Avere a disposizione 125 miliardi da investire sul mercato non è poca cosa. Tanto è l’attivo totale delle Casse di previdenza contabilizzato a fine 2024 (+9,8% rispetto al 2023). Secondo i dati Covip, negli ultimi dieci anni le risorse complessive del settore sono cresciute di 53,2 miliardi, pari in media al 5,7% su base annua. Ma solo poco più di un terzo di queste risorse ricadono sull’economia (e la finanza) domestica: 48,1 miliardi di euro, il 38,4% del totale delle attività; la percentuale risulta più o meno la stessa rispetto al 2023. Ma in valore assoluto si tratta di 4 miliardi in più. Ancora troppo poco? Forse sì. È pur vero che le risorse delle Casse di previdenza devono essere gestite con particolare oculatezza: sono i soldi che devono garantire la pensione a circa 1,8 milioni di professionisti italiani (dai medici agli avvocati, dagli ingegneri agli psicologi) per i quali non provvede l’Inps.
Mattone
Prudenza e capitali pazienti, quindi non c’è da sorprendersi che circa un terzo di questi investimenti domestici sia indirizzato ai titoli di Stato italiani, circa 15,5 miliardi sul totale di quei 48 citati. Così come è comprensibile che nell’ambito degli investimenti domestici, restino predominanti gli investimenti immobiliari (17,2 miliardi, il 13,7% delle attività totali). Gli immobili di diretta proprietà delle Casse totalizzano 2,5 miliardi (di cui 532 milioni formati da cespiti strumentali), costituendo il 2% delle attività; il resto degli investimenti immobiliari è detenuto tramite fondi. Per localizzazione geografica, nelle due maggiori città italiane si concentra l’85% degli immobili; di questi, quasi il 90% è ubicato a Roma e il restante 10% a Milano. La destinazione d’uso prevalente è quella residenziale (37,4%), seguita dall’uso uffici (24,6%).

Nei mesi scorsi c’è chi ha sollevato dubbi sull’opportunità, da parte di alcune delle maggiori Casse di previdenza – Enpam, Inarcassa, Cassa Forense, Enasarco – di partecipare al risiko bancario, che in parte ancora fa parlare di sé, attorno alla vicenda Mps-Mediobanca, ma anche sul fronte Banco-Bpm e Unicredit. È pur vero che chi ha operato in quella recente stagione ha strappato dividendi ragguardevoli. Ma fuori dalla battente cronaca finanziaria, spesso a far parlare di sé sono gli investimenti immobiliari. Le turbolenze intorno alla compravendita del Palazzo di via della Stamperia a Roma sono ormai vecchie di oltre dieci anni; coinvolsero l’Enpap, la Cassa degli psicologi, che poi si costituì parte civile, e che col tempo ha preferito investire – tra l’altro – in opere d’arte di autori contemporanei, con cui ha “arredato” la nuova sede romana in zona Flaminio.
Gli immobili sono invece ancora un trophy asset per Enpam, la maggiore delle Casse di previdenza, quella dei medici, che vanta almeno due fiori all’occhiello: attraverso il fondo immobiliare Ippocrate (al 100% di Enpam) detiene dal 2011 il palazzo milanese affittato alla Rinascente. Un investimento redditizio e particolarmente iconico come si usa dire: l’edificio è adiacente al Duomo, con terrazze che affacciano sulla cattedrale. Ma anche a Roma Enpam vanta alcuni immobili di particolare pregio, come quello situato nel quartiere Eur: la storica sede del gruppo Eni è detenuta dal 2007 al 100% dal Fondo Ippocrate. Si tratta di un immobile progettato nel 1960 dagli architetti Marco Bacigalupo e Ugo Ratti.
La diversificazione, rispetto all’investimento immobiliare, auspicabile e praticato sempre più spesso, riserva qualche imprevisto, come è accaduto a Enasarco (la Cassa di previdenza degli agenti di commercio) che si è trovata per qualche tempo “padrona” di una società sportiva, l’Arezzo Calcio. Un “accidente”, in realtà, dovuto all’obiettivo di acquisire una società in grado di distribuire energia e gas, visto il regime di liberalizzazione, la New Energy, che controllava il pacchetto azionario della società sportiva. Il collegamento è stato sciolto ed Enasarco, tramite l’acquisizione della New Energy ha costituito una società, Enasarco Energia, con l’obiettivo di fornire gas e luce a prezzi vantaggiosi ai suoi iscritti.
A fine 2024 il totale degli investimenti delle Casse in titoli di imprese italiane è stato di 9,6 miliardi di euro, pari al 7,6% dell’attivo totale, di cui 8,7 miliardi costituiti da azioni (1,9 miliardi rappresentativi di quote del capitale della Banca d’Italia) e 900 milioni da obbligazioni; essi fanno capo in modo particolare al settore finanziario, con oltre il 50% del totale. L’investimento in economia reale domestica è ancora più articolato e in qualche modo polverizzato attraverso l’investimento di molte Casse attraverso fondi di private equity e private debt. In verità per cifre non altissime. Cassa Forense, ad esempio, dichiarava lo scorso anno di aver investito circa 30 milioni di euro in start up e Pmi innovative.
Enpam ha concentrato molte delle sue attenzioni in attività mission related, cioè connesse con il core business dei suoi iscritti, quindi nel mondo della sanità. Meritano un accenno almeno due esempi di eccellenza. L’Enpam detiene una partecipazione nella società CheckmAb che utilizza una tecnologia alla cui base ci sono studi il cui valore straordinario quest’anno è stato riconosciuto con l’assegnazione del Nobel per la medicina a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi per i loro contributi fondamentali allo studio della tolleranza immunitaria periferica. Sebbene i premiati provengano da Usa e Giappone, una delle realtà più innovative del biotech europeo, nata da ricercatori italiani e con sede in Italia, ha saputo trasformare proprio queste scoperte in applicazioni terapeutiche concrete. CheckmAb è una Pmi nata come spin-off dell’Università degli Studi di Milano per identificare e sviluppare nuovi anticorpi monoclonali terapeutici per il trattamento di malattie tumorali e autoimmuni.
Confini ridotti
Altrettanto importante è la partecipazione di Enpam – attraverso il fondo Nextalia – al capitale di Accurate, una società con sedi a Parma e Cesena, fondata nel 2010, leader nella produzione di manichini (simulatori) per esercitazioni medico-chirurgiche. Si tratta di manichini assai sofisticati, in grado di sudare, “soffrire”, reagire a interventi chirurgici. Il motto dell’azienda è: «Never the first time on a patient», mai la prima volta su un paziente. Sono “manichini” ingegnerizzati studiati per ridurre al minimo il confine tra simulazione e realtà. Dotati di muscoli facciali, movimenti autonomi degli arti, IA per la comunicazione e sistemidi riconoscimento visivo e sonoro per un efficace coinvolgimento emotivo dei medici.
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