Nel 2024 in Italia sono stati registrati 351 eventi meteorologici estremi, che rappresentano un incremento di quasi sei volte (+485%) rispetto al 2015. A confermare questa drammatica tendenza è stato pochi mesi fa l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol, che ha fotografato lo stato della crisi climatica nel nostro Paese. Una fragilità che si accompagna a un orizzonte più largo di rischi. Il presidente Ania, Giovanni Liverani, nel corso della sua relazione all’ultima assemblea dell’associazione delle imprese assicurative, ha ricordato che il 94% dei Comuni italiani è a rischio frane, alluvioni o erosione costiera e il 40% degli edifici si trova in zone sismiche medio-alte: ciononostante solo il 7% di abitazioni e imprese è protetto da una polizza assicurativa. Uno dei tanti aspetti del «protection gap» che caratterizza il nostro Paese.
La sottoassicurazione in Italia riguarda tutto il comparto danni: la quota di premi assicurativi danni non auto è pari all’1,1% del Pil, contro una media europea del 2,6%. Ma sul fronte dei rischi connessi a eventi catastrofali questo gap si fa più clamoroso. Nel mondo le polizze assicurative coprono il 43% delle perdite economiche derivanti da eventi catastrofali: secondo il rapporto Sigma Swiss Re 2025, il 2024 nel mondo è stato caratterizzato da 336 eventi catastrofali (erano 332 nel 2023 e 285 nel 2022) che hanno determinato, a livello planetario, perdite economiche per 318 miliardi di dollari, superiori a quelle di circa 280 miliardi del 2023 e del 2022. Di tale importo, 137 miliardi sono coperti da polizze assicurative (108 nel 2023).
La copertura assicurativa in Italia va molto peggio. Ma anche per questo bisogna rimarcare la novità prevista dalla Legge di Bilancio 2024 che ha introdotto l’obbligo assicurativo contro le catastrofi naturali (polizze CatNat) per le imprese. Dopo la Rc Auto e le polizze per alcuni professionisti, dai medici agli avvocati, si tratta della prima forma di polizza assicurativa obbligatoria. La norma prevede tre step per far scattare l’obbligo di assicurazione: il primo termine è scaduto lo scorso 31 marzo, riguarda le imprese di grandi dimensioni (dal 1° luglio è scattato anche il termine per l’impianto sanzionatorio, essendo scaduto il termine della sospensiva prevista per le imprese che non si fossero assicurate entro il termine prestabilito). Per le medie imprese, la scadenza per adeguarsi all’obbligo è stata posticipata al 1° ottobre 2025 (31 dicembre 2025 per le piccole e microimprese).
Il gap di protezione è in gran parte accumulato proprio nelle imprese di piccole o piccolissime dimensioni: solo il 6% delle microimprese è assicurato, e il 26% delle piccole imprese, contro il 49% delle medie e la quasi totalità, il 96%, delle imprese di grandi dimensioni. Il presidente Ania, Liverani, ha tenuto a ribadire che non si tratta di una «tassa occulta, ma di uno scudo di protezione necessario e strumentale alla sopravvivenza delle imprese».
Gli eventi calamitosi per i quali è obbligatorio assicurarsi, da parte delle imprese, sono indicati dalla norma: alluvione, inondazione, esondazione, sisma e frana. Il premio deve essere proporzionato al rischio. La norma specifica che i premi devono tenere conto delle misure di mitigazione del rischio adottate dall’assicurato e del principio di mutualità. Tale disposizione nasce con il chiaro intento di incentivare i soggetti su cui grava l’obbligo a muoversi velocemente per adottare misure in grado di prevenire l’evento avverso. Lo scoperto non deve essere superiore al 15% e si specifica che per le imprese con somma assicurata superiore a 30 milioni, la determinazione del danno indennizzabile è rimessa alla libera negoziazione delle parti. Si prevede che per la fascia fino a 1 milione di somma assicurata il limite di indennizzo deve essere pari alla somma assicurata; per la fascia da 1 a 30 milioni, oltre tale importo la definizione dei limiti di indennizzo viene rimessa alla libera negoziazione delle parti.
Come si può comprendere il costo della polizza è inevitabilmente assai variabile. Il presidente Ania garantisce che si tratta di «costi contenuti, poche centinaia di euro all’anno per le micro e piccole imprese, e con un perimetro di copertura uguale per tutte le compagnie. Non solo, l’obbligatorietà favorirà lo sviluppo della mutualità, consentendo di mantenere i costi delle coperture a livelli molto accessibili per tutti».
Pochi giorni fa è stato costituito a Milano il pool assicurativo “CatNat”, un nuovo strumento promosso da Ania, per la messa in sicurezza del sistema produttivo italiano, al quale ha aderito la gran parte delle Compagnie di assicurazione, circa il 75% del mercato. Si tratta di un consorzio nato con lo scopo di garantire l’applicazione della norma sull’obbligo di copertura contro le catastrofi naturali . Per le imprese che si assicurano, l’auspicio è che queste potranno beneficiare di un contenimento dei costi di polizza grazie a una minore volatilità dei premi e dei portafogli delle compagnie di assicurazione. Per le compagnie consorziate, la partecipazione al pool potrà tradursi in minori costi di riassicurazione (provvedendo alla negoziazione e cessione dei rischi a riassicuratori terzi, esterni al consorzio stesso, incluso il riassicuratore pubblico Sace) grazie a diversificazione dei rischi, maggiore stabilità dei risultati e conseguentemente un miglior impiego del capitale.
Qualche mese fa il ministro Nello Musumeci aveva suggerito, anche per il mondo delle abitazioni private, un percorso analogo a quello intrapreso per le imprese: un obbligo assicurativo che potesse coprire la casa contro i rischi catastrofali. Si alzarono subito gli scudi delle associazioni che rappresentano la proprietà immobiliare. Ma resta il fatto che solo per i danni da terremoto si stima che in Italia, negli ultimi quarant’anni lo Stato abbia stanziato circa 200 miliardi per le diverse ricostruzioni. Il sistema pubblico-privato dovrà in qualche modo attivarsi anche su questo fronte per proteggere adeguatamente il patrimonio immobiliare delle abitazioni residenziali.
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