L’ultimo anno non è stato particolarmente positivo, in termini di performance, per il comparto immobiliare, sia a livello europeo, sia soprattutto sul mercato italiano. Le ragioni del rallentamento derivano in particolare da due elementi fondamentali: da un lato l’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione e dall’altro il rallentamento della crescita economica. Su questi fronti, però, il clima sta cambiando. In entrambi i casi, infatti, il taglio dei tassi d’interesse potrebbe giocare un ruolo decisivo ai fini della ripresa. In particolare, la diminuzione del costo del denaro non può che favorire gli investimenti in immobili, grazie alla maggiore convenienza a stipulare mutui da parte dei privati e a investire da parte delle imprese edili.
Senza contare che le società immobiliari sono meno esposte, rispetto ad altri settori, all’effetto dazi. L’unico vero ostacolo potrebbe essere rappresentato dal rincaro delle materie prime che, andando a colpire le imprese costruttrici, ne ridurrebbe i margini di guadagno. Con la conseguenza di favorire la tendenza a riversare sugli acquirenti finali i maggiori costi, determinando così un aumento del prezzo degli immobili.
Insomma, lo scenario che si presenta per il comparto, relativamente ai prossimi mesi, pur con prospettive positive non è certo privo di rischi. Ed è proprio questa la causa della cautela che circonda le società del settore quotate in Borsa. Non solo quelle legate esclusivamente alla compravendita di immobili, ma anche quelle ad esse direttamente collegate, come per esempio Buzzi Unicem e Cementir, fornitrici della materia prima essenziale, vale a dire il cemento. D’altra parte il peso dell’immobiliare sulle economie dei Paesi industrializzati è sempre stato rilevante. Nel bene e nel male. Come non ricordare, per esempio, che nel 2008 la crisi finanziaria mondiale che portò al crack di Lehman Brothers fu proprio originata dai mutui subprime. Più recentemente è stato l’enorme indebitamento del colosso cinese Evergrande a innescare una serie di conseguenze negative per le economie di tutto il mondo.
Risanamento
Risanamento, il cui cda per l’approvazione del bilancio, inizialmente previsto per mercoledì scorso 7 maggio, è stato rinviato, presenta performance positive nel breve periodo: +13,4% nell’ultimo mese e +21% negli ultimi sei mesi, mentre resta negativa (-13,2%) la quotazione rispetto a un anno fa.
Gebetti
Identica la situazione di Gabetti, quotata a Piazza Affari tra le small cap, che nell’ultimo mese ha incrementato il suo valore del 18% circa e nell’ultimo semestre del 42%. In leggero calo invece (-1,4%) la performance annuale. Il bilancio 2024, approvato dagli azionisti a fine aprile, si è chiuso con un risultato netto di 2,8 milioni di euro, in linea con l’anno precedente. Il fatturato consolidato (che risente del cambio normativo sugli incentivi fiscali connessi alla riqualificazione) è stato di 147,2 milioni di euro, in riduzione del 24% rispetto ai 193,1 milioni dello stesso periodo dell’esercizio precedente. In forte calo, però, l’indebitamento finanziario netto “effettivo” (senza Ifrs 16, il nuovo principio contabile relativo al leasing) risultato pari a 15,4 milioni di euro, il 72% in meno rispetto ai 54,4 milioni di euro del 31 dicembre 2023.
Lo scorso 6 maggio il titolo è stato giudicato “outperform” (farà meglio del mercato) dalla banca d’affari EnVent, che ha confermato il target price di 1,5 euro a fronte di una chiusura lo stesso giorno di 0,62 euro.
IGD
Martedì scorso 6 maggio la società, che opera nel segmento degli immobili destinati alla grande distribuzione, in particolare ai centri commerciali di maggiori dimensioni, ha presentato agli analisti i risultati del primo trimestre 2025. Nel periodo i ricavi netti (27,3 milioni di euro) sono calati del 12,4% rispetto allo scorso anno ma il gruppo ha realizzato nel periodo un utile netto di 1,6 milioni di euro, dopo aver contabilizzato ammortamenti, accantonamenti e oneri straordinari per 4,9 milioni. L’utile netto ricorrente è pari invece a 10,2 milioni di euro, sostanzialmente in linea rispetto al 2024 (-0,9%), nonostante la variazione del perimetro del portafoglio che è stata compensata dai minori oneri finanziari ricorrenti. Il titolo vale intorno ai 3 euro e vanta performance positive dell’8,4% nell’ultimo mese, del 22,6% nell’ultimo semestre e soprattutto del 77,6% rispetto a un anno fa.
WeBuild
Webuild è un multinazionale italiana specializzata nella costruzione di grandi opere come ferrovie, metropolitane, aeroporti, autostrade, dighe, impianti idraulici e idroelettrici, costruzioni civili e industriali. Il gruppo nato dalla fusione tra Salini e Impregilo nel 2015, è presente a Piazza Affari dal 1987, quando ancora era sotto il nome di Salini. Il valore delle azioni era salito fino a 8,35 euro nel 1990, ma poi è sceso gradualmente fino a toccare il fondo a 65 centesimi a marzo del 2020, quando i mercati furono scossi dalla pandemia. Attualmente il titolo vale intorno ai 3 euro, in crescita di oltre il 40% rispetto a un anno fa e con performance di oltre il 20% nell’ultimo mese e nell’ultimo semestre. Pietro Salini è l’amministratore delegato e principale azionista con una quota di oltre il 40%. Nell’azionariato è presente anche lo Stato italiano con un pacchetto del 18,68% che fa capo alla Cdp.
Cementir
Multinazionale italiana di diritto olandese, controllata dalla holding Caltagirone, opera nel settore dei materiali da costruzione. In particolare, l’azienda è specializzata nella produzione e distribuzione di cemento bianco e grigio, calcestruzzo preconfezionato e prodotti in calcestruzzo, nonché nel trattamento dei rifiuti urbani e industriali. Nonostante abbia trasferito la sua sede legale in Olanda, continua ad essere quotata a Piazza Affari e appartiene all’indice delle società a media capitalizzazione. Tutte positive le performance del titolo: +21% nell’ultimo mese, +52% nell’ultimo semestre e +50% circa nell’ultimo anno. L’azionista di maggioranza relativa è Francesco Gaetano Caltagirone, che possiede circa i due terzi delle azioni.
Buzzi Unicem
Leader nella produzione di cemento e calcestruzzo opera in 13 paesi e impiega circa 9 mila persone. In Italia gli stabilimenti sono 10 e i dipendenti diretti oltre 1.400. La quotazione attuale del titolo si colloca intorno ai 47 euro, in crescita del 36% circa rispetto a un anno fa. La performance dell’ultimo mese è pari invece al 21% e quella dell’ultimo semestre supera di poco il 35%. Il 19 marzo scorso ha toccato il massimo storico di 54,45 euro. Le più recenti analisi delle banche d’affari prevedono un ritocco al ribasso del target price, mantenendolo tuttavia sopra quota 50 euro. Per JP Morgan (che si è pronunciata lo scorso 30 aprile) il titolo è giudicato “neutral”, mentre il 23 aprile Equita Sim aveva confermato il “buy” (comprare), con un prezzo obiettivo di 51 euro.
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