La mobilità internazionale sta riscrivendo, silenziosamente ma in modo strutturale, il mercato degli affitti. Tra i protagonisti di questa trasformazione ci sono gli expat, professionisti che si spostano per lavoro e che sempre più spesso scelgono l’Italia per periodi medio-lunghi, senza però stabilirsi in modo permanente. Non è un fenomeno improvviso né un effetto collaterale del turismo globale: è la conseguenza diretta dell’aumento degli spostamenti professionali, dei trasferimenti aziendali e dell’arrivo di lavoratori qualificati che si muovono per periodi di alcuni mesi o anni senza l’intenzione di stabilirsi definitivamente.
Secondo l’Ocse, già nel 2022 i flussi di immigrazione permanente verso l’Italia sono cresciuti del 15% rispetto all’anno precedente, raggiungendo uno dei livelli più alti dell’ultimo decennio. A questo si somma una mobilità di ritorno tutt’altro che marginale: nel solo 2024 si contano circa 53mila rimpatri di cittadini italiani, con un’età media intorno ai 35 anni, e quasi 22mila rientri riguardano giovani under 35, secondo elaborazioni su dati Istat e fondazioni di ricerca.
La ripresa della mobilità intra europea e la crescita dei trasferimenti corporate riportano nelle città italiane un numero crescente di professionisti in transito, tra cui ricercatori, manager, tecnici specializzati, consulenti, profili legati al digitale. Il risultato è l’emergere di una domanda abitativa nuova. Questi lavoratori non cercano infatti appartamenti da arredare né contratti pluriennali, ma si concentrano su case pronte all’uso, curate nel design, dotate di servizi come pulizia, manutenzione e gestione da remoto, collocate in quartieri ben serviti e digitalizzati. Una casa-servizio, più che una casa-immobile: una formula «chiavi in mano» che si colloca a metà tra il residenziale tradizionale e l’ospitalità professionale. Una conferma arriva anche dai dati di società specializzate nell’affitto di immobili di pregio: secondo Roseto, ad esempio, la componente internazionale delle prenotazioni rappresenta il 48,3% del totale. Le provenienze più rilevanti sono Usa, Regno Unito e Polonia, seguite da Paesi dell’Europa settentrionale e del Nord America.

Laboratorio
Milano è il laboratorio naturale del fenomeno. Il mix di università internazionali, sedi di multinazionali, aziende tech, moda e finanza ha attirato negli ultimi anni una quota crescente di lavoratori internazionali e italiani rientrati dall’estero. Qui la domanda di affitti corporate è già tangibile: gli operatori confermano che le richieste superano la disponibilità. Del resto, secondo l’Osservatorio Affitti 2024 di Nomisma-Crif i canoni sono cresciuti del 3,2% nel 2024.
Anche Bologna, dove i canoni sono cresciuti del 5,2% nel 2024, è uno dei mercati più dinamici d’Italia, con una quota di abitazioni in affitto pari al 30% del patrimonio abitativo totale. Firenze e Torino seguono una traiettoria simile: la prima grazie al settore culturale, a quello educativo e alle industrie creative; la seconda grazie al rafforzamento dell’ecosistema automotive, aerospace, IA e del Politecnico, che attira ricercatori e specialisti da tutto il mondo. Roma, con la sua presenza istituzionale e diplomatica, mostra un segmento expat frammentato ma in crescita.
Sul piano strutturale è importante ricordare che la pressione sui canoni non dipende solo dalla domanda internazionale, ma anche da un’offerta sempre più rigida. Nomisma stima che in Italia ci siano 4,5 milioni di abitazioni inutilizzate o sottoutilizzate, fra cui 80.000 a Milano e 18.000 a Bologna: un patrimonio enorme che non entra nel circuito della locazione. Il risultato è un mercato in cui l’offerta cala e i proprietari, per evitare di correre rischi, preferiscono formule più controllabili e più redditizie: affitti brevi, contratti transitori o accordi con società che garantiscono pagamenti puntuali e subaffittano gli alloggi ai dipendenti in mobilità internazionale.
«Si tratta di contratti che consentono ai proprietari di ottenere canoni mediamente più alti rispetto ai contratti a lungo termine», spiega Roberto Panetta, avvocato esperto di diritto immobiliare dello studio Panetta Law Firm. «L’aumento della redditività attesa genera una pressione che finisce per influenzare anche il mercato tradizionale, riducendo la disponibilità di alloggi e alterando i canoni. Inoltre, la natura stessa del rapporto cambia: non è più una locazione pura, ma una forma ibrida che include servizi e che risponde alle esigenze di professionisti in mobilità».
Fascia premium
È in questo vuoto che si inseriscono nuovi modelli abitativi pensati proprio per expat e lavoratori corporate. «Non ci troviamo di fronte a una moda temporanea, bensì a un trend strutturale della mobilità professionale internazionale, che sta ridisegnando il rapporto tra domanda e offerta abitativa», conferma Elisabetta Pellicciotta, founder e creative director di Make Me Home. «Stanno emergendo soluzioni flessibili, convertibili, collocate in punti strategici della città e pronte all’uso: case curate nel design, complete di comfort, sostenibili da gestire e capaci di generare un reddito stabile. È un nuovo segmento, a metà tra il turistico e il residenziale, pensato per una clientela premium mobile e internazionale».
L’importanza degli expat e degli italiani di ritorno all’interno del settore immobiliare sembra quindi destinata a crescere e a influenzare un mercato degli affitti già in trasformazione.
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