L’intelligenza artificiale sta entrando con crescente decisione nei processi produttivi e organizzativi delle imprese italiane, ma la capacità di assorbirne appieno il potenziale rimane limitata. È quanto emerge dall’Indagine Confindustria sul lavoro 2025, che delinea un panorama in cui quasi un’azienda su due è oggi coinvolta in un percorso di trasformazione tecnologica, con una diffusione più marcata nei servizi e nelle realtà di maggiori dimensioni. L’11,5% delle imprese utilizza o sta sperimentando soluzioni basate su algoritmi avanzati, mentre un ulteriore 37,6% ne sta valutando l’introduzione, segno di un’accelerazione che attraversa molte funzioni aziendali, dall’analisi dei dati al marketing, fino alla ricerca e sviluppo, all’automazione e all’assistenza ai clienti.

Nonostante l’attenzione verso queste tecnologie, la loro integrazione procede a una velocità diversa rispetto all’adeguamento delle competenze. Meno della metà delle imprese che hanno avviato progetti di IA ha già agito sui propri processi interni per gestire l’impatto sulle risorse umane, attraverso formazione, consulenze o inserimento di nuovi profili tecnici. Il limite principale rimane infatti la carenza di competenze interne, indicata dal 36,7% delle aziende come la criticità più rilevante, seguita dalla complessità tecnica dell’integrazione e dai costi ancora elevati.
Il mismatch
Il quadro del mismatch tra domanda e offerta di lavoro resta strutturale e pesa sull’intero sistema produttivo: il 67,8% delle imprese con ricerche di personale in corso dichiara difficoltà di reperimento. Il problema è particolarmente rilevante quando si tratta di profili con competenze tecniche, richiesti dal 57,1% delle aziende che segnalano criticità, ma emergono anche carenze legate alle mansioni manuali e, seppur in misura minore, alle competenze trasversali e digitali avanzate. Per far fronte a queste difficoltà, l’84,1% delle imprese ha attivato contromisure puntando soprattutto sulla formazione del personale interno, sulle collaborazioni esterne e sull’ampliamento dei bacini di ricerca. Sempre più diffusi, in particolare nel settore industriale, sono i rapporti strutturati con scuole, Its Academy e università, una direzione che conferma l’importanza dell’alleanza tra sistema produttivo e sistema formativo.

Proprio su questo fronte interviene Riccardo Di Stefano, delegato di Confindustria per l’Education e l’Open Innovation, sottolineando come “le aziende italiane siano entrate nel vivo della trasformazione digitale e l’intelligenza artificiale diventerà presto un fattore competitivo decisivo, anche dal punto di vista formativo”. Per Di Stefano, “per gestire e non subire questa transizione serve un salto di qualità nelle competenze, un forte investimento in una formazione sempre più integrata tra mondo produttivo e sistema educativo”, evidenziando come nell’indagine emerga il crescente ruolo delle imprese nelle relazioni con scuole, ITS e università. Un impegno che, afferma, permette di esercitare “un ruolo di responsabilità educativa anche attraverso le tecnologie abilitanti”, condizione necessaria per garantire “un’adozione dell’IA responsabile e capace di generare crescita per il Paese e per l’intero sistema produttivo”.
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Sull’algoritmo vince l’energia
Accanto al tema delle competenze e dell’innovazione digitale, l’indagine evidenzia la stabilizzazione del lavoro agile, adottato dal 32,3% delle imprese, una quota quasi quadruplicata rispetto al periodo pre-pandemico ma ormai stabile rispetto agli ultimi anni. Nelle aziende che lo prevedono, oltre un terzo dei dipendenti non dirigenti ne fa uso, generalmente fino a due giorni alla settimana, segnale di un equilibrio ormai consolidato tra flessibilità organizzativa ed esigenze produttive.
Contrattazione aziendale
Cresce nel frattempo la contrattazione aziendale: a inizio 2025 un’impresa su quattro applica un contratto collettivo, con percentuali molto più alte nell’industria e nelle realtà di dimensione maggiore. La copertura in termini di lavoratori è ancora più ampia e raggiunge il 67,8%, confermando questo strumento come uno dei principali canali con cui le imprese governano trasformazioni organizzative, premi di risultato, orari di lavoro, misure di conciliazione e attività formative aggiuntive.

Il welfare aziendale continua ad ampliarsi, interessando il 55,3% delle imprese. Si distingue non solo come strumento di benessere ma anche come leva competitiva per attrarre e trattenere talenti, come dimostra l’elevata percentuale di lavoratori che sceglie di convertire parte del proprio premio di risultato in servizi di welfare, destinandovi in media oltre il 70% dell’importo convertito.
L’indagine Confindustria 2025 restituisce così l’immagine di un sistema produttivo che vive una fase di trasformazione intensa: l’IA avanza, ma le competenze non tengono il passo; il lavoro agile si stabilizza entro confini più maturi; welfare e contrattazione aziendale si rafforzano come pilastri della gestione delle risorse umane. Una transizione che richiede visione, investimenti formativi e una sempre più stretta collaborazione tra imprese e mondo educativo, perché la tecnologia possa tradursi in reale crescita per il Paese.
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