzialità di crescita, nonostante il freno rappresentato dal ritorno delle tensioni commerciali internazionali. Tra queste Amplifon, Mondadori, Interpump, Italmobiliare e Saipem. Tutte con una capitalizzazione superiore ai 500 milioni di euro e con un elevato P/E, vale a dire il rapporto tra quotazione e utili per azione.
Amplifon
La società è il principale azionista con oltre il 50% dei diritti di voto, commercializza apparecchi acustici e relativi accessori. Il titolo vale attualmente poco più di 20 euro, dopo essere sceso il 22 aprile scorso al minimo dell’anno di 15,62 euro. La performance dell’ultimo mese è positiva per oltre il 15%, ma restano negativi i confronti con sei mesi fa (-16%) e con un anno fa (-40%). Cauti gli analisti sulle prospettive future. HSBC il 22 maggio scorso ha confermato la raccomandazione “buy” (comprare) ma ha ritoccato al ribasso il target price a 27 euro. “Overweight” (sovrappesare) è invece il giudizio di Morgan Stanley, emesso il 13 maggio. Quanto all’analisi tecnica dell’ufficio studi di Teleborsa, aggiornata al 2 giugno scorso, indica un lieve miglioramento, con un primo supporto a 19,7 euro e una prima resistenza a 20,5 euro (la seconda a 21,29 euro).
Mondadori
Holding controllata dalla Fininvest, ha in portafoglio le quote di maggioranza di note società editoriali, da Piemme a Giulio Einaudi Editore, a Mondadori Libri. Il titolo quota attualmente intorno ai 2 euro per azione e il 16 maggio scorso ha toccato il massimo dell’anno a 2,24 euro. Stabile nell’ultimo mese, registra una leggera performance positiva nel semestre (+4%), ma vale l’8% in meno rispetto a un anno fa. Il 15 maggio Intesa Sanpaolo ha confermato sia la raccomandazione “buy” sia il target price, fissato a 2,8 euro.
Interpump
Leader mondiale nel settore oleodinamico, la società italiana, quotata dal 1996, fa parte degli indici primari di Piazza Affari: il Ftse Mib (migliori 40 per capitalizzazione) e il Ftse Italia Star (titoli con alti requisiti). Attualmente vale circa 34 euro per azione, più o meno a metà strada tra il minimo dell’anno (25,48 euro, registrato il 9 aprile) e il massimo (47,38 euro, del 14 febbraio).
Cauti gli analisti sulle prospettive del titolo. Il 19 maggio Equita ha espresso un giudizio “hold” (mantenere in portafoglio) con un target price di 41 euro, in miglioramento rispetto alla precedente valutazione (40 euro) del 5 maggio. Il 16 maggio, invece, Mediobanca ha confermato il giudizio “neutral”, con un obiettivo di prezzo di 44 euro.
Italmobiliare
Il titolo della holding controllata dalla famiglia Pesenti presenta buone possibilità di rivalutazione rispetto ai prezzi attuali (26 euro), dal momento che da un anno a questa parte ha perso poco più dell’11%, mentre sono leggermente positive le performance dell’ultimo mese e dell’ultimo anno. Kepler Cheuvreux ha emesso il 7 marzo scorso la raccomandazione “buy” (comprare), fissando un prezzo obiettivo di 34 euro. L’analisi tecnica di Teleborsa colloca il primo supporto a 26,03 e il secondo a 25,77 euro, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza è indicata a 26,83 euro e la seconda a 27,63 euro.
Saipem
La società, controllata congiuntamente da Eni e Cassa Depositi e Prestiti, produce infrastrutture destinate all’industria petrolifera e del gas. Il titolo martedì scorso ha chiuso a 2,246 euro, in netto recupero rispetto al minimo dell’anno di 1,5895 registrato il 7 aprile. La performance dell’ultimo mese di Saipem è dunque positiva di circa l’8%, mentre restano negativi i confronti con sei mesi fa (-8%) e con un anno fa (-1,7%). È di pochi giorni fa la notizia che Goldman Sachs e Barclays hanno incrementato le loro rispettive partecipazioni.
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