I mutui nell’ultimo anno sono tornati a crescere grazie ai tagli dei tassi decisi dalla Banca centrale europea da giugno 2024 per contrastare l’inflazione. Si contano oltre 10 miliardi di euro di incremento negli ultimi 12 mesi. Ma qualcosa si è inceppato nella trasmissione dei benefici della politica monetaria dalle banche alle famiglie. Lo certifica un’analisi della Fabi.
Se da gennaio 2024 gli istituti di credito avevano anticipato la discesa del costo del denaro, da settembre dello stesso anno i tassi applicati sui nuovi mutui si sono stabilizzati ben al di sopra dei livelli del tasso di riferimento della Bce, fermandosi tra il 3,6% e il 3,9% nonostante i tassi ufficiali siano scesi al 2%.
Il differenziale tra tasso Bce e interessi bancari è superiore a 1,5 punti percentuali, segno che qualcosa si è interrotto nella cinghia di trasmissione della politica monetaria. L’ultimo dato, di maggio, segna la media del taeg (tasso annuo effettivo globale) al 3,59%: ne consegue che lo “spread” tra tasso Bce e interessi bancari è a quota 158 punti base dal livello “zero” di settembre. Vuol dire che banche hanno di fatto smesso di trasferire alla clientela i benefici derivanti dalla riduzione del costo del denaro, preferendo preservare i margini di profitto.
Condizioni rigide e poco vantaggiose
Questo scollamento tra le decisioni della Bce e le condizioni praticate dalle banche sta penalizzando soprattutto le famiglie più fragili, rallentando l’accesso al credito e limitando l’efficacia della politica monetaria nel sostenere la ripresa. A incidere sono diversi fattori: la prudenza degli istituti in un contesto economico incerto, la volontà di mantenere margini di guadagno elevati sui prestiti e una domanda ancora debole di mutui. Le famiglie che vogliono acquistare casa si trovano di fronte a condizioni rigide e poco vantaggiose, anche in presenza di tassi ufficiali in calo.
“Le famiglie italiane si muovono in equilibrio precario tra la necessità di sostenere le spese
quotidiane e la paura di assumere impegni di lungo periodo”, commenta commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni
“È una dinamica che si legge con chiarezza nei numeri: crescono i prestiti a breve termine, cala lo slancio verso mutui e investimenti strutturali. Si consuma per necessità, si chiede credito solo quando inevitabile. E, spesso, si accetta solo ciò che è facilmente gestibile. Il credito al consumo, in crescita costante, può diventare un problema se non accompagnato da adeguate tutele. All’opposto, i mutui – storicamente l’indicatore di fiducia delle famiglie – non aumentano in maniera significativa con la conseguenza che l’acquisto di una casa, soprattutto per i giovani, sembra sempre più un miraggio: tassi in salita, accesso difficile, condizioni sfavorevoli. La trasmissione della politica monetaria della Bce al mercato si è inceppata: da mesi i tassi ufficiali sono scesi, ma le condizioni applicate dalle banche restano più alte, segno che qualcosa non ha funzionato nella cinghia di trasmissione. Le famiglie continuano a pagare tassi superiori anche quando il costo del denaro si è ridotto. È tempo di risposte nuove. Servono strumenti concreti per prevenire l’indebitamento eccessivo, più trasparenza nelle condizioni contrattuali e, soprattutto, un intervento pubblico deciso, potenziando le garanzie pubbliche, per correggere le distorsioni di un mercato immobiliare che espelle progressivamente chi ha redditi normali, soprattutto nelle grandi città. Serve una strategia integrata che metta al centro il credito come leva di emancipazione sociale, e non come strumento di mera sopravvivenza. Il debito non deve essere solo un’emergenza, altrimenti si trasforma in un cappio che stringe le possibilità di crescita del Paese”
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Nel frattempo, i dati aggiornati a maggio 2025 mostrano un’altra tendenza chiara: i mutui e il credito al consumo crescono, mentre calano i prestiti personali. Rispetto all’anno precedente, i mutui sono aumentati di 10,6 miliardi (+2,53 per cento) e il credito al consumo di 5,4 miliardi (+4,42 per cento), mentre i prestiti personali sono scesi di oltre 7 miliardi, con una flessione del 5,86 per cento. Ancora più marcato il dato su base triennale: mutui +21 miliardi (+5,14 per cento), credito al consumo +17,5 miliardi (+15,85 per cento), prestiti personali –28,5 miliardi (–20,12 per cento). Un quadro che riflette la trasformazione delle scelte finanziarie delle famiglie italiane. La domanda di credito al consumo cresce perché molte famiglie preferiscono soluzioni rapide per spese non comprimibili, come auto, elettrodomestici o cure mediche, senza intaccare i risparmi. I mutui, invece, restano legati a decisioni più complesse, frenate da incertezza economica, salari stagnanti e un mercato immobiliare ormai fuori portata per chi ha redditi normali. Il risultato è che, anche in presenza di tassi ufficiali in discesa, l’accesso al credito resta difficile e la ripresa rallenta.
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