L’aumento del debito non è più solo teoria. Sta generando volatilità e più di una preoccupazione sui mercati obbligazionari, mettendo sotto pressione anche i titoli di Stato delle economie più solide. Stati Uniti, Germania e Regno Unito, storici porti sicuri per gli investitori in cerca di sicurezza, non sono più immuni dalla tempesta dei conti pubblici. Nessun Paese è immune dal peso del debito, ma a volte, è proprio dove meno ce lo si aspetta che si trovano le nuove certezze.
Il sogno Usa costa caro
Il segnale d’allarme è partito con il Congresso che ha approvato il “One Big Beautiful Bill Act”, tradotto: un grande e bellissimo disegno di legge). Un nome che evoca ottimismo, ma che cela un fardello pesante. Secondo l’agenzia governativa Congressional Budget Office (Cbo), il nuovo provvedimento fiscale voluto da Donald Trump aggiungerà almeno 3.000 miliardi di dollari al deficit americano nel prossimo decennio. Stime indipendenti parlano di una cifra ancora maggiore.
Oggi il debito pubblico statunitense è pari al 98,1% del Pil. Già prima della nuova legge, era previsto che salisse al 117,1% entro il 2034. Ora, si parla di un 123,8% e se alcune delle misure fiscali temporanee diventassero permanenti, il deficit potrebbe aumentare di 4,5 trilioni di dollari in totale, portando il rapporto a sfiorare il 128%. Uno scenario che, proiettato al 2050, suggerisce un debito vicino al 200% del Pil, se non verranno adottate misure adeguate. Un’ipoteca sul futuro che preoccupa i mercati. «La traiettoria del debito statunitense è insostenibile con le politiche attuali», avverte Peder Beck-Friis, economista di Pimco.
Di fronte a questo scenario, la volatilità sui mercati dei Treasury dovuta alle preoccupazioni fiscali è destinata a persistere. L’effetto è visibile: cresce il cosiddetto premio a termine dei Treasury decennali, ovvero il rendimento extra che gli investitori pretendono per detenere titoli a lunga scadenza rispetto alla liquidità e ai titoli a breve termine. In altre parole, serve pagare di più per convincere il mercato a finanziare il governo Usa nel lungo termine. La curva dei rendimenti si fa più ripida e la volatilità sui titoli di Stato americani continuerà. «Il problema – aggiunge Blerina Uruçi, capo economista Usa di T. Rowe Price – è che anche altri Paesi sviluppati dovranno emettere più debito per finanziare i propri stimoli fiscali. Questo creerà concorrenza per attirare capitali, e inevitabilmente spingerà al rialzo i rendimenti dei Treasury Usa”.
Germania, fine del tabù sul debito
Anche Berlino, patria della disciplina fiscale, ha cambiato rotta. Dopo anni di austerità, la locomotiva europea ha ingranato la marcia della spesa: un piano di medio termine da circa 500 miliardi di euro di nuovo debito entro il 2029. Una cifra destinata a crescere anche per effetto del nuovo obiettivo di spesa per la difesa al 3,5% del Pil, come raccomandato dalla Nato. Secondo Standard & Poor’s, questo obiettivo potrebbe aggiungere circa 2.000 miliardi di dollari di debito pubblico nei Paesi membri europei entro il prossimo decennio.
In questo panorama, alcune delle più grandi banche del mondo stanno inviando nuovi avvertimenti soprattutto sui titoli di stato tedeschi. Se finora, i mercati hanno reagito con moderazione, grazie a una domanda sostenuta di titoli sicuri con rating tripla A, la calma potrebbe non durare. Gli analisti di Goldman Sachs prevedono un rialzo dei rendimenti sul Bund decennale fino al 2,80% entro fine 2025, e al 3,25% nel 2026. Hsbc ha rivisto al rialzo le proprie stime sui rendimenti dei titoli tedeschi, citando l’espansione fiscale e la prospettiva di una riduzione degli acquisti di obbligazioni da parte della Banca Centrale Europea il prossimo anno, un processo noto come inasprimento quantitativo. I rendimenti a 10 anni sono stati così alzati al 2,45% per la fine del prossimo anno e le proiezioni a 30 anni aumentate di 45 punti base al 3%.
Londra, il ritorno della crisi Gilt
Nel Regno Unito, la situazione è resa più fragile dall’incertezza politica. I mercati hanno tremato quando il Cancelliere dello Scacchiere, Rachel Reeves, è apparsa in lacrime alla Camera dei Comuni. L’episodio ha scatenato vendite a raffica sui Gilt – i titoli di Stato britannici – nel timore di un possibile avvicendamento ai vertici del Tesoro e un ammorbidimento delle regole fiscali. Nonostante il premier Keir Starmer sia intervenuto per rassicurare gli investitori, confermando la fiducia nella Reeves, la City rimane in allerta e le turbolenze sui titoli di Stato inglesi non si sono ancora placate. «Permangono incertezze sulla produttività e sulla spesa per la difesa – spiega Neil Mehta, gestore di portafoglio di RBC BlueBay – Il rischio è che la credibilità fiscale del Regno Unito venga erosa».
Per sgonfiare la pressione sui Gilt, Londra potrebbe essere costretta ad alzare le tasse piuttosto che fare affidamento su ulteriori emissioni di debito, che il mercato ha chiaramente respinto.
Il Btp il nuovo rifugio?
E mentre le potenze tradizionali arrancano, l’Italia – a sorpresa – continua a godere di un vento favorevole. In questo nuovo scenario di tensione, i titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona, considerati fino a poco tempo fa ad alto rischio, sembrano oggi più attraenti.
BlackRock ha rivisto la propria posizione sull’area euro, passando da sottopeso a neutrale, con un occhio di riguardo verso l’Italia e la Spagna. I gestori puntano soprattutto sul tratto intermedio della curva – titoli con scadenze tra i 5 e i 10 anni – considerato il miglior compromesso tra rischio e rendimento.
«La stabilità politica garantita dal governo Meloni ha migliorato la percezione dell’Italia sui mercati – osserva Neil Mehta – Tra il 2018 e il 2022, lo spread Btp-Bund era fonte di continua preoccupazione. Oggi, il contesto è cambiato radicalmente: a livello interno, il primo ministro Meloni ha portato stabilità, mentre a livello internazionale la sua crescente autorevolezza, soprattutto con gli Stati Uniti, ha rafforzato la credibilità dell’Italia».
Questa nuova fiducia sta spingendo sempre più investitori internazionali a scegliere i Btp rispetto ad altri titoli europei. La combinazione tra rendimenti ancora elevati, una maggiore stabilità interna e valutazioni competitive rende l’Italia una meta appetibile per chi cerca alternative. Se il trend continuerà, i Btp potrebbero presto essere scambiati alla pari con gli OAT francesi, segnando un ritorno – o forse un debutto – del debito italiano nel club dei “core”.
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