“L’Imu è una lotteria fiscale iniqua”: con queste parole Santo Biondo, segretario confederale del
servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali e Previdenziali, Immigrazione della Uil, ha stroncato la misure di cui domani scade la seconda rata. Questo perché “a parità di condizioni economiche, il prelievo varia
sensibilmente da un Comune all’altro e tra diverse categorie catastali”.
Uno studio della Uil ha provveduto a fare chiarezza e fornire i dati sulle città dove si paga di più. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate del 2020, sono oltre 26,1 milioni i proprietari che versano l’Imu: per il 41% sono dipendenti e pensionati. Il gettito complessivo annuo è di 19,4 miliardi di euro.
La top ten
Le città dove l’Imu media è più cara sono Roma (3.499 euro all’anno), Milano (2.957 euro) e Venezia (2.335 euro). Seguono Torino, Firenze, Siena, Bologna, Padova, Verona e Salerno. La media nazionale è di 977 euro.
Per la ricerca, facendo riferimento agli estimi catastali di ogni provincia, è stata calcolata la rendita media degli immobili per cui è dovuta l’Imu. Fatta questa elaborazione, la rendita media è stata rivalutata del 5% e moltiplicata per il coefficiente di riferimento. A questo valore, poi, sono state applicate le aliquote comunali.

Le città meno care invece sono Palermo (391 euro all’anno), Pesaro (394 euro) e Cosenza (395 euro all’anno). Seguono Cosenza, Enna, Gorizia, Caltanissetta, Trapani, Agrigento, Crotone e Belluno.

Valori obsoleti
“I dati restituiscono il quadro iniquo di una vera e propria “lotteria fiscale”, derivante da valori
obsoleti, e un mosaico di aliquote locali che alimentano ingiustizie e disuguaglianze. Servono
valori che rispecchino il mercato, con verifiche periodiche e criteri omogenei su tutto il
territorio nazionale. La revisione, poi – ha spiegato Biondo – dovrebbe essere a gettito
complessivo invariato: si aggiornano le basi imponibili, si abbassa l’aliquota di riferimento e si
correggono le storture, senza gravare su chi già paga il giusto”.
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